Oggi è l’ultimo giorno del nido aziendale per i miei gemelli. Ormai sono grandi, a settembre inizieranno la Scuola dell’Infanzia (non chiamatela scuola materna né tanto meno asilo, se non volete sembrare davvero out). Sarà anche l’ultimo giorno di gestione del nido da parte di Happy Child, visto che – come abbiamo scoperto abbastanza per caso il mese scorso – c’è stata una gara di appalto e l’azienda vincitrice è romana.
Questo significa tutta una serie di cose: innanzitutto che cambieranno le educatrici (le condizioni offerte sono molto peggiorative, con contratti a progetto e il rischio di doversi trasferire nel Lazio), e che l’offerta educativa sarà ridotta. Qualcuno potrebbe obiettare che quest’ultima cosa per bimbi di tre anni al massimo non sia così importante; forse è vero. Ma per esempio quest’inverno c’è stata una settimana in cui quasi tutti i bimbi erano un po’ sversi. Motivo? Un’epidemia di influenza che aveva decimato le educatrici: erano stati chiamati dei rimpiazzi, naturalmente, ma i bimbi si sono accorti che c’era qualcosa di diverso.
Ma soprattutto la cosa è stata gestita da People Caring (la parte di Telecom che si occupa di queste cose) in maniera assolutamente carbonara, senza dire nulla ai genitori. Soprattutto quelli dei bimbi di due anni si sono risentiti, anche perché avevano magari fatto l’iscrizione avendo visto una certa situazione e adesso non hanno più la possibilità di cambiare scelta. La scorsa settimana è stata anche inviata una lettera alle Risorse Umane Telecom segnalando tutte queste cose: risposte non se ne sono ancora viste.
Io capisco tante cose, ma credo che la trasparenza non sia un costo eccessivo: perché non la si usa mai?
Ultimo aggiornamento: 2012-07-31 07:00
Certo che People Caring suona meglio che Detufiglioli Menesbatto, ma il secondo sarebbe più accurato. Taccio per carità di patria su altri nidi aziendali, che nel mio caso sono comunque arrivati tardi.
PS Per la cronaca, uno dei gemelli (anni nove) si ricorda ancora del suo maestro preferito all’asilo nido e della volta che li hanno portati in gita. Quando me l’ha detto ci sono rimasta di sale. Ovviamente lo stesso gemello che ha pianto ogni singolo giorno quando accompagnato al nido, e anche per tutto il primo anno di scuola dell’infanzia.
@barbara: se ne ricorda proprio perché sarà stato l’unico maestro che lo faceva sentire bene :-)
(c’è stato qualche periodo quest’anno in cui Cecilia non voleva entrare, ma generalmente io vedo che quando li portavo loro partivano in quarta per il corridoio. A volte Cecilia si girava a salutarmi: Jacopo mai)
Nidi? Nidi aziendali? Scuola materna? Non sapete quanto vi invidio.
Mio figlio, ormai sedicenne, non ha mai trovato posto al nido: né a Verona il primo anno di vita né a Venezia il secondo e il terzo. Quando si è trattato di andare alla scuola materna a 3 anni compiuti, è risultato il 5° in lista d’attesa, pur avendo un genitore che lavorava a 450 km di distanza e l’altro pendolare giornaliero da Venezia a Padova.
Quando, disperata e contro tutti i miei principi, mi sono convinta a iscriverlo dalle suore ad una materna privata (con tanto di traliccio ad alta tensione direttamente in mezzo al giardino dove giocavano i frugoletti), non c’era posto neanche lì.
Ovviamente all’epoca non esistevano ancora i nidi aziendali.
Credo che se mio figlio avesse avuto la possibilità di frequentare un nido o almeno un anno in più di scuola materna (qualsiasi), ne avrebbe tratto giovamento per molti aspetti.
Silvia
@silvia: nidi d’infanzia comunali non ce n’erano a meno di trenta minuti d’auto (in direzione opposta ripsetto all’ufficio ovviamente), quindi i miei andavano in un nido privato, al primo piano senza ascensore: non ti sto a descrivere la gioia ad arrivarci con due gemelli di cui uno assai recalcitrante. All’asilo però c’era posto per tutti.
@.mau.: “sarà stato l’unico maestro che lo faceva sentire bene”: probabile. All’asilo era palesemente il preferito di una delle (due) maestre: sospetto che in entrambi i casi abbia passato molto tempo in braccio, attività che resta fra le sue preferite.
non so come funzionasse nella pseudomitteleuropea città dove vive Barbara, ma posso garantire che a Milano avere due gemelli fa salire in graduatoria: nella scuola dell’infanzia da noi scelta Jacopo e Cecilia erano secondi e terzi in graduatoria :-)