La matematica è la quintessenza del ragionamento deduttivo, ed è l’unica scienza che ci dia delle certezze, no? Falso. In questo saggio di filosofia della matematica (Morris Kline, Mathematics – The Loss of Certainty, Oxford University Press 1980, pag. 366, $19.95, ISBN 978-0-19-50385-3) Morris Kline mostra non solo che la matematica non ha certezze, come forse molti hanno intuito cercando di capire il significato del teorema di incompletezza di Gödel, ma che il suo sviluppo è stato molto meno “matematico” di quello che ci vogliono far credere, che Euclide si è dimenticato una mezza dozzina di postulati, che le stagioni del rigore sono state brevi e che il rigore di ieri non è quello di oggi e quello di oggi non sarà quello di domani, che non è vero che la matematica modelli il mondo reale e che curiosamente la perdita della fede in Dio si sia riflessa sulla perdita della fede nella matematica stessa. Kline ritiene inoltre un fallimento lo sviluppo della matematica dell’ultimo secolo, avvitata in sé stessa; secondo lui la fecondità della matematica sta nel modellare, ancorché imperfettamente, il mondo reale. In definitiva, un libro piuttosto pessimista, anche se c’è una nota positiva sul fatto che si può fare matematica (e la si fa) anche in maniera più intuitiva.
Ultimo aggiornamento: 2020-01-05 17:33
Dissento dalla tua interpretazione, a cominciare dal teorema di Gödel in poi, ma c’è troppo sole fuori per star qui a discutere. Riparliamone d’inverno :-).
Questo libro è uno dei miei preferiti. Kline è un maestro e racconta la storia della matematica in modo avvincente e appassionato, anche se esagera nelle conclusioni. Una lettura che suggerisco spesso ai miei studenti.
Temo di non aver capito il tuo parere sulla ricostruzione e sulle tesi di Kline, parere che, nonostante la mia impreparazione, mi piacerebbe conoscere.
@MrPotts:
Le tesi di Kline in questo libro sono due. Nella prima, che occupa i due terzi iniziali del libro, si vede come la matematica da un lato aveva un’aria di sicurezza di sé ma in realtà era basata su fondamenta fragilissime – si pensi a come nacque l’analisi matematica, con tutti che assumevano tacitamente che una funzione continua fosse anche differenziabile, o il trattamento delle serie infinite, con risultati formali assolutamente senza senso reale. Parallelamente c’era il mito della rigorosità della geometria greca, che rappresentava proprietà intrinsecamente vere e reali pur se nel mondo c’erano solo loro approssimazioni. Man mano però che la matematica imparò ad essere piu precisa nel XIX e XX secolo questa rigorosità e rappresentazione del mondo reale si sfaldò, proprio mentre si sfaldava il pensiero religioso che vedeva tutto ciò come segno dell’operato divino.
L’ultima parte del libro è una tirata contro i matematici iperformalistici che a partire dal 1900 o giù di lì hanno fatto matematica basata su sé stessa e non a partire da problemi del mondo reale (cioè fisici), ottenendo risultati formalmente veri ma tendenzialmente inutili a detta di Kline.
Così è più chiaro?
Abbastanza. Ti ringrazio.
Sono passati trent’anni dal libro di Kline, e la matematica resta molto formale. E allo stesso tempo pullula di applicazioni. No, non sto parlando di informatica teorica, ma (ad esempio) della buona vecchia teoria dei numeri, la regina amata da Gauss, fattasi sempre più astratta e algida e luminosa, ispirata dall’analisi ma anche da vari tipi di geometrie – e ricca di applicazioni alla crittografia che usiamo senza neanche accorgercene.
All’altro estremo, c’è la matematica ispirata dalla fisica; non sappiamo se descriva l’universo, ma se così fosse, sarebbe un gran bell’universo.
A me le tesi di Kline sembrano stronzate, con rispetto parlando. Ma è fin troppo facile criticare con trent’anni di senno di poi. Chissà cosa scriverebbe Kline adesso.
@Barbara: se è per questo – ma ne parlerò più a lungo sul Post – ora non c’è solo la fisica che ispira la matematica ma anche l’informatica e la statistica. Ma qua ho solo raccontato il libro, non l’ho discusso.