Sono certo che tutti voi avete sentito parlare – non foss’altro che per le polemiche che sono esondate anche sui media mainstream – della ricerca di Marco Camisari Calzolari intitolata «Analisi sui follower di Beppe Grillo su Twitter» e di cui potete per esempio vedere un abstract su Lettera43. Il tema mi ha stranamente appassionato – dico “stranamente” perché queste beghe da pollaio in genere mi stufano – e così negli ultimi giorni ho approfondito la questione, soprattutto da un punto di vista statistico. La prossima settimana pubblicherò su un importante sito il mio saggio «Bot e umani su Twitter: una relazione multilaterale»: ma sono certo che i miei ventun lettori umani (non saprei dire i miei 153 lettori bot) apprezzeranno questo abstract.
Come molti – per fare solo un esempio, Gianluca Neri – hanno fatto notare, Twitter è un social media che rende molto semplice creare finti account, siano essi vettori di spam oppure semplici mattoni per dare l’illusione di avere un certo numero di follower (“seguaci”); ma la cosa non è così semplice. Tra gli ultimi miei follower ci sono infatti per esempio “salto in alto” e “Babbo Diminchia” che presumibilmente sono persone reali. D’altra parte comprare un certo numero di finti follower è così economico che si può persino immaginare qualcuno che decida di rovinare l’immagine di un suo rivale comprando un pacchetto di seguaci per l’account dell’avversario e poi andando a gridare contro i presunti suoi maneggi. La mia metodologia di ricerca è stata pertanto completamente diversa: data una definizione di bot come “account senza avatar (la loro immagine appare come un uovo) né contenuto nemmeno retwittato, salvo un eventuale picco nel primo giorno”, sono andato a studiare i follower di questi account.
La mia ipotesi iniziale era che gli account bot si potessero clusterizzare: in pratica, era possibile trovare vari gruppi di account con le caratteristiche di cui sopra che si seguivano a vicenda. Se la mia ipotesi fosse stata vera, le successive analisi statistiche sarebbero state molto più semplici, visto che il numero di variabili da studiare sarebbe diminuito drasticamente. I cluster in parte ci sono, ma non hanno una significanza statistica sufficiente; in compenso ho scoperto che ci sono account “umani” (i pattern di interazione sono quelli tipici di un essere umano, perlomeno) che interagiscono con gli account bot. A questo punto ho allargato il mio campo di ricerca e ho scoperto l’esistenza di siti che permettono di “comprare follower umani”. Il prezzo è molto più alto che l’acquisto di bot, o più precisamente il numero di follower che si possono comprare è drasticamente più basso; però c’è un indubbio vantaggio nel poter dimostrare che i propri seguaci seguono davvero, e non si limitano a far numero.
Il servizio è al momento disponibile solo per messaggi in inglese e cinese mandarino, ma uno di quei siti afferma che a breve lo sarà anche per l’italiano: attenzione quindi alle nuove dinamiche di traffico. C’è solo una cosa che mi ha lasciato perplesso. Ho avuto una sessione di chat con il gestore del sito, e le risposte sono state velocissime, anzi troppo veloci: schiacciavo return e c’era già una risposta. Inoltre spesso erano risposte fuori tema, e dovevo parafrasare la domanda per sapere quello che mi serviva. Non è che a gestire quel sito ci sia un bot?
Ultimo aggiornamento: 2012-07-25 10:12
Il test di Turing applicato a Twitter? Nel centenario di AT queste discussioni ci stanno proprio bene!
La mia impressione è che molti account appartenenti a persone fisiche interessate a seguire cose si comportino come bot:
http://www.catepol.net/#axzz21dSf0KJG
Avere un criterio per dividere i bot dai non bot non è cosa facile.