Non mi ero messo a commentare gli scontri di Bologna, anche se mi ero fatto un’idea. Poi ho visto questo post del “Collettivo Autonomo Universitario Bologna” e non ce l’ho più fatta a restare zitto.
Come ha chiosato il mio amico Massimo Manca, “Metodo Calabresi”. Anzi peggio di quello, perché il Collettivo Autonomo Universitario Bologna si guarda bene da usare nomi e cognomi. Bella fotona segnaletica perché non ci si sbagli e caterve di insulti perché la signorina «fa parte della segreteria regionale del Partito Democratico, nel ruolo di, guarda un po!, responsabile alla legalità!» e quindi non ha alcun diritto a parlare, mentre loro, che evidentemente sono lì a fare l’università a Bologna da decenni, hanno ormai usucapionato il diritto di bivacco.
I tornelli in una biblioteca sono una brutta cosa, la Celere dentro è una cosa ancora più brutta: ma in certi casi bisogna scegliere il male minore.
Ultimo aggiornamento: 2017-02-13 11:11
Dal Post: «Non si tiene presente la natura di questa biblioteca, che negli anni si è rivelata un luogo pulsante della zona universitaria, attraversata da pratiche di autogestione e un luogo la cui identità è andata costruendosi lotta dopo lotta e che ora è un punto di riferimento di socialità e cultura». Come volevasi dimostrare.
Il CUAB usa lo stesso linguaggio e gli stessi modi di trenta anni fa come se nulla fosse cambiato e non piace neppure a me.
Debbo anche dire che linguaggio e modi analoghi sono presenti anche in formazioni politiche regolari (alias presenti in circoscrizioni/municipi/regioni) e mi piacerebbe vedere applicato lo stesso titolo pure a loro ;).
Sono degli idioti. Hanno una manciata di neuroni divisi fra molti e nemmeno connessi da sinapsi. Probabilmente è gente che pensa che la Terra sia piatta.
E dire che dovrebbero essere “dei nostri”.
“E dire che dovrebbero essere “dei nostri”.”
Ovvero? Di sinistra?
Più in senso lato persone che ritengono che una libreria universitaria sia un luogo di incontro e aggregazione, uno spazio sociale da rendere fruibile il più possibile e comunque in generale un posto dove, anche di fronte ad un’occupazione, la celere in antisommossa non sia esattamente la risposta che ci si aspetta per negoziare uno sgombero.
E’ che loro pertinacemente cercano ogni strada per mettersi dalla parte del torto.
Tendenzialmente concordo. Solo che in altre città non succede niente del genere: sicuramente è anche perché c’è meno “socialità e cultura”, ma anche perché altre città, almeno alcune, mettono a disposizione di persone analoghe ai membri del CAUB strutture apposite, senza che debbano occupare le aule universitarie.
a proposito del Collettivo Autonomo Universitario Bologna, segnalo questo articolo di Dan Marinos su Libernazione, che applica un approccio matematico (il “metodo Alberoni”) per valutare il contenuto semantico dei loro comunicati.