Hangar Bicocca: _Islands_ (mostra)

Dell’Hangar Bicocca in generale ne parlerò (bene) un’altra volta: per il momento mi limito a raccontare della mostra Islands di Dieter (buonanima) e Björn Roth, per l’ottima ragione che terminerà domenica e mi ero dimenticato di scriverne.
Io sono abituato all’arte concettuale e alle “spiegazioni”: però qui si è davvero esagerato. Roth (padre) doveva probabilmente soffrire di disposofobia, quella malattia che ti fa conservare tutto, ma proprio tutto. Tanto per dire, Flacher Abfall, che possiamo tradurre come “spazzatura piatta”, è la raccolta di scontrini, biglietti usati, etichette e altri avanzi, imbustati in cartelline accuratamente datate e inserite in una erie di contenitori… per diciassette anni. Non parliamo poi della mania di protagonismo: Solo Szenen, “considerata oggi tra i capolavori dell’artista”, è un insieme di 131 video che mostrano (a telecamera fissa) scene di Roth che fa le cose più varie, compreso cagare. D’altra parte, la coprofilia sembra un’altra caratteristica dell’artista: non tanto per die Die DIE VERDAMMTE SCHEISSE, dove la “maledetta merda” sono in realtà le piastre di rame scartate da una stamperia perché ritenute “sbagliate”, quanto per 55 Schiesse für Rosanna, una serie di fotografie per una mostra presso la casa della sua amica Rosanna Chiessi. Cito dalla brochure informativa: «Per Roth la creazione artistica nasce dalla realtà quotidiana con l’intento di permearla, valicando il limite nel quale viene confinata dai circuiti artistici ufficiali. La documentazione fotografica degli escrementi prodotti quotidianamente dall’artista […] risponde esattamente a questo atteggiamento ed è inserita all’interno di un discorso esplicitamente autobiografico.» Capirete che a questo punto l’installazione Selbsturm (busti di cioccolato) si vede da un’altro punto di vista…

Ultimo aggiornamento: 2014-02-04 11:32

3 pensieri su “Hangar Bicocca: _Islands_ (mostra)

  1. Barbara

    Chiudi il corsivo aperto, ché fa spiffero sul blog. E grazie per andare alle mostre più moderne anche per noi.

  2. Giuseppe

    Mamma mia, che porcheria! E questa sarebbe l’arte moderna? Come diceva Kruscev: “L’arte moderna si chiama così perché non ha nessuna possibilità di diventare antica.”

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