Scopro da Raimondo Bruschi che l’ineffabile Garante della Privacy ha ingiunto a Google «di rimuovere, nell’ambito della funzione di completamento automatico gestita dalla medesima (cosiddetto autocomplete), l’associazione tra il nome dell’interessato ed il termine “minacce”.» L’interessato è un manager dell’azienda Apcoa (che gestisce parcheggi in Liguria); era stata aperta un’inchiesta poi archiviata perché un avvocato ipotizzava che il modo di pagamento potesse essere considerato usura, e di “minacce di matrice anarchica”. La cosa – si fa per dire – divertente è che il garante ha respinto la richiesta di rimozione (anche se il quotidiano, immagino il Secolo XIX, l’aveva fatto per conto suo: la vicenda presumo comunque sia questa), ma appunto ha vietato l’autocompletamento.
Ora, in un mondo ideale io mi aspetterei che l’autocomplete ci fosse ma portasse alla notizia dell’archiviazione dell’inchiesta, che è la cosa più importante. Invece a quanto pare più che di diritto all’oblio stiamo arrivando al dovere di tacere: un modo per azzittire automaticamente il gossip. Non so voi, ma a me la cosa pare davvero preoccupante.
(ah, se qualcuno avesse bisogno di un reverse benchmark, ho trovato questo link…)
In tema privacy da quando è in vigore la Cookie Law non trovo più nulla che possa essere definito come preoccupante. Però ho sempre la strana sensazione di essere l’unico “normale” che si aggira tra i corridoi di un manicomio con tutte le porte rigorosamente chiuse.