In genere non faccio post seriali: trovo più semplice aggiungere – in modo chiaramente visibile – le nuove informazioni nel testo originale. Però ogni tanto faccio un’eccezione, se ritengo che il materiale da inserire sia troppo. Questo è uno di quei casi.
Carlo Felice Dalla Pasqua segnala (su Facebook) questa analisi di Martin Giesler. Giesler parte ab ovo: occhei, da quando i furbofoni sono diventati il mezzo preferito per guardare i socialcosi, e quindi si è passati da un’architettura fondamentalmente pull dove noi cerchiamo le cose a una push dove seguiamo il flusso che ci viene proposto. La sua idea è che Zuckerberg non stia mentendo più di tanto quando dice che vuole tornare a privilegiare le interazioni tra amici: il proliferare dei contenuti delle pagine nel newsfeed nacque per contrastare Twitter, ma non ha mai funzionato troppo bene e comunque ora sta dando sempre più problemi, vedi alle voci fake news e hacker russi. A questo punto, tornare alle origini e alle interazioni tra amici permette di ridurre questi problemi, permettendo inoltre di classificare meglio gli utenti per quanto riguarda la pubblicità (un commento dà più informazioni di un semplice like) e magari di riuscire finalmente a sfondare in Cina, anche se io sono dubbioso su questo punto.
Per i social media manager tutto questo è un bagno di sangue, perché devono rifare da capo la loro strategia, e potrebbero aver bisogno di competenze completamente diverse perché un conto è raggiungere utenti e un conto interagire con loro. E per noi qual è la fregatura? Che sarà ancora più facile essere preda delle fake news, visto che rimarremo nella nostra bolla. Un consiglio: se c’è qualche fonte che ritenete valida, cliccate sui puntini vicino a “News feed” in alto nella colonna a sinistra, editate le preferenze e mettete la spunta alla loro pagina Facebook per continuare a leggerli.
Ultimo aggiornamento: 2018-01-18 15:08
Dal secondo passaggio devi togliere “da quando” oppure “e quindi”, insieme non possono stare. Inoltre, l’ausiliare di funzionare è “avere”, sempre. (Come, scusa, il merito del post? Per adesso accumulo informazioni, perché se da una parte sono convinta che Mark Zuckerberg non si svegli la mattina pensando al bene dell’umanità e a come raggiungere l’ofelimità universale, dall’altra c’è un sacco di tecnica che purtroppo per me fatico a capire. Altro che post seriali, su questa roba ci vorrebbe una rubrica fissa.)
sull’ausiliare ok. Ma la frase dice che Giesler parte da quando sono arrivati i furbofoni, e quindi [ = pertanto] si è passati da un’architettura pull a una push.
Nel merito al momento sono gli sviluppatori a doversi scervellare, noi possiamo limitarci a guardare.
(l’ofelimità è il valore d’uso del piacere personale, non il piacere stesso: Facebook non può insomma raggiungere un’ofelimità universale, ma al più offrircela)
Ho capito solo adesso che “da quando” è un’esplicazione di ab ovo. (Però diciamolo che ofelimità è una parola bellissima, qualunque cosa voglia dire.)
Ofelimità mancava nel mio lessico, grazie per l’uso.
Nota: neanche Zuckerberg sa tutto della sua creatura perché è diventata troppo grande e complessa affinché una persona sola sia in grado di prevedere simulando mentalmente quello che può succedere in vari scenari. Il lavoro che si fa in scenari analoghi è sempre ex-post, si rincorre insomma e non si prevede. Bada bene che ditte del genere non fanno e non hanno ontologie da creare o seguire, ma umori e mode da monitorare, promuovere o deprimire. In linea di massima si cavalca l’onda, ma siamo ben lontani per ora dal creare una moda dal nulla.