Mixa (free press)

Mixa (http://www.mixamag.it/) è uno degli ultimi free press apparsi a Milano: il numero di ottobre che mi è capitato tra le mani è infatti il quarto per il mensile. Il sottotitolo recita “Il magazine dell’italia multietnica”; a vedere il colophon è milanese (Coop. Cartacanta, per la cronaca; almeno due delle collaboratrici so chi sono) e non so se viene distribuito fuori Milano e dove; io ho trovato un po’ di copie nella biblioteca di quartiere, ma è vero che oramai frequento poco i luoghi classici.
Nelle 32 pagine c’è pochissima pubblicità, tre pagine e un quarto; gli articoli tendono ad essere più ampi della media dei free press, superando anche a volte quelle che sembrano essere le colonne d’Ercole della lunghezza massima consentita, vale a dire la pagina. Come facilmente immaginabile, il punto di vista degli articoli è presentare agli italiani la vita degli immigrati (di “successo”, nel senso di regolari e più o meno integrati), il tutto da una prospettiva generalmente di sinistra; basti pensare che c’è una paginata dedicata a cosa pensano riguardo all’immigrazione i candidati alle primarie del centrosinistra per le comunali 2011, e non ho visto interviste a esponenti dichiaratamente di centrodestra. Questo potrebbe forse essere un limite, perché si rischia di finire in una situazione “me la canto e me la suono” che non portrebbe grandi vantaggi; peccato, perché un punto di vista diverso dal solito sensazionalismo dei media e che non scade nel patetico sarebbe davvero utile.

Ultimo aggiornamento: 2010-10-25 11:12

4 pensieri su “Mixa (free press)

  1. mestesso

    Ho letto il terzo numero di Mixa, e non è semplice trovarlo.
    Penso dipenda dal fatto che abbia una tiratura limitata e viene distribuito in location dove il target supposto della rivista lo possa prendere (cooperative, biblioteche, uffici pubblici).
    Immagino (ma questa è una mia inferenza) che con risorse limitate, cerchino di guadagnare visibilità e diffusione andando in acque tranquille ed “amiche”, e così facendo aumentare la tiratura fino a superare quella soglia che gli faccia guadagnare la raccolta pubblicitaria essenziale per far continuare l’iniziativa.
    Per “me le canto e me le suono”: tu pensi davvero che un qualsiasi esponente dell’ala governativa accetti di essere intervistato da suddetto foglio, qualora lo volesse fare? Ora sicuramente non lo faranno, appunto per il problema “scarsa visibilità”, è un problema che neppure si possono porre per la mancanza di mezzi ed agganci. Ma non credo proprio che anche dopo un eventuale successo tale opzione sia da tenere anche solo come ipotesi ;-).

  2. Bubbo Bubboni

    Non capisco il punto. La logica del “me la canto…” non sarebbe superata se ci fosse un’intervista a qualche novello Goebbels o Le Pen su ogni numero preceduta o seguita da qualche Lincoln o Mandela d’occasione.
    Mi pare che si cade nell’autoreferenzialità in base a scelte editoriali che non sono solo quella di averne “uno per tipo” e che l'”uno per tipo” non sia garanzia di nulla o di utilità alcuna per il lettore.
    O non è questo il punto?

  3. .mau.

    @Bubboni: secondo me la par condicio in questi casi è perniciosa. Ma per esempio sarebbe interessante sentire cosa (non) dice l’Eterno Vicesindaco Milanese su qualcuno dei temi dibattuti.

  4. Bubbo Bubboni

    @.mau.: Ma forse il tale dice già su altri giornali tutto quello che ha piacere di dire. Mi pare che alcuni parlino moltissimo (= parlano su media di grande diffusione) spesso per dire sciocchezze e non c’è bisogno di ritrovarli anche su riviste più specializzate, mentre altri è raro sentirli anche se hanno cose interessanti da dire che, per forza di cose, sembrano pure “nuove” ed “originali”.
    Altrimenti sarebbe un po’ come se le riviste con articoli di qualità a cui sono abbonato ogni tanto pubblicassero un articolo mal scritto e stupido su qualche, chessò, noto omicidio, giusto per evitare di essere quelli che se “la cantano”.

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