Titoli e traduzioni

In occasione della nuova edizione del capolavoro di Thomas Mann e del cambio di titolo, da La montagna incantata a La montagna magica (nota a latere: nel 1932 l’opera mozartiana Die Zauberflöte” era già nota come Il flauto magico: chissà perché questa scelta traduttoria…) Repubblica ha pensato bene di preparare un’infografica con una lista di libri e opere il cui titolo non è tradotto per nulla letteralmente.
Possiamo discutere sulle scelte: per quanto mi riguarda, “The Catcher in the Rye” non avrebbe avuto alcun senso tradotto letteralmente (e comunque il catcher è il ricevitore, non un semplice “giocatore di baseball”). Ma se fai una cosa del genere e metti le traduzioni letterali, magari potrebbe essere opportuno verificare che il mockingbird non è esattamente l’usignolo (che sarebbe stato il nightingale)… altrimenti qualche sorrisetto di compatimento spunterà immediatamente!

Ultimo aggiornamento: 2010-11-03 12:22

16 pensieri su “Titoli e traduzioni

  1. Marco

    Anche tradurre “To the lighthouse” con “Il faro” non mi sembra correttissimo. Direi piu’ “Al faro”

  2. delio

    in quell’infografica (talmente sgranata da farmi sospettare un’origine diversa, ma vabbé) manca sicuramente “on the road”; e pur di riempire la tabella hanno inserito “to the lighthouse/la gita al faro” – che incredibilmente, per far apparire maltradotto, hanno maltrodotto loro stessi in “*il* faro.

  3. Isa

    Personalmente, trovo che La _mo_ntagna _ma_gica sia una brutta, cacofonica allitterazione, e che diversamente la mo_nt_agna inca_nt_ata abbia proprio un ritmo che… incanta.

  4. Licia

    Mi vengono in mente i titoli italiani di alcuni libri dell’irlandese Roddy Doyle: 
    The Van (il furgone) –> Due sulla strada 
    The Snapper (parola colloquiale per bambino piccolo, tipo “marmocchio”) –> Bella famiglia!
    The Deportees
    (i deportati)  –> Irlandese al 57% (titolo di un altro racconto della raccolta).
    Il romanzo di David Mitchell Black Swan Green (nome del sonnolento paesino dove vive il protagonista) è diventato A casa di Dio.
    In Grapes of Wrath Steinbeck fa un riferimento biblico (Apocalisse, cap. 14, versi 19-20) citando in un inno patriottico; in italiano il titolo diventa semplicemente Furore. Riferimento biblico anche in East of Eden (Genesi, cap. 4 v. 16: “And Cain […] dwelt in the land of Nod, on the east of Eden”) in italiano La valle dell’Eden (cf “Allora Caino […] dimorò nel paese di Nod, ad est di Eden”). E Cannery Row, nome fittizio che indica il luogo dove c’erano varie fabbriche di inscatolamento (cannery) di sardine, in italiano è diventato Vicolo Cannery. A Monterey il posto a cui è ispirato il romanzo ora si chiama proprio Cannery Row e chi l’ha visto avrà notato che non è certo un vicoletto!).
    Recentemente ho letto un’intervista con Kazuo Ishiguro che si lamentava che sia il romanzo che il film Never let me go in italiano sono diventati Non lasciarmi, tralasciando il never che invece è fondamentale.
    E un esempio opposto, quello di traduzione letterale del titolo che stravolge il senso dell’originale, è Dalla Russia con amore di Ian Fleming, in inglese From Russia, With Love ovvero “tanti saluti dalla Russia”.

  5. G.

    Direi anche che definire “inattesi” i titoli russi sia eccessivo.
    Non mi sembrano poi così distanti dall’originale.

  6. Marco B. Rossi

    Alcune traduzioni mi sembrano veniali, in fondo tra cappotto e mantella non c’è una grande differenza. Ma forse è la mia leggendaria ignoranza in materia di abbigliamento a non farmi apprezzare la sottigliezza della nota.
    Mi piacciono molto i casi in cui gli editori rendono pruriginosi quei titoli che in originale non lo sono, sperando immagino in qualche acquisto compulsivo. Per esempio “The clothes they stood in” di Bennet è diventato “Nudi e crudi”, assai più ammiccante dell’algido originale, e presagio di bollenti epifanie; oppure come il semplice “Out” di Natsuo Karino si sia trasmutato ne “Le quattro casalinghe di Tokio”, probabilmente per richiamare nel lettore distratto l’assonanza con i film che amava vedere Fantozzi in pensione. E questo nonostante le quattro protagoniste del romanzo lavorino in fabbrica, e non a casa.

  7. Daniele A. Gewurz

    A parte che la “vera” traduzione letterale di “The Catcher in the Rye” è notoriamente “Il terzino nella grappa, se non erro – oltre al riferimento al ruolo nel baseball – c’è proprio una scena in cui Holden si immagina in un campo di segale ad acchiappare… la memoria non mi aiuta, ma credo bambini che rischiano di cadere in un dirupo.
    Quanto agli altri esempi della Repubblica, faccio fatica a cogliere la differenza semantica tra “Il delitto e la pena” (ma poi gli articoli in russo non ci sono) e “Delitto e castigo”.

  8. pietro

    Anche a me gli esempi portati da Repubblica sembrano poco significativi, dato che ci sono nel campo cinematografico esempi mostruosi, come “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” tradotto “se mi lasci ti cancello”.

  9. Marco B. Rossi

    Uhh vero, citerei anche “Domicile conjugal” tradotto pruriginosamente (fantozzianamente?) in “Non drammatizziamo… è solo questione di corna”

  10. Barbara

    Le mie favorite restano le traduzioni inglese-inglese. Northern lights diventa The golden compass, The philosopher’s stone diventa The sorcerer’s stone.

  11. Marco B. Rossi

    Ho trovato un caso in cui la traduzione del titolo è la conversione da una valuta all’altra!
    Un romanzo (bruttino) di Frederic Beigbeder, che in originale si chiama “99 Francs”, è stato tradotto da noi con “Lire 26.900”, al cambio lira – franco del 2001, con le commissioni, imposta di bollo ed eventuali altre spese bancarie.
    Dopo il passaggio all’Euro, da noi è diventato logicamente “Euro 13,89”, i francesi hanno invece mantenuto il cambio ufficiale del 1 gennaio 2002 e ora il nuovo titolo originale è “14,99 Euros”.
    Interessante la scelta del traduttore inglese, che ha optato nella prima edizione per “£9.99” e oggi per un bel “Was 9.99, Now 6.99”. Scelta di marketing davvero ironica, per un testo che ironizza sul marketing.

  12. Luca Tassinari

    Non mancano i casi inversi. Il sottotitolo di Centuria, di G.Manganelli, è “cento piccoli romanzi fiume”, che in un’edizione americana è diventato “100 ouroboric novels”. Sulla montagna di Mann concordo con Isa: molto meglio incantata di magica.

  13. Marco Ferrari

    D’altronde “To kill a mockingbird” sarebbe dovuto essere “Uccidere un mimo”. Cos’è, la morte di Marceau?
    Meglio tradurre a volte.

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