Quattro anni dopo la prima edizione bloccata da Tronchetti Provera con una minaccia di querela multimilionaria, ecco una nuova versione aggiornata di questo pamphlet (Maurizio Dècina, Goodbye Telecom : Dalla privatizzazione a una Public Company, goWare 2017, pag. 139, € 4,99, ISBN 978-88-6797-820-5) che racconta la parabola discendente di Telecom Italia a partire dalla privatizzazione a oggi. Dal lato positivo, il testo riporta una quantità enorme di dati e link, che permettono anche a chi non c’era oppure era disattento di farsi un’idea di cosa è successo in questi anni, e mi hanno fatto per esempio scoprire che la prima dismissione del patrimonio immobiliare fu fatta da Colaninno. Sono anche presenti le versioni dei fatti raccontate da Colaninno e Pirelli, quindi il lettore ha a disposizione entrambe le campane. Dal lato negativo, il racconto della Telecom pre-privatizzazione è presentato con occhiali troppo rosei (Dècina era sì in Telecom, ma c’ero anche io…) e sono presenti troppi “what if” che funzionano solo con il senno di poi, come quello sulle dismissioni di partecipazioni internazionali che avrebbero potuto invece generare chissà quali utili, e wishful thinking come la speranza che gli OTT scendano a patti con gli operatori di rete perché hanno bisogno della fibra per diffondere i loro servizi. Non riesco poi a capire come un laureato in economia possa dire che la BCE ha stampato 270 miliardi di euro per le banche italiane: ma in effetti l’ultima parte del testo è molto vicina alle posizioni del M5S, a partire dal signoraggio (che non so che c’entri con Telecom) alla citazione di una delle utopie di Gianroberto Casaleggio.
Ultimo aggiornamento: 2017-08-08 09:28
Non capisco il problema su “stampato”.
Chiaro che i soldi sono materialmente “erogati” o “resi disponibili” tramite una scrittura su qualche sperduto database, ma si usa dire “stampati” appunto quando si vuole sottolineare che prima non esistevano.
O intendi altro meno meta-tipografico?
P.S.: non mi sembra che Dècina sia stato dipendente Telecom, ma SIP. Cioè era già altrove & superconsulente ai tempi di Telecom.
Uno dei tanti problemi del quantitative easing secondo i suoi detrattori è che formalmente non veniva stampato denaro. (i titoli di stato sono assimilabili a denaro stampato, e infatti BCE non può fare nulla del genere) Ripeto: se me lo dice la cassiera del supermercato va bene, se me lo dice uno laureato in economia lo è molto meno.
Se Dècina andava in Spagna per Amena eravamo già negli anni Telecom (pur se esisteva ancora Cselt)
Ah, ok. Non avevo capito che parlava proprio del quantitative easing come se la moneta venisse stampata e quindi consegnata nelle capaci manine del presidente del consiglio che in cambio offre fogli di carta illustrati con la tradizionale incisione del seminatore di zizzania. Effettivamente è in errore.
Su Amena direi che difficilmente era dipendente Telecom, ma più prob. consulente.
Ok, Dècina non è economista ma ingegnere elettronico (e in effetti in quegli anni era in Cefriel), quindi è chiaro che per lui tutto è “stampare denaro”.
Dici che anche Francesco Caio penserebbe che tutto è stampare denaro?