Trent’anni fa Giuliano Pisapia è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta su Prima Linea. Se ne può trovare traccia per esempio sull’archivio storico della Stampa, qui e qui. Si scoprono cose incredibili per un supporter del nostro PresConsMin, tipo che a emettere gli ordini di cattura contro i terroristi dell’ultrasinistra è stato un allora giovanissimo procuratore della Repubblica: Armando Spataro. Sì, proprio la toga rossa così aborrita. Mi sa che troppa frequentazione con quei criminali l’ha rovinato. Si scopre anche che Pisapia è figlio di un principe del foro, ma che da giovane aveva idee ben diverse, tanto che scappò di casa, andò a lavorare all’Alfa e si sposò (non so in che ordine), prima di tornare nei ranghi. Ma questa non è roba che fa sangue.
Nello scontro televisivo diretto, Letizia Moratti è andata a recuperare quella notizia, che probabilmente si era tenuta stretta per tutta la campagna elettorale, affermando «La mia esperienza di manager, la mia famiglia confermano ampiamente che sono una persona moderata, a differenza di Pisapia che dalla Corte di Assise è stato giudicato responsabile di un furto di veicolo che sarebbe servito per il sequestro e il pestaggio di un giovane. E’ stato giudicato responsabile e amnistiato. L’amnistia non è assoluzione». (Come? L’amnistia non è assoluzione? Glielo andate voi a dirGlielo?). Pisapia in seguito ha controbattuto che è tutto falso, e in Corte d’Assise d’Appello è stato riconosciuto assolto per non aver commesso il fatto anche dall’accusa di concorso morale in furto, dopo che lui ricorse in appello nonostante l’amnistia.
La parolina chiave è “in seguito”. Pisapia non ha replicato sul momento per la banale ragione che – in cauda venenum – Moratti ha tirato fuori la stoccata sulla sigla finale del confronto, quando non c’era più tempo per replicare. A questo punto non importa nemmeno più se la cosa fosse vera o falsa (e direi proprio che è falsa, se persino il Giornale di famiglia è stato costretto ad ammetterlo, pur con i contorsionismi autofellativi loro propri e scovati da m.fisk). Importa che per me una persona che sceglie appositamente il momento in cui l’altro non può replicare è un vigliacco. Peccato che chi voterà per PdL e affini non si accorgerà di tutto questo: spero solo che gli indecisi si sveglino e vadano a votare per un qualunque altro candidato che non sia l’attuale sindaco.
(E comunque al PdL hanno paura di finire al ballottaggio, perché sanno che lì mica sono i favoriti…)
p.s.: subito dopo aver postato ho scoperto che Gad Lerner aveva usato lo stesso aggettivo. Garantisco che non l’ho fatto apposta, anche perché non lo leggo :-)
Aggiornamento: (12 maggio) per chi volesse saperne di più sulla storia, qui (pdf) il resoconto completo della vicenda giudiziaria, qui (pdf) le fotocopie delle pagine con la sentenza di primo e secondo grado.
Ultimo aggiornamento: 2011-05-11 17:22
E comunque al PdL hanno paura di finire al ballottaggio, perché sanno che lì mica sono i favoriti.
La vigliaccata è stata fatta proprio per il motivo summenzionato. Per convincere gli indecisi (per definizione gli indecisi stanno a destra ;-)).
E anche perché è semplicemente quello appropriato. Che tristezza.
A me, di questa vicenda squallida, colpisce il dettaglio che non si può rispondere perchè “il tempo è scaduto”, come se fosse un gioco di società. Come se l’accusa non fosse grave: il tempo è scaduto, hai perso. Sono le regole del confronto queste? Be’, io ne deduco che il confronto è poco più che una fesseria, allora.
@scorfy: è quello che dice sempre Silvio: che la par condicio è una schifezza.
io dico che il confronto in questi termini è una schifezza (ma io non conto nulla, eh)
Interessante anche l’aggettivo “autofellativo” ;)
Forse non è tanto noto, ma in lista a Torino c’è uno che ha patteggiato (sbaglio se dico che vuol dire che si è dichiato colpevole?) 20 mesi di galera per tangenti.
Sia chiaro: ora ha il diritto di candidarsi ma, fortunatamente, la politica non è fatta solo di quello che si può legalmente fare ma anche di quello che è giusto ed opportuno fare.
Insomma il candidato sindaco di Milano poteva sempre dire che, se proprio si voleva colpire qualcuno con fatti del passato ma veri e non falsi, avrebbero dovuto colpire nella metropoli accanto! Però forse come difensore non sono un granché…
@ArgiaSbolenfi: la nostra è una bella lingua, e talvolta indulgo a sfruttare le sue possibilità con un neologismo :-)
@bubbo: no, sbagli il patteggiamento non è una dichiarazione di colpevolezza. Se lo fosse, sarebbe stato giudicato per quel motivo, se ci rifletti.
Il patteggiamento, in parla-come-mangi significa “io accusa non ho abbastanza prove per inchiodarti per X anni ma per N, io difesa non ho abbastanza ganci per garantirmi l’assoluzione, mi metto d’accordo con l’accusa per M”. Senza dire chi è colpevole di cosa ;-).
. Ma sono l’unico a ricordarsi di quando la Moratti faceva la manager, a Stream TV, la pay per view che doveva fare concorrenza a telepiù, con esiti fallimentari? Ma soprattutto: come si può evincere dal fatto che ha fatto il manager che sia una moderata?
Inoltre definirsi “manager” per una che era la proprietaria della società di brokeraggio …
ballottaggio milanese
in città c’è qualcosa di diverso.