Una decina di anni fa avevo letto la prima edizione di questo libro, e il mio unico cruccio era che il testo era tirato via piuttosto in fretta per quanto riguardava la storia a partire dal secondo dopoguerra. Beh, in questa terza edizione (Stefano Maggi, Le ferrovie, Il Mulino 20133, pag. 226, € 14, ISBN 9788815241771) sono stato accontentato :-), probabilmente perché non ero il solo a essere rimasto un po’ deluso.
Ora che quanche cartina in più c’è – ma è anche vero che per le linee ferroviarie Wikipedia è la vostra amica – è più chiaro notare come la scelta di sussidiare il trasporto su gomma in sostituzione, e non in completamento, di quello su ferro sia stata deleteria; e che la “liberalizzazione” ferroviaria dell’ultimo decennio è stata sostanzialmente un fallimento perché il costo del materiale rotabile è troppo elevato per fare entrare nuovi partner in un mercato in perdita strutturale (altra cosa sono le linee ad alta velocità). Tornando al passato, la parte relativa alle ferrovie preunitarie è pure importante, perché fa capire come certi percorsi fossero nati per caso (e male, vedi la Porrettana: d’accordo che passare gli Appennini non era banale, ma una ferrovia a quote troppo elevate era preoccupante.
Maggi continua ad amare il treno: forse fin troppo, perché ha un po’ glissato sui costi dell’Alta velocità. Però ha la capacità di mostrare le cose in modo non standard, permettendo di vedere le ferrovie nel più ampio quadro della storia italiana; la lettura è caldamente consigliata, insomma.
Ultimo aggiornamento: 2013-07-20 07:00
Combinazione,oggi Repubblica scrive questo http://www.repubblica.it/cronaca/2013/07/20/news/treni_pi_lenti_di_40_anni_fa_ecco_come_viaggia_litalia-63350856/
(non che la cosa sia una novità). Anche lì c’è un accenno al costo del materiale rotabile ( e alla sua manutenzione).
Non mi sembra che il trasporto su gomma sia stato così pesantemente sussidiato.
In Svizzera, terrotorio abbstanza irregolare e montagnoso l’intera gestione della rete stradale è coperta dalle accise sui carburanti, che sono più basse che in Italia, quindi chi usa l’auyo paga più tasse di quato riceva come servizi.
Senza contare che in Italia le ferrovie dello stato incassano 5 miliardi all’anno di aiuti diretti.
Se poi c’è una maggioranza degli italiani che non dispone di mezzi pubblici per recarsal lavoro ma sovvenziona ugualmente con le sue tasse chi ne può usufruire mi sembra che le ferrovie siano fin troppo sussidiate.
Io pago il 100% del costo del percorso che faccio + un euro di tasse ogmni litro di carburante consumato, chi usa il treno paga neanche la metà del costo reale del servizio che utilizza, lo si può anche considerare giusto, ma perlomeno che usa il treno non faccia la vittima, come il pendolare dell’articolo di repubblica.
Senza contare i casi come Arenaways, che si era permessa di fare concorrenza sulla tratta Milano-Torino ma è stata fatta fallire con un provvedimento legislativo che gli vietava di fare fermate intermedie.
Il trasporto merci poi è stato liberalizzato per finta, mantenendo gran parte dei centri intermodali in mano a FS, che quindi ne approfitta per mettere paletti alla concorrenza.
@pietro: trasporto pubblico su gomma (rispetto appunto al trasporto su ferro che per definizione è pubblico)
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