Leggo sul Post questa lettera e scopro il sito Bici in itinere. Il latinorum è necessario, perché si parla proprio di un tipo di infortunio “sul lavoro”. Dovete sapere che secondo varie sentenze della Cassazione chi lavora ha una copertura assicurativa particolare non solo per gli infortuni sul lavoro, ma anche nel caso di infortuni sul tragitto casa-ufficio – “in itinere” significa “durante il percorso”; questo naturalmente se si sta prendendo la strada normale e non si fanno chissà quali deviazioni. Questo vale se si va a piedi o si usano i mezzi pubblici: se uno va in automobile sono problemi suoi, a meno che non ci siano mezzi pubblici a disposizione.
Peccato che la bicicletta sia un mezzo privato, e quindi se subissi un incidente mentre vado in ufficio non ci sarebbe la copertura di incidente sul lavoro. Peggio ancora: come si legge qui (a parte il refuso :-) ) l’interpretazione attuale è che la copertura varrebbe se sto percorrendo una pista ciclabile: insomma, una presa per i fondelli doppia. La colpa non è dell’INAIL, come la FIAB spiega nel post succitato; la legge è quella, ci possono essere interpretazioni estensive ma non ci si può estendere più di tanto. Bisognerebbe cambiare la legge, equiparando l’uso della bicicletta al camminare: sarà possibile?
(p.s.: paradossalmente usare BikeMi è dunque permesso?)
Ultimo aggiornamento: 2012-06-14 14:47
.mau., su: “…questo vale se si va a piedi o si usano i mezzi pubblici: se uno va in automobile sono problemi suoi, a meno che non ci siano mezzi pubblici a disposizione.”, non ho pezze d’appoggio tecniche da portare, ma due casi: un antico collega (parlo di quando lavoravo ancora in azienda) morì in un incidente d’auto mentre tornava dal lavoro, guidava la sua auto, e l’infortunio in itinere fu riconosciuto senza alcuna remora. Allo stesso modo, PLS si è infortunato un anno e mezzo fa andando al lavoro in moto (oltre tre mesi a casa fra convalescenza e riabilitazione), e la moto è sua. Anche nel suo caso, con la semplice denuncia al Pronto Soccorso, l’infortunio in itinere è stato riconosciuto e anzi, in poche settimane l’INAIL lo ha chiamato per la visita, non ha fatto obiezioni e invece gli ha fatto poco dopo un bonifico più grosso del suo stipendio netto mensile. (Io comunque spero che non ti capiti niente!)
@isa: la giurisprudenza dice che ci sono casi in cui si può usare l’auto, per esempio appunto se i mezzi pubblici non ci sono o ti ci farebbero mettere due ore invece che mezz’ora con l’auto.
Mi sono sempre chiesto se l’estensione di “infortunio sul lavoro” agli incidenti stradali “in itinere” sia una specialità italiana o sia consuetudine estesa.
E’ ovvio che, da ciò, derivano pesanti conseguenze “statistiche” sul numero degli infortuni sul lavoro, classifica che ci viene spesso presentata, e che ci pone, a livello europeo, in pessima posizione.
Sono convinto che la sicurezza sui posti di lavoro sia cosa “buona e giusta”, ed è esperienza comune vedere comportamenti a rischio in fabbriche e cantieri.
Responsabilità certo dei datori di lavoro, con qualche “aiutino” da parte delle maestranze.
ma quando leggiamo che in un anno abbiamo avuto in Italia mille morti sul lavoro, sarebbe utile sapere quanti sono quelli deceduti per incidenti stradali vari; e se il nostro dato è il doppio della Germania, sarebbe utile sapere come funzionane le cose oltre confine
@enrico d.: bisognerebbe conoscere qualche giuslavorista tedesco per saperlo, mi sa.
(credo che gli incidenti in itinere siano una peculiarità italiana per il welfare de noantri)
Certo che è strano ( o no ??!!??) che i nostri media, quando parlano delle “morti sul lavoro”, evitino di approfondire questo particolare.
A new York, pochi mesi fa, ho notato, in ogni cantiere, cartelli chiari, semplici, in più lingue, che invitano a “fare la spia” su comportamenti illegali o inosservanza delle norme di sicurezza. Garantendo esplicitamente anonimato e protezione.
Forse, più utili dei cartelli che campeggiano da noi, annunciando “fine lavori” e “importo di spesa” che sappiamo irreali e irrealistici