Questo (Angelo Guerraggio e Pietro Nastasi, Matematica in camicia nera, Bruno Mondadori “Matematica e dintorni” 2005, pag. 279, € 26, ISBN 978-88-424-9863-6) non è un libro di matematica. Non è neppure un libro di storia della matematica. Al più, lo si può definire un libro di storie di matematici: i matematici italiani dall’inizio del XX secolo – con una minima prefazione postrisorgimentale per avere un contesto – fino all’inizio della seconda guerra mondiale. Se volete, è un modo un po’ diverso dal solito di leggere la nostra storia, anche se i risultati finali non è che siano così diversi da quelli usuali; voltafaccia e appiattimento sempre maggiore sulle posizioni del regime da parte di quasi tutti, con una china che giungerebbe al ridicolo con l’espunzione dei nomi degli ebrei in nome dell’autarchia, se non fosse che dietro c’era qualcosa di molto più tragico. Il testo è molto interessante, anche leggendolo tra le righe; la “scuola italiana” che agli inizi del secolo scorso era la terza mondiale in realtà era costituita da poche punte di vera eccellenza – ma in fin dei conti non servono grandi investimenti in matematica… – ma non è stata in grado di essere una vera e propria scuola: un po’ come in tanti altri campi, insomma.
L’appunto che farei agli autori, oltre a non aver parlato se non di sfuggita di cosa è successo nel secondo dopoguerra (i due piu importanti matematici sopravvissuti, Severi e Picone, si sono riciclati senza problemi…) è che ci hanno messo troppa matematica; certe formule di equazioni differenziali alle derivate parziali non è che servissero a far comprendere meglio il contesto in cui si stava operando!
Ultimo aggiornamento: 2010-02-16 07:00
“la “scuola italiana” che agli inizi del secolo scorso era la terza mondiale in realtà era costituita da poche punte di vera eccellenza (…) ma non è stata in grado di essere una vera e propria scuola”
Vengono da un universo parallelo. Suggerisco di dedicarti a libri più seri.
solo perché tu sei una geometra algebrica?
(che poi Castelnuovo Enriques e Severi erano geometri sintetici, c’è voluto un po’ di tempo perché in Italia si riprendessero le fila dei lavori con i nuovi paradigmi)
In geometria algebrica non c’erano solo i due, anzi tre, citati: c’erano Fano, Veronese, Segre, eccetera. Weil e Zariski sono andati a imparare a Roma, quando l’Italia era un posto che accoglieva gli ebrei meglio del resto d’Europa. E c’è un filo ininterrotto fra la geometria algebrica di allora e quella attuale, per l’appunto una scuola.
E vogliamo poi ricordare Betti, Levi-Civita, Bianchi? E la logica?
Se tutto quel che gli viene da citare sono equazioni alle derivate parziali, questi signori avrebbero dovuto intitolare il loro tomo “PDE in camicia nera”.
Mi fermo perché fra mezz’ora comincia il prossimo talk, e un po’ per arrivare in università dall’albergo mi ci vuole. Ma insisto a che tu non legga stronzate. Hint: comincia col leggere qualcosa NON scritto in italiano.
Certo che Weyl e Zariski hanno studiato in Italia… negli anni ’20 appunto. Betti nel Ventennio era già morto, Levi-Civita è molto citato ma tra le due guerre ha fatto più fisica matematica che geometria differenziale, il calcolo differenziale assoluto lo sviluppò giovanissimo già a fine ‘800.
Guerraggio e Nastasi sono gli stessi di “Roma 1908: il Congresso internazionale dei matematici”, uscito per Bollati Boringhieri. Il libro focalizza su Roma ma ripercorre sinteticamente la storia e soprattutto i dettagli organizzativi e la “temperie matematica” dei congressi mondiali fino al primo dopoguerra, dettagliando sui partecipanti italiani (molti dei nomi che avete citato) e accennando poi qualche paragone per contrasto tra Roma 1908 e Bologna 1928 – per cui immagino che quello uscito per B.Mondadori sia una sorta di seguito ideale.
Acc, vedo adesso la rece dal motore di ricerca interno: come potevo dubitare che .mau. non ne avesse gia’ parlato? :)
@MCP: tecnicamente il libro sul congresso del 1980 è un prequel, visto che è stato scritto dopo :-)
Ad ogni modo Guerraggio e Nastasi (che ha ripreso il lavoro del Tricomi sulle biografie dei matematici italiani…) hanno scelto di dedicarsi ai matematici italiani, il che mi sembra cosa commendevole anche se qualcuno potrebbe definire il tutto “beghe da cortile”.