Non sono mai riuscito esattamente a capire come mai molti considerino Ballard un autore di fantascienza. Soprattutto nelle sue ultime opere, come questo Regno a venire (J.G. Ballard, Regno a venire [Kingdom to Come], Feltrinelli – Universale economica 2009 [2006], pag. 293, € 9.50, ISBN 9788807721243, trad. Federica Aceto) l’unica cosa “fantascientifica” è l’attuale impossibilità – o almeno si spera, in realtà ho letto il libro nei giorni delle rivolte londinesi, e mi sembrava di avere un déjà vu – che avvenimenti come quelli narrati si svolgano davvero. Come altre volte, il romanzo è ambientato nell’Inghilterra contemporanea, in una cittadina nel londinese dalle parti di Heathrow che sembra più che altro essere nata come satellite di un enorme centro commerciale, il Metro-Centre (buffo che nel risvolto di copertina abbiano usato la grafia americana Metro-Center), che in un modo o nell’altro pervade le vite di chiunque si trovi da quelle parti. Il protagonista, Richard Pearson, pubblicitario appena licenziatosi, viene catapultato là a causa della morte di suo padre, tra milizie consumismo-fasciste che organizzano attacchi agli asiatici ai maggiorenti della città, che si direbbe vogliano eliminare in un modo o nell’altro il Metro-Centre. Quel che è certo è che, oltre al pessimismo che come al solito è una caratteristica di Ballard, c’è un senso di straniamento: persino il protagonista sembra cambiare idea e punto di vista da una pagina all’altra senza nessuna ragione plausibile, come se l’autore volesse aumentare il senso di incomprensibilità di questa nostra società contemporanea urbana. O almeno spero non sia stato un problema di traduzione… La storia termina come ci si poteva immaginare fin dall’inizio, anche se con una timida nota positiva.
Ultimo aggiornamento: 2011-08-25 07:00
Il titolo originale è Kingdom Come, come nel padre nostro (venga il tuo regno). Non ho letto il libro, ma se questa è la qualità della traduzione del titolo
@ilbarbaricore: non voglio difendere la traduttrice, ma il titolo originale è Kingdom *To* Come, e l’our Father recita *Thy* Kingdom Come. Insomma, non credo ci sia un significato religioso dietro.
Ovviamente io rimango colpito da questa cosa che tu abbia notato l’utilizzo della grafia americana Metro-Center. Potevi scrivere anche solo questo che per me il post era già che bello e fatto.
Temo ci sia stato un errore nel postare il mio commento.
Ribadisco che il titolo originale è Kingdom Come.
http://www.amazon.com/Kingdom-Come-J-G-Ballard/dp/0007232462
Kingdom come è un’espressione idiomatica che deriva dal padre nostro e si usa a volte per indicare un posto lontano o un futuro remoto e a volte l’altro mondo.
@ilbarbaricore: il titolo originale, come sempre, l’avevo preso dal colophon del libro. Ci sono varie possibilità: (1) ho sbagliato a copiare; (2) Feltrinelli ha sbagliato a scriverlo; (3) il titolo UK e quello USA sono diversi; (4) varie ed eventuali.
Detto questo, e partendo dal principio che il significato originale dal Padre Nostro sia ancora avvertito dagli anglofoni, la traduzione “Venga il Tuo regno” non renderebbe gli altri significati, e a questo punto sarebbe stato comunque meglio “il Regno che verrà”.
@il Disagiato è il mio essere correttore di bozze dentro.
(2) Feltrinelli assume dei cialtroni
http://www.guardian.co.uk/books/2006/sep/03/fiction.jgballard
Per quanto riguarda la traduzione è vero che avrebbero potuto tradurre anche con “ogni morte di papa” o “all’altro mondo” o lasciarlo non tradotto come nel fumetto DC comics.
Devo proprio intervenire io, per affermare a) che Federica Aceto, oltre che un’amica – il che non è un titolo di merito -, è una traduttrice con le palle quadre che le fumano e le fanno le scintille, e b) che il traduttore non ha la minimissima voce in capitolo, mai, quando si tratta di titoli?
@Isa: sì, lo so, tesoro, che il traduttore non ha voce in capitolo né sul titolo né sulla quarta di copertina…