Dovere di oblio

Il Post è stato condannato (in sede civile provisionale) per aver scritto che ci sono dei siti che trasmettono in streaming le partite di calcio, anche se non è detto abbiano i diritti per farlo.
Non entro nel merito della sentenza, visto che non l’ho letta: immagino che Lega calcio e Mediaset abbiano iniziato a fare una ricerca su Google con la stringa “campionato di calcio serie a in streaming” (senza virgolette) e a citare a giudizio tutti i siti che appaiono. E nel caso che il sito non sia italiano chiederanno a Escopost di bloccare il DNS di quel sito. (Detto tra noi, sono anche convinto che cancellare il post con le indicazioni dei nomi di questi siti poco dopo che la partita è terminata sia un’ammissione di colpa.
C’è però un punto che non mi torna. Nel post del Post linkato qui sopra si dice che essi non possono più linkare questo vecchio post – un’inchiesta sui siti in questione – per evitare «di offrire al pubblico medesimo uno strumento per l’immediata e facile individuazione dei siti ove è possibile vedere gratuitamente l’evento». (No, l’ordinanza non dice che altri siti non possano linkare l’articolo: almeno per il momento sono salvo). Ora, la cosa avrebbe un senso se quell’articolo fosse regolarmente aggiornato con i nuovi indirizzi dei siti. Ma se non è così, non riesco proprio a capire perché la fotografia di qualcosa che avveniva a un tempo T non possa essere citata: qualche avvocato me lo spiegherebbe?

Ultimo aggiornamento: 2013-09-15 18:19

3 pensieri su “Dovere di oblio

  1. Al

    Per me il problema grosso non è se sia vero o no che agevoli l’individuazione di siti illegali ma è ciò che viene detto immediatamente prima:
    > […] il sistematico e ripetuto rinvio, mediante il link contenuto nel
    > comunicato informativo delle singole partite […] sembra avere l’effetto non
    > tanto di porre a conoscenza il pubblico dell’illiceità del predetto fenomeno –
    > finalità al cui assolvimento non appare necessario il ricorso ad un link
    > ipertestuale e che è possibile soddisfare, in modo più corretto ed efficace,
    > attraverso il mero riferimento all’illiceità della diffusione delle partite su
    > siti internet diversi da quelli dei licenziatari […]
    cioè che un giudice pretenda di decidere quando sia utile mettere un link e quando invece basti invece un semplice riferimento testuale il quale a sua volta debba essere generico e non entrare troppo nei dettagli. Insomma la necessità di rispettare la legge cozza sia con il buon senso che con la libertà (costituzionale) di espressione.

  2. mfisk

    Il punto che non torna è che -perlomeno nell’estratto pubblicato- l’ordinanza dice una cosa e la spiega del Post ne dice un’altra. L’ordinanza vieta “di fornire, in qualsiasi modo e con qualunque mezzo, ***espresse indicazioni*** sulla denominazione e la raggiungibilità dei portali telematici”, e pertanto non ricomprende l’articolo del 10/2/2013. I casi sono due: o quell’articolo viene citato nella motivazione non pubblicata in estratto, oppure è il Post che ha deciso, autonomamente, di autocensurare quell’articolo ritenendo che esso sia sussunto nella fattispecie vietata.

  3. .mau.

    Non so che dire: in questi decenni ho imparato che è vero che ci sono molti giudici che scrivono cose fuori dalla logica giurisprudenziale, ma è anche vero che senza sapere esattamente cosa hanno scritto ci si prende colossali cantonate.

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