Scopro da Sandro Magister dell’esistenza di BeWeb, il portale Web dei beni ecclesiastici. L’idea è bella: dare accesso «allimmenso patrimonio di opere darte delle 224 diocesi italiane, dalle pale daltare ai calici, dai paramenti liturgici alle statue». Ciò è bello. È anche comprensibile che BeWeb fornisca per le opere «i dati identificativi essenziali, tranne quelli che potrebbero indurre in tentazione i ladri». Però quando leggo che «La foto di ogni opera è anchessa a bassa risoluzione, per impedire un suo utilizzo illegittimo», mi cascano le braccia… e continuano a cascarmi vedendo che nel sito è semplicemente indicato un Copyright BEWEB, e quindi nulla del materiale è riutilizzabile. Si sa che la condivisione è un furto :-(
Ultimo aggiornamento: 2012-11-23 16:40
“Le informazioni, i dati, le immagini, ivi incluse le foto documentali del catalogo e gli altri contenuti diversi da quelli sopra elencati, ove consentito dalla legge e fatti salvi i diritti di terzi, possono essere riprodotti, divulgati ed utilizzati per finalità formative ed educative con espressa esclusione di qualsiasi utilizzo commerciale e/o scopo di lucro.”
Beh dai, non è così male. Molti musei e siti relativi escludono anche questa possibilità.
E’ ovvio per me che immagini ad alta risoluzione non vengano diffuse. Sai quante case editici correrrebero a fare stampe di libri d’arte con quelle foto, con grossi profitti? Hai voglia poi ad inseguirli uno ad uno…valli a beccare. Anche se fai licenze esclusive della stampa, tanto li fanno in Cina…
E’ anche ovvio che la Chiesa stessa voglia monetizzare. Speriamo che impieghino in modo degno i soldi :-(.
Speriamo anche che quando vengono dati soldi o agevolazioni fiscali a varie confessioni religiose per restaurare, conservare, ecc. i beni artistici in loro possesso vengano poste clausole sulla fruibilità digitale delle opere da parte dell’umanità, ivi compresi i contribuenti che hanno graziosamente alleviato i costi che altrimenti sarebbero ricaduti esclusivamente sui poveri et umili proprietari dei beni.
E analoga speranza valga anche per film, libri, concerti, spettacoli e opere varie: se c’è un contributo pubblico allora quell’opera (nei tempi stabiliti) deve diventare fruibile da parte dei contribuenti che l’hanno pagata. Così i contribuenti beneficiano di opere culturali, si sviluppano intellettualmente e riscrivono le leggi del copyright in modo più adatto alla tutela dei loro interessi.
@mestesso.
Nella sostanza va bene, ma a quel punto era più logico usare le clausole del creative commons e mettere gli appositi loghi in luogo della dicitura del copyright. È vero che il CC non restringe al solo uso didattico, ma avrebbero potuto allargarsi loro leggermente e mettere la licenza CC-BY-NC-ND conformandosi allo standard e facendo una buona opera di promozione del CC.