Tralasciando tutte le implicazioni morali sulla paternità di Nichi Vendola e del suo compagno, ricordo che Tobia Antonio essendo nato negli USA sarà (anche) cittadino americano, e quindi non è affatto detto che la coppia dovesse attendere la legge Cirinnà.
(Poi non sono un esperto di diritto di famiglia e scoprire che il tribunale italiano non sarà d’accordo, neh)
Ultimo aggiornamento: 2016-02-28 17:47
.mau., sono sicura che con quella parentesi tonda volessi dirci qualcosa, ma non capisco cosa :)
un pippone riguardo alla legge 218/1995 sul diritto internazionale, che parla anche di riconoscimento di figli nati all’estero, ma il cui legalese è superiore alle mie capacità.
Dovrebbe essere la questione di cui non si è occupata la corte costituzionale qualche giorno fa (perché i ricorrenti hanno sbagliato legge).
In ogni caso, se il bambino arriva in Italia con un solo genitore, il compagno (o il coniuge, la situazione è la stessa) di questo genitore può chiedere di adottarlo, questo sia senza che con la Cirinnà (con o senza art.5)
Può farlo sì, ma con scarsissime possibilità di successo, come ricordava Lorenza Violini, docente di diritto costituzionale, nel 2013 a valle di un’altra sentenza choc:
http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/intervista_violini.aspx
Ma non è nato in Canada?
Repubblica dice che il parto è avvenuto in California, quindi vale lo ius soli americano. Non so se il Canada abbia uno ius sanguinis.
Ma non dipende dallo Stato degli States (ok la California è tra quelli ideologizzati, ma tu ne facevi un discorso generale)? O ora l’utero in affitto è sdoganato in tutti gli States? Non sono al corrente…
P.S.: Grazie al Cielo ci sono anche omosessuali come Ferdinando Tripodi (non credente, o quantomeno non lo scrive apertamente):
https://twitter.com/ferdinantripodi/status/704050522723131392
che per essersi esposti contro questo atroce mercimonio vengono insultati nei social network da centinaia di omosessualisti (omo ed etero).
@ un cattolico
“atroce mercimonio”?
Chi sono io per giudicare?
@ Lele:
la frase intera era: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? Il Catechismo della Chiesa Cattolica [punti 2357-2359] spiega in modo tanto bello questo».
Estrapolando una frase da un contesto la si può distorcere completamente.
@ un cattolico
Giusto non estrapolare.
Ma se una persona utilizza la maternità surrogata e cerca il Signore e ha buona volontà? Allora si può dare un giudizio?
E se una persona, pur non utilizzandola, è favorevole, come verrà giudicata?
«Ma se una persona utilizza la maternità surrogata e cerca il Signore e ha buona volontà? Allora si può dare un giudizio?»
Se ha buona volontà non gli viene neppure in mente di sfruttare una donna e comprarsi un bimbo, come fosse un Cicciobello, per gratificarsi (il “buona volontà” cristiano non ha troppo a che spartire col “non è un pelandrone” del linguaggio comune ;) ). Il giudizio sulla persona che compie quel mercimonio spetta a Dio, alla Chiesa invece condannare il mercimonio (e non chi lo compie): si condannano atti, mai le persone che li compiono.
«E se una persona, pur non utilizzandola, è favorevole, come verrà giudicata?»
“ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni”, diciamo partecipando alla Santa Messa (se il sacerdote opta per il Confiteor).
A me sembra che da qualche tua espressione traspaia il fatto che tu non ti limiti a condannare degli atti, ma esprima un giudizio sulle persone.
Un giudizio che mi sa di condanna piuttosto che di perdono.
Il tuo modo di descrivere la “maternità surrogata” è: “sfruttare una donna e comprarsi un bimbo”. Lo stesso atto è definito come “mercimonio”. Mi sembra che la qualificazione di questi atti attraverso questi termini sia fortemente negativa. La mia prima impressione è che allora tu stia assumendo il ruolo che dichiari essere di competenza della Chiesa (condannare l’atto).
La seconda impressione è che tu non ti limiti nemmeno a questo. Me lo fa pensare quella proposizione finale: “per gratificarsi”.
Dunque tu (assumendo la funzione della Chiesa) condanni l’atto, ma attribuendo a chi quell’atto ha compiuto una determinata finalità in modo del tutto arbitrario. Così, interpretando le sue intenzioni, arrivi a giudicare la persona.
Tutto ciò, ovviamente, detto con rispetto. Ma quello che – di ciò che hai scritto – mi dà fastidio è una costante che trovo in diverse persone che si dichiarano cattoliche: sembra che parlino e agiscano in nome di Dio, o forse in vece di Dio. E credo che l’uomo che vuole sostituirsi a dio diventi pericoloso.