Repubblica pubblica in pompa magna un articolo sull’esodo di telespettatori dal Tg1 minzoliniano. Il titolo non lascia adito a dubbi: “Alle 20 perso un milione di spettatori”. Poi uno legge l’articolo e scopre un po’ di cose:
– le statistiche sono state calcolate su un periodo di cinque anni (Mimun, tre anni di Riotta, Minzolini) e i dati sono specificatamente calcolati rispetto al primo anno della gestione Riotta, senza che noi poveri lettori possiamo sapere cosa era successo in quei tre anni. Per quanto ne sappiamo, il calo può essere costante nei tre anni, o addirittura – anche se non ci credo – la gestione Minzolini potrebbe avere portato una crescita. (È improbabile che Riotta abbia aumentato gli ascoltatori durante la sua gestione, perché allora avrebbero fatto i conti sull’ultimo anno)
– non c’è nessun puntatore ai numeri delle statistiche. Questa non è una scoperta: i quotidiani italiani sono certo abbiano un codice condiviso che vieti loro di mettere un qualunque link che permetta al lettore di farsi un’idea in prima persona. Si sa, potrebbe scoprire che non vale la pena leggere i pastoni premasticati.
Perlomeno i conti tornano: uno share del 27% con 7 milioni di telespettatori significherebbe 26 milioni di spettatori complessivi, proprio come il 31% del 2006 con 8 milioni. Però questo significa ancora poco, soprattutto se non si sa cosa hanno fatto i diretti concorrenti :-)
Ultimo aggiornamento: 2010-04-16 07:00
“i quotidiani italiani sono certo abbiano un codice condiviso che vieti loro di mettere un qualunque link che permetta al lettore di farsi un’idea in prima persona”
La parola chiave in tutto questo è italiani. All’esteo, le versioni online (posso capire che un cartaceo non abbia spazio per la bibliografia) hanno sempre un link alla fonte.
Ora bisognerebbe valutare quale percentuale dei lettori di giornali italiani sia disturbata da questo codice :-).
@Barbara: Hai ragione, la parola chiave in tutto questo è italiani.
E ora passo a sfogliare l’IHT (US/Pargi), The National (Abu Dhabi) e Público (Spagna). :-)
La percentuale dei lettori italiani disturbata da questo codice sarà minima, il che non significa che io non possa scriverci su.
PIù che altro devo fare un coming out. La prima versione di questo post affermava che un calo del 5% su uno share che arrivava al 27% corrispondeva a molto meno di un milione di telespettatori persi, e proseguiva con un pippone sul pubblico complessivo che doveva essere calato, un po’ come capitato nelle ultime elezioni. Poi mi sono messo a fare i conti e mi sono accorto che stavo scrivendo una cazzata, perché dovevo calcolare la perdita non sul 27% ma ovviamente sul 100% :-)
“i quotidiani italiani sono certo abbiano un codice condiviso che vieti loro di mettere un qualunque link che permetta al lettore di farsi un’idea in prima persona”
@.mau.: non ne ho la certezza assoluta per tutti i quotidiani (ma per qualcuno sì ;-)) ma esistono direttive specifiche nell’evitare link a siti terzi, per un motivo molto banale e prosaico: evitare di dirottare traffico pubblicitario verso fonti non-amiche.
Poi i giornalisti, pardon, i ragazzini a progetto o partita iva che fanno i giornali online, ricordiamcelo bene che i giornalisti li vedono col binocolo, e quando li vedono è un copincolla pervenuto da un Giornalista via mail, evitano i problemi come la peste, per prendere quei quattro baiocchi e cercare l’impervia via verso l’affrancamento nel Sistema. Il tutto cassando link anche a siti privi di pubblicità (dove quindi il divieto non sussisterebbe), perché è anche capitato di avere rogne in casi analoghi…
Io vi prego, in nome di questa massa di poveretti, di evitare di usare la parola giornalisti (fra l’altro è puro abuso di titolo), parlando di queste persone. Non per rispetto verso i primi, che se lo dovrebbero meritare altrimenti, ma per rispetto verso i precari dell’informazione.
Grazie
@mestesso: in effetti in questo caso avrei dovuto parlare di “anonimo copincollatore”.
Per quanto riguarda le fonti, lasciamo per un attimo perdere la deontologia professionale e tralasciamo i puntatori a testi della concorrenza scritti in lingua italiana. Già però il link a un quotidiano britannico oppure americano non è che porti via chissà quali lettori medi; non parliamo poi di questo caso, in cui potevi tranquillamente citare un comunicato stampa in inglese di un sito accademico.
(E sì, è possibile che al copincollatore sia arrivato un lancio Ansa scritto da qualcuno che abbia appunto usato il riassunto di Word. Ma per trovare il link che vi ho lasciato io ci ho messo più o meno quindici secondi)
Non è possibile anche che per caso le notizie di 4 anni fa fossero anche più interessanti di quelle di quest’anno?
“il che non significa che io non possa scriverci su”: no, io sono contentissima che tu ci scriva su, ma credo che le cose non cambieranno proprio perché c’è poca richiesta.
@.mau.: le direttive non distinguono tra siti esteri o nazionali ;-). Anche perché i gruppi editoriali sono (quasi) tutti trans-nazionali.
Al poveretto arriva di tutto, dalla mail del caporedattore che dice “scrivi di questo ora”, al lancio ansa che è sempre in rolling su finestra dedicata, sia una mail del giornale padre con un articolo cui prendere parte del testo, oltre al fatto di guardare siti concorrenti cosa facciano e anche siti non concorrenti fornitori di minchiate d’effetto da copiare. Per vivere, questo ed altro ancora!
@mestesso: tutto ciò spiega, suscita magari qualche simpatia e una certa compassione, ma non giustifica.