Il Senato e “la base regionale”

Continuo a leggere post che affermano che la legge elettorale del Senato non può avere un premio di maggioranza nazionale “perché la Costituzione afferma che il Senato si elegge su base regionale”. Ora, non è difficile leggere il testo della Costituzione. L’articolo 57 afferma

Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Tutto a posto? Beh, non proprio. Proviamo a dare un’occhiata all’articolo 56, quello che definisce la composizione della Camera:

La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

(Per la cronaca, l’elezione del Senato a suffragio universale e diretto e l’età minima per l’elettorato passivo e attivo sono nell’articolo 58.) Guardate bene i due articoli: l’unica differenza è che per la Camera si hanno circoscrizioni che di per sé possono essere di un tipo qualunque, mentre per il Senato si hanno le regioni. Se quindi si avesse un sistema con un premio di maggioranza, l’unica cosa obbligatoria è evitare che il premio modifichi il numero di senatori per regione, ma nulla più. Quindi se putacaso si avesse un Italicum anche al Senato, con il premio di maggioranza al 55% che scatta se un partito ottiene più del 40% dei voti su base nazionale, tutto quello che bisogna fare è trovare il moltiplicatore unico che una volta applicato ai voti di quel partito su ogni singola regione permette di arrivare a quel risultato: cosa non banalissima ma fattibile.

E allora perché il Porcellum è stato modificato per avere un premio di maggioranza su base regionale e non nazionale? La mia sensazione è che Calderoli avesse apposta scelto di lasciare questo boccone avvelenato, confidando nel fatto che le roccaforti della destra (Lombardia e Veneto) avrebbero impedito di avere una maggioranza nazionale del centrosinistra. Il tocco di classe è stato appunto venderlo come un obbligo costituzionale: da questo punto di vista bisogna dare atto della sua capacità di intortare bene la gente :-)

4 pensieri su “Il Senato e “la base regionale”

  1. Marco Antoniotti

    La tua sensazione è che Calderoli…

    Ma dai! Diciamo che Calderoli è stato un genio nel trovare la quadra della “specifica”: fare una legge elettorale che impedisse un Prodi2 con la maggioranza del 1996 e il Bevti che aveva capito l’antifona.

    Ntuniott

  2. carolina

    già non ci riusciva il Pci.. se lo tenta il Pd ci fa solo la figura del branco di emuli dei leghisti neanche tanto riusciti.

  3. John

    Abbi pazienza, .mau., ma un matematico che si occupa di Costituzone è un po’ come un giurista che si occupa di matematica, e in entrambi i casi vengono fuori un po’ di castronerie.
    Non è che la tua tesi sia sbagliata, ma ne parli come se fosse un tuo pensiero estemporaneo, mentre si tratta di una questione ampiamente dibattuta in sede di dottrina e giurisprudenza costituzionale. C’è chi sostiene la tua tesi e c’è chi sostiene che vi sia un’interpretazione forte della norma, ovvero che la sua ratio legis sia tale per cui sarebbe incostituzionale un premio di maggioranza nazionale al Senato (e Calderoli c’entra davvero poco, la questione è discussa dal ’48).
    Tu puoi parlarne, puoi esprimere la tua tesi, ma appari un po’ ingenuo se lo fai prescindendo da qualunque conoscenza degli studi giuridici in materia… è come se io parlassi ingenuamente di qualche questione matematica, e tu mi dicessi (giustamente): guarda che di ciò i matematici ne parlano da decenni.

    1. .mau. Autore articolo

      davvero pensavi che io leggessi il testo della Costituzione e mi inventassi subito giudice? È ovvio che so che ci sono pareri di costituzionalisti che concordano con me (come ci sono quelli che discordano). Ma d’altra parte se uno va a leggersi il dibattito in Costituente scopre che già nel 1946 c’erano pareri di tutti i tipi, addirittura di avere un Senato eletto a suffragio universale e indiretto (ricorda qualcosa?), oltre che riprendere in parte la logica della Camera dei Fasci e delle Corporazioni…

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