Molti sanno che Littoria (pardon, Latina) è stata fondata da Mussolini, durante la bonifica dell’Agro Pontino. Magari, pensandoci un po’ su, qualcuno si ricorda anche di altre città: Sabaudia, Aprilia, Carbonia. Ma nessuno probabilmente immagina che ci siano quasi 150 “città del Duce”, che a quanto pare amava porre la prima pietra su e giù per la penisola. In questo libro (Antonio Pennacchi, Fascio e martello – viaggio per le città del Duce, Laterza – “Economica 527” 2010 [2008], pag. 346, € 11.50, ISBN 978-88-420-9229-2), che nacque come rubrica su Limes ed ebbe una prima edizione nel 2003, Antonio Pennacchi parla di alcune di queste città. Premessa: si parla di architettura, ma non è un manuale di architettura. Pennacchi, nato a Latina, sente chiaramente proprio il tema. Aggiungete che scrive molto bene, con uno stile personale, e capirete che il libro non lo si legge come un saggio ma quasi come un romanzo storico… ehm, architettonico. D’altra parte le sue idee architetturali molte volte sembrano nascere dall’essere contro la storiografia ufficiale, e secondo me Pennacchi stesso non sempre crede a quello che dice ma lo dice lo stesso perché l’idea, anche se sbagliata, è carina. Il giudizio sulle opere del fascismo è molto disarticolato, soprattutto nella parte sociale (che fosse una dittatura è dato per scontato). Non è che si possa dare un valore positivo al fascismo solo perché hanno fatto queste città, ma non si può nemmeno negare la loro esistenza, no?
Ultimo aggiornamento: 2021-08-05 09:37
Il termine città rischia di essere fuorviante. Antonio Pennacchi quando parla di 147 città fondate dal fascismo tende a mischiare le carte. La maggior parte di questi insediamenti erano classificati come “Centri comunali”, “Borgate rurali” o “Villaggi agricoli” che non sono e non dovevano essere delle città ma solo dei centri di servizi per le campagne circostanti interessate dagli interventi di riforma fondiaria dell’Opera Nazionale Combattenti e di Bonifica Agraria. Spesso si riducevano ad una chiesa, un edificio comunale, due case ed un forno in mezzo alla campagna. Il fascino di questi luoghi è legato al fatto che vennero progettati da giovani architetti fascisti che non seguivano il monumentalismo del regime ma si ispiravano al razionalismo europeo mediando con la tradizione italiana. Vennero fuori a volte dei piccoli gioielli architettonici che oggi ti trovi davanti all’improvviso eleganti e disabitati in mezzo alla campagna.
Parla solo degli interventi della Bonifica? Ci sono anche quelli in Istria (Canal d’Arsa)? E delle massicce opere in città come BZ e BS o ad Asmara non c’è neanche un accenno?
(Mi sto entusiasmando all’idea di leggerlo quasi come se fosse uscito un nuovo giallo di Veit Heinichen) Grazie per la segnalazione, corro ad ordinarlo.
Silvia5
@Silvia: Arsia c’è, come ci sono anche luoghi sardi, siculi e pugliesi. Bolzano no, perché anche se l’idea di Pennacchi di “città” è molto ampia – bastavano quattro case in croce con un simbolo che poteva essere la chiesa, la caserma dei carabinieri o la casa del fascio – sull’idea di “fondazione” è molto rigido: prima non doveva esserci nulla. È vero che l’Oltreisarco a Bolzano è stato costruito dove non c’era nulla, ma era comunque un’estensione di Bolzano.