Tutti parliamo e sparliamo di privacy. Spesso però non abbiamo chiaro di che cosa stiamo parlando, perché sotto l’ombrello “privacy” si mettono per esempio il diritto a non essere fotografati in giro – diritto alla solitudine, potremmo chiamarlo – e quello a non volere che le informazioni su di noi siano conosciute da altri senza il nostro consenso preventivo – diciamo un diritto all’autodeterminazione. Questi campi si sovrappongono in parte ma non sono uguali, e trattarli come un unico blocco non è l’opzione ottimale. Il tema tra l’altro è in continuo divenire: questa versione del saggio di Raymond Wacks (Raymond Wacks, Privacy : una sintetica introduzione [Privacy : A Very Short Introduction], Monti e Ambrosini 2016 [2010,2015], pag. VI+192, € 16, ISBN 9788889479193, trad. Andrea Monti) non è una semplice traduzione della seconda edizione inglese del testo, ma Andrea Monti, che l’ha tradotto, ha collaborato con l’autore per aggiungere ulteriori informazioni su quello che è capitato in quest’ultimo anno. Purtroppo le sentenze finora pubblicate che cercano di delimitare la materia, e non solo rispondere al quesito puntuale, sono per la maggior parte statunitensi, dove il concetto di privacy è declinato in maniera piuttosto diversa da come lo facciamo in Europa (non è un diritto a sé stante, ma un contrappunto alla libertà di espressione che invece è codificato nel Primo Emendamento), e questo traspare dal testo che non può fare altro che citarle. Forse l’aggiunta di una guida (ancora più sintetica, chiaro!) al testo aiuterebbe il lettore non avvezzo a temi giuridici a non perdersi: a volte mi è parso che Wacks mettesse troppa carne al fuoco, non permettendomi di seguire con facilità il filo del suo discorso.
Ultimo aggiornamento: 2017-01-21 17:45