Leggo sulla Stampa che l’Associazione Italiana Editori ha deciso: si lascia perdere il Salone del Libro di Torino (che se si terrà ancora sarà più che altro una fiera di campagna) e si fa il grande progetto MiBook, di cui non si sa ancora nulla ma deve essere sicuramente una figata. Pesano tutti gli scandali torinesi, pesano i costi (ma davvero l’affitto del Lingotto, nonostante uno sconto del 50% appena generosamente offerto, è il triplo di quello della Fiera, come dice la Busiarda? Repubblica non è d’accordo), ma immagino pesino soprattutto i grandi gruppi, Mondadori-RCS in primis ma anche GeMS e Giunti.
Certo, dal mio punto di vista trovarmi il Salone a due passi da casa è un vantaggio, e magari riuscirò anche ad andare a vederlo – in questi ultimi anni ci sono solo riuscito quando sono stato a presentare i librini di Altramatematica. Certo, per fare soldi il Salone di Torino aveva sempre stand molto improbabili e che con i libri avevano ben poco a che fare. Ma la mia sensazione è che MiBook sarà una roba per i grandi editori, quelli che ho sempre saltato a piè pari perché tanto li vedo anche in libreria. Ma d’altra parte il libro è una merce.
Ultimo aggiornamento: 2016-07-27 16:25
Termina correttamente il link, hai dimenticato di farlo.
Semplice lotta campanilistica.
Milano, in quanto “capitale” del nord, non poteva sopportare che Torino – grazie alla fiera del libro – la sopravanzasse culturalmente (almeno come immagine, non necessariamente come sostanza… ma l’immagine per Milano è tutto).
C”è qualcosa di più profondo del campanilismo: è la visione delle cose. Torino ha una visione più regionale milano, nel bene e nel male, più di largo raggio. I grandi editori di sicuro preferiscono un evento più pompato alla “milanese”.
Io, da genovese, conosco sia Milano che Torino molto bene, ma – appunto in quanto “esterno” – entrambe con un certo distacco (e obiettività).
Se tu mi avessi fatto questo commento negli anni ’80 (ma anche ’70 o ’90) ti avrei dato ragione senza se e senza ma.
Oggi no. E non perché Torino si andata oltre la sua regionalità, bensì perché Milano è caduta in un banalissimo provincialismo: se così non fosse non tenterebbe di danneggiare il salone del libro di Torino… perché, siamo chiari: l’iniziativa non è pro Milano. È contro Torino.
Agli editori meneghini frega poco che la nuova iniziativa abbia successo. Basta che quella “vecchia” venga distrutta, visto che è nella città “sbagliata”.