Stamattina, mentre ascoltavo il notiziario regionale di Radio Popolare, ho scoperto che il Tar della Lombardia ha vietato ad Amazon di fare consegne di beni non essenziali, il tutto dopo un ricorso da parte… no, non di Confcommercio come mi sarei aspettato ma dei sindacati dei trasporti (immagino la Triplice, sicuramente era stato intervistato un rappresentante della FLT CGIL).
Come al solito, in questi casi vado a cercare qual è esattamente la notizia. Il sito del Tar non è esattamente il massimo della fruibilità, ma alla fine ce l’ho fatta. La sentenza è qui. Come ben sapete, il Tar non decide sul merito ma sul metodo. In questo caso, il metodo è spiegato in maniera chiarissima: l’ordinanza sospesa
richiama, al riguardo, l’art. 3, primo comma, d.l. 19 del 2020 [quello che definisce le attività permesse], laddove si stabilisce che le Regioni, al fine di fronteggiare specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio, possono introdurre misure ulteriormente restrittive […]
Che ha fatto la regione? che l’ordinanza (che come ho scritto sopra richiamava il decreto legge)
ha ampliato, anziché restringere, le attività consentite […]
In pratica, chi ha scritto l’ordinanza ha fatto esattamente l’opposto di quello che era citato. Non sono abbastanza esperto di legge per dire cosa sarebbe potuto succedere se la regione avesse fatto un’ordinanza in cui senza citare il decreto legge avesse stabilito che l’ecommerce era generalmente ammesso? Così ad occhio, il Tar non avrebbe potuto metterci becco, perché l’ordinanza sarebbe stata formalmente corretta, e il conflitto sarebbe dovuto arrivare al Consiglio dei Ministri, con tempi molto più lunghi. (Poi probabilmente anche questa ipotetica ordinanza sarebbe stata annullata, a meno che non fosse scritta abbastanza bene). Abbiamo insomma una regione che non solo non è stata in grado di gestire un’emergenza, e qui possiamo anche dire che non erano preparati ma non lo sarebbe stata nemmeno l’attuale opposizione; ma non è nemmeno in grado di scrivere un’ordinanza tutto sommato semplice, cosa che dovrebbe essere l’abc del loro lavoro. Siamo messi male.
Resta ancora lo spazio per una nota sui sindacati confederali dei trasporti. Non si sono attivati per richiedere misure protettive adeguate: almeno non mi pare che ci sia differenza nel consegnare cibo o prodotti per capelli. Diciamo che si sono attivati per lavorare meno (ma non “lavorare tutti”…)
Ultimo aggiornamento: 2020-04-24 17:36
Ma da qualche parte c’è la definizione di “bene essenziale” o bisogna aspettare che riapra il tribunale per avere una valutazione riferita ad un singolo caso concreto?
I beni essenziali sono definiti come quelli corrispondenti ai codici Ateco specificati negli allegati 1 e 2 al decreto legge.
(che siano davvero essenziali è irrilevante, ovvio)
Umm, no non mi pare che i decreti sostengano l’esistenza di questa equivalenza (però non ho letto tutte le 1000 pagine…). Se fosse vero qualsiasi cosa che si mangia sarebbe essenziale, ma è stato multato uno perché aveva acquistato tre bottiglie di vino giudicate come non idonee a giustificare l’uscita da casa. Analogamente per le uova di pasqua vendute nelle panetterie di cui è stata vietata la vendita, ma permesse se acquistate nei supermercati e mille altri esempi di militare logica che fanno presupporre che la situazione non sia normata in modo esplicito. Inoltre i codici Ateco riguardano l’ATtività ECOnomica (prevalente) dell’impresa, ma nulla dicono sull’oggetto prodotto o commercializzato.
il decreto dice chi può produrre e vendere, non quanto si deve comprare come minimo, quindi il primo esempio è fallace. Per il secondo, per quanto ne so le norme “locali” cambiano da luogo a luogo, tanto che i prodotti di cartoleria erano a volte bloccati e a volte no.
Ok, chiarito che manca una definizione legale in qualche misura esplicita di cosa è indispensabile e cosa no.
Del resto *tutte* le attività produttive sono *sempre* rimaste in piena attività, a patto che si possano svolgere da remoto.
Solo per precisare, il poveretto del vino non è stato sanzionato perché ne aveva comprato poco… ma perché ne aveva comprato troppo. Secondo il milite legiferante, giudicante & sanzionante non è permesso uscire di casa per comprare così tanto vino!
“E si è assistito a scene, come la multa di 533 Euro a un rider in bicicletta che lavorava o all’interruzione di una Messa da parte di un poliziotto, francamente intollerabili ma prevedibili quando si affida a forze dell’ordine l’interpretazione e l’esecuzione di norme vaghe e mal redatte.”… ehi, gli avvocati mi hanno copiato le idee!