Oggi Repubblica dedica una pagina a Superfici ed essenze, il nuovo libro di Douglas Hofstadter ed Emmanuel Sander, con un articolo di Stefano Bartezzaghi. Nel testo ci sono anch’io, come potete vedere :-)
Ultimo aggiornamento: 2015-05-12 16:00
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15 pensieri su “momento autocelebrativo”
enrico
D.H. non scrive certo in un inglese semplice. Complimenti a chi ha accettato la sfida di tradurre senza tradire
non è detto che non sia stato tradito, ma almeno è stato tradito… scherzo, ho una vaga idea di cosa possa voler dire tradurre DH… è solo x manifestare insofferenza verso vecchie categorie e dicotomie. Complimenti a mau in tutti i casi
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.mau.Autore articolo
Beh, Hofstadter si diverte con i giochi di parole sulla traduzione (dall’inglese “Translator, trader” all’italiano “Traduttore, trascenditore”). Diciamo che ogni testo fa storia a sé quando lo si deve tradurre: con Hofstadter l’idea è pensare “come l’avrebbe espresso lui, se l’avesse scritto in italiano?” ma questo non vale certo per tradurre chessò Harry Potter o Dickens.
Il *vero* problema di tradurre Hofstadter, a parte le testate sul muro per inventarsi giochi di parole sufficientemente simili a quelli originali, è che contattarlo non è mai facile, nemmeno per Francesco che lavora con lui su questi temi (e a cui il libro è dedicato, BTW). Certo, qualcosa – più legato allo spirito che alla lettera – glielo chiediamo; ma la sua filosofia è “non ho tempo per riguardare tutto, quindi pretendo che i traduttori siano persone che conosco e di cui mi posso fidare”.
grazie della spiegazione, ma spesso e volentieri quando si traduce ci si chiede: come si direbbe QUESTO in italiano?
Piccola precisazione pignola: nel mio commento usavo due accentazioni per ‘tradito’, la prima volta quella tonica (standard in italiano), la seconda occorrenza aveva invece un accento (grave) sulla A. Forse il blog “pialla” tutto ciò che non (ri)conosce :-(
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sugli accenti, non so. Io in genere uso le entità HTML (tràdito / tradìto che diventano tràdito / tradìto), ma anche le lettere accentate standard dovrebbero funzionare.
Sul “come dire”: immagino sia l’abc del traduttore pensare “come si direbbe QUESTO in italiano”, altrimenti basterebbe un traduttore automatico. Il punto è che Hofstadter, amando i giochi di parole, potrebbe scrivere qualcosa che non ha nulla a che fare con quello che aveva scritto in inglese (o in francese, in questo caso: almeno metà del testo francese di Superfici ed essenze è stato scritto originariamente in francese da lui). Nell’altro mio commento cercavo di spiegare questo.
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o forse intendevi che nel testo stampato non si vede come tu pronunciavi le parole? :-)
P.S.: a proposito di “tradimenti”, @.mau. fossi tu il traduttore quale sceglieresti tra “L’importanza di chiamarsi Ernesto” e “L’importanza di essere Franco”?
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(era finito nello spam…)
Attento, però. In italiano i e u hanno accento acuto, ma il segnaccento (tranne nei libri Einaudi) è grave. In pratica non scrivi “cosí” ma “così”.
E naturalmente io avrei tradotto “L’importanza di essere Franco”.
ma il segnaccento (tranne nei libri Einaudi) è grave
È proprio quello il motivo per cui Infarinato si inalbera tanto.
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.mau.Autore articolo
Infarinato avrebbe dovuto partecipare al socialino dell’odio, si sarebbe trovato perfettamente a suo agio.
Io dovrei tacere, perché il mio sistema fonologico contiene solo cinque vocali (l’accento acuto su perché e simili lo metto perché l’ho imparato a memoria). Ma quello che lui non considera è che appunto noi usiamo il segnaccento e non l’accento, proprio come scriviamo “scena” e non “ɺèna”, e che non abbiamo parole italiane accentate in ó. Ergo, l’unico caso in cui ha senso avere segnaccenti diversi è quello è/é.
Era da tempo che non compravo Repubblica; oggi l’ho preso. Sesto senso?
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enrico
proseguo con il gioco-interrogatorio: “qualcuno volò sul nido del cuculo”, lo avresti tradotto letteralmente, o avresti preferito una qualche filastrocca infantile, tipo “tre civette sul comò” ?
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D.H. non scrive certo in un inglese semplice. Complimenti a chi ha accettato la sfida di tradurre senza tradire
non è detto che non sia stato tradito, ma almeno è stato tradito… scherzo, ho una vaga idea di cosa possa voler dire tradurre DH… è solo x manifestare insofferenza verso vecchie categorie e dicotomie. Complimenti a mau in tutti i casi
Beh, Hofstadter si diverte con i giochi di parole sulla traduzione (dall’inglese “Translator, trader” all’italiano “Traduttore, trascenditore”). Diciamo che ogni testo fa storia a sé quando lo si deve tradurre: con Hofstadter l’idea è pensare “come l’avrebbe espresso lui, se l’avesse scritto in italiano?” ma questo non vale certo per tradurre chessò Harry Potter o Dickens.
Il *vero* problema di tradurre Hofstadter, a parte le testate sul muro per inventarsi giochi di parole sufficientemente simili a quelli originali, è che contattarlo non è mai facile, nemmeno per Francesco che lavora con lui su questi temi (e a cui il libro è dedicato, BTW). Certo, qualcosa – più legato allo spirito che alla lettera – glielo chiediamo; ma la sua filosofia è “non ho tempo per riguardare tutto, quindi pretendo che i traduttori siano persone che conosco e di cui mi posso fidare”.
grazie della spiegazione, ma spesso e volentieri quando si traduce ci si chiede: come si direbbe QUESTO in italiano?
Piccola precisazione pignola: nel mio commento usavo due accentazioni per ‘tradito’, la prima volta quella tonica (standard in italiano), la seconda occorrenza aveva invece un accento (grave) sulla A. Forse il blog “pialla” tutto ciò che non (ri)conosce :-(
sugli accenti, non so. Io in genere uso le entità HTML (tràdito / tradìto che diventano tràdito / tradìto), ma anche le lettere accentate standard dovrebbero funzionare.
Sul “come dire”: immagino sia l’abc del traduttore pensare “come si direbbe QUESTO in italiano”, altrimenti basterebbe un traduttore automatico. Il punto è che Hofstadter, amando i giochi di parole, potrebbe scrivere qualcosa che non ha nulla a che fare con quello che aveva scritto in inglese (o in francese, in questo caso: almeno metà del testo francese di Superfici ed essenze è stato scritto originariamente in francese da lui). Nell’altro mio commento cercavo di spiegare questo.
o forse intendevi che nel testo stampato non si vede come tu pronunciavi le parole? :-)
«un accento (grave) sulla A»
Abbastanza obbligata in Italia :)
E come dimenticare il buon Infarinato di Cruscate sulla I e sulla U:
http://www.achyra.org/infarinato/files/iu.pdf
P.S.: a proposito di “tradimenti”, @.mau. fossi tu il traduttore quale sceglieresti tra “L’importanza di chiamarsi Ernesto” e “L’importanza di essere Franco”?
(era finito nello spam…)
Attento, però. In italiano i e u hanno accento acuto, ma il segnaccento (tranne nei libri Einaudi) è grave. In pratica non scrivi “cosí” ma “così”.
E naturalmente io avrei tradotto “L’importanza di essere Franco”.
ma il segnaccento (tranne nei libri Einaudi) è grave
È proprio quello il motivo per cui Infarinato si inalbera tanto.
Infarinato avrebbe dovuto partecipare al socialino dell’odio, si sarebbe trovato perfettamente a suo agio.
Io dovrei tacere, perché il mio sistema fonologico contiene solo cinque vocali (l’accento acuto su perché e simili lo metto perché l’ho imparato a memoria). Ma quello che lui non considera è che appunto noi usiamo il segnaccento e non l’accento, proprio come scriviamo “scena” e non “ɺèna”, e che non abbiamo parole italiane accentate in ó. Ergo, l’unico caso in cui ha senso avere segnaccenti diversi è quello è/é.
Mi fa piacere notare che tutto sommato anche tu sei umano… ;)
@laperfidanera: in che senso? che mi lodo e mi imbrodo?
Già (in realtà meriti molto di più, però almeno sei sensibile al riconoscimento del tuo merito, cosa su cui non avrei giurato)
Era da tempo che non compravo Repubblica; oggi l’ho preso. Sesto senso?
proseguo con il gioco-interrogatorio: “qualcuno volò sul nido del cuculo”, lo avresti tradotto letteralmente, o avresti preferito una qualche filastrocca infantile, tipo “tre civette sul comò” ?