Sul Corriere di stamattina Sergio Romano fa una filippica contro le pretese dei sindacati e soprattutto di Camusso perché si riparta con la concertazione, che evidentemente è vista dall’ex ambasciatore come fumo negli occhi. Non sono un economista, quindi non posso dire che la concertazione (e tanto meno quella in salsa tricolore) sia un bene o un male in assoluto e in questo preciso momento: però mi ha colpito una cosa nel ragionamento di Romano.
Lui spiega infatti che «Il sindacato è una associazione di lavoratori e pensionati. Non rappresenta il Paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale. Risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Quando chiede la concertazione, il sindacato pretende per i propri soci più poteri di quanti ne abbia un cittadino qualunque, vuole essere una sorta di condomino, un passaggio obbligato, un contropotere, e stravolge i principi fondamentali della democrazia rappresentativa.» Frasi di per sé correttissime, come anche corretta è la conclusione «Il governo può ascoltarlo, consultarlo, studiare le sue proposte, ma non può dimenticare che le responsabilità del potere esecutivo non sono condivisibili e che il suo unico interlocutore istituzionale è il Parlamento, non un’associazione di categoria.» Peccato che Romano – sicuramente per non superare il numero di battute concessegli stamane – non abbia completato il discorso. La concertazione infatti si è sempre fatta tra governo, sindacati, e Confindustria; associazione di imprese, che non rappresenta il Paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale, risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Il punto fondamentale della concertazione è proprio quello: avere due sponde opposte in modo che il governo possa cercare di trovare dei punti accettabili da tutti, punti sui quali il Parlamento prima ed eventualmente i cittadini alle prossime elezioni potranno accettare o rifiutare. Per ascoltare, consultare, studiare le proposte basta avere una lobby, e sicuramente la parte aziendale in quella è molto brava e non ha bisogno di concertazione mentre il sindacato può anche proporre ma rimane sempre il parente snobbato alle feste.
Peccato appunto che l’articolo sia rimasto incompleto. Qualcuno a via Solferino potrebbe concedere in futuro un po’ più di spazio a Romano?
Ultimo aggiornamento: 2012-01-04 10:15
Non possono. Se lasciassero più spazio a Romano per spiegare che la “concertazione” si fa anche con Confindustria (che ha già rappresentanti indiretti nel governo), al più grande giornale della Destra italica dovrebbero tagliare gli spazi per Panebianco-giustifichiamo-la-tortura e per il dinamico duo Giavazzi-Alesina (che ancora non si sono accorti che (1) c’è la crisi e (2) la crisi è una conseguenza delle loro posizioni economiche stile anni 80).
Ntuniott
Forse la tua esperienza lavorativa ti dà una prospettiva leggermente falsata, la mia esperienza in piccole e medie imprese è che il possibilità di influire sulle decisioni dei governi da parte dei sindacati è tuttaltro che trascurabile, e se si valuta in base ai fatti concreti Confindustria è praticamente monopolizzata dalle grandi imprese ( Telecomitalia, Eni, Enel, Poste italiane e Ferrovie dello stato ) alla fine quelli che sono i parenti poveri sono le piccole e medie imprese.
Per esempio se un governo come è successo l’anno scorso fa una legge per cui chiunque voglia fare conocrrenza a Ferrovie dello Stato deve applicare NON il contratto nazionale ma il contratto INTERNO delle ferrovie dello stato è un favore alla grande impresa statale , ai sindacati, ma un brutto scherzo a chiunque voglia ivestire in quel campo e ai consumatori…..
Non so perché continuo a leggere il Corriere. E’ da diverso tempo che pontifica contro i “privilegi” di chi lavora.
@pietro: quello era uno scherzo contro Montezemolo, più che altro (che poi a noi telefonici resero peggiore il contratto per fare entrare la concorrenza… ma erano altri tempi)