Il 20 giugno scorso il tribunale di Roma ha emesso una sentenza (12261/2013) in un processo intentato da Cesare Previti contro la Wikimedia Foundation. Nella causa, Previti sosteneva che la versione della voce su di lui nell’edizione in italiano di Wikipedia fosse “pettegolezzo pseudo giornalistico alimentato dallopera di soggetti […] assolutamente inattendibili”, contenendo affermazioni inesatte e diffamanti, e che quindi Wikimedia Foundation dovesse essere responsabile di fronte alla legge italiana per aver fornito un luogo che consente la pubblicazione di contenuti presumibilmente diffamanti. Il giudice ha respinto l’accusa, affermando che «ai sensi delle leggi italiane, la Wikimedia Foundation è un fornitore di hosting piuttosto che di contenuti e come tale non può essere ritenuta responsabile dei contenuti scritti dagli utenti individuali».
La sentenza è solo di primo grado, ma è molto interessante – oltre che essere stata rapida, essendo stata avviata il 30 gennaio. Innanzitutto la prima citazione era stata fatta non solo a WMF ma anche a Wikimedia Italia: gli avvocati di Previti hanno poi però riconosciuto che noi non abbiamo nulla a che fare con la gestione delle pagine dell’enciclopedia. La seconda cosa è che nella sentenza viene esplicitamente scritto che «[Wikimedia] offre un servizio basato proprio sulla libertà degli utenti di compilare le voci dellenciclopedia: è proprio questa libertà che esclude lobbligo di garanzia e che trova il suo bilanciamento nella possibilità lasciata a chiunque di modificarne i contenuti e di chiederne la cancellazione […]»: dunque, non solo si fa vedere che Wikipedia afferma esplicitamente di non poter garantire la veridicità dei dati, ma che un’ulteriore garanzia è data dalla possibilità di correggere eventuali errori trovati (naturalmente se la voce non è protetta).
Ciò che forse non è chiaro è che il tribunale non è (giustamente) entrato nel merito delle affermazioni riportate nella voce. Vorrei che fosse ben chiaro che se effettivamente ci sono delle frasi diffamatorie, chi le ha scritte ne è responsabile penalmente, e presumo che WMF avrebbe fornito eventuali log per poter risalire all’utenza: ma non era questo l’oggetto del contendere. Spero che questa sentenza sia un buon viatico per la causa Angelucci che si trascina ormai da quattro anni (e dove tra l’altro le affermazioni contestate erano titoli di articoli su Corriere e Repubblica…)
Aggiornamento: giuro che mentre scrivevo non avevo saputo di questa notizia.
Aggiornamento 2: (28 giugno) sempre per i casi della vita, Luca Sileni mi ha segnalato come il giudice ha applicato gli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 70/03 (Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni-hosting; Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza), promulgato dal governo Berlusconi 2.
Ultimo aggiornamento: 2013-06-27 12:29
A proposito di Angelucci che chiedeva 20 milioni a Wikipedia… mi sa che il karma ci ha messo lo zampino:
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_giugno_27/angelucci-sequestro-editoria-2221872445399.shtml
“Contributi illeciti a Libero e Il Riformista. Indagato il deputato Pdl Antonio Angelucci. Maxi-sequestro da 20 milioni per le società proprietarie dei due quotidiani.”
(per gli avvocati di Angelucci: riporto pari pari la notizia dal Corriere)
@il Silvano: quella cosa l’ho scoperta anch’io subito dopo aver postato la notiziola. Sono comunque certo che la legge farà il suo corso, e se il sequestro sarà considerato illegittimo i beni torneranno alla famiglia Angelucci :-)