Flavio Oreglio nell’introduzione a questo suo libro (Flavio Oreglio, Storia curiosa della scienza – le radici pagane dell’Europa, Salani 2011, pag. 209, € 14, ISBN 978-88-6256-309-3) esprime subito la sua visione: la religione è un male, i tentativi di mettere insieme scienza e religione sono peggio, e quello che si dovrebbe fare è invece mettere (di nuovo) insieme scienza e filosofia, proprio come nell’antichità. Il filo conduttore dell’opera, che arriva fino al termine dell’ellenismo, è questo: può essere condiviso o o meno, ma naturalmente quello che conta è lo svolgimento del tema. Ecco, è sullo svolgimento che ho i miei forti dubbi. Il libro è diviso in due parti ben distinte: la filosofia presocratica e classica, e l’ellenismo. Nella prima parte Oreglio prende le cose molto alla leggera: nulla di male, è quello che faccio sempre anch’io nel mio piccolo. Però non credo che andare verso il turpiloquio aiuti a capire meglio le cose… La seconda parte è molto meno scoppiettante della prima; purtroppo il risultato sembra più che altro un bignami, senza chissà quali guizzi. In definitiva, un’idea interssante purtroppo gestita male. (Ah, per quanto ne so la metafisica si chiama così solo per il suo posizionamento nelle opere aristoteliche, e se Lucio Russo ha ragione il cristianesimo forse ha dato il colpo di grazia alla scienza antica, ma la morte è di un par di secoli prima…)
Ultimo aggiornamento: 2012-01-07 07:00
Che la religione non sia un bene lo affermava già Voltaire e poi (tra i tanti) anche il Nobel Russel, dunque dov’è la novita? Scrissero degli interi trattati a riguardo.
Anzi, senza avere letto l’opera di Oreglio, probabilmente la banalità sta più qui che nel proseguio.
Per quanto riguarda le “accuse” di essere un bignami della storia, mi domando che male ci sia: in un Paese in cui i libri più venduti sono quelli di Fabio Volo e di Federico Moccia, ben venga il linguaggio “senza guizzi” ma semplice e diretto di un opera come questa: probabilmente avvicinerà i giovani alla scienza più delle opere di un qualunque parruccone dell’accademia (evito di fare nomi).
Sappiamo cosa è di successo tra il grando pubblico: riviste come Focus e programmi come Voyager.
Dunque non vedo tutto questo scandalo nell’utilizzare un linguaggio che sia vicino alla gente.
Linguaggio semplice e rigore ovviamente possono andare a braccetto.
Ricordo quando facevo il liceo che andavano di molto di moda tra il pubblico i fotoromanzi (ne lessi uno anche io perché riuscii a trovare l’unico fotoromanzo fantascientifico) :-)
La mia insegnante di Italiano, una ottima insegnante, diceva sempre: leggere, leggere, qualasiasi cosa, fossero anche i fotoromanzi o i racconti di Carolina Invernizio, è sempre meglio che non leggere.
Comunque, anche Piero Bianucci concorda.
http://www3.lastampa.it/scienza/sezioni/il-cielo/articolo/lstp/432042/
@Claudio:
il male non è essere un bignami della storia, ma essere un bignami della storia infarcito da battute inutili. Questo significa che delle informazioni storiche non resta assolutamente nulla, e quindi l’avvicinamento non ci sarà.