Ho letto e riletto le dichiarazioni del nostro ministro dell’Interno sui fatti di via Padova a Milano (ah, per la cronaca: è dove io lavoro. Avessero preso le foto da un’altra angolazione, avrei potuto salutare il kebabbaro dove ogni tanto vado), e non sono riuscito a capirle.
Maroni dice «Il mix esplosivo di via Padova si è formato negli anni secondo un modello sociale che non ha voluto gestire un insediamento etnico. È importante evitare che una zona di città diventi estranea a chi ci vive, una sorta di territorio separato, di zona franca. Nel futuro dobbiamo evitare le concentrazioni etniche in un solo quartiere». Ora, in questo caso il problema non è tanto la concentrazione etnica; non è stata una guerriglia italiani-contro-stranieri, ma tra due gruppi di stranieri di etnie diverse, e già dirlo così non è nemmeno corretto: parlare in generale di sudamericani e nordafricani non significa nulla, visto che ad esempio il barista dove andiamo a prendere il caffè è sì egiziano ma copto. Anche l’ipotesi più buonista, che cioè l’idea è che ciascuna etnia dovrebbe essere spalmata più o meno uniformemente su tutta la città, mi sembra assolutamente impraticabile, soprattutto pensando alla reazione di chi sta “resistendo” in una zona a maggioranza italiana. Solo che a quanto pare bisogna dire qualcosa, e quindi si esterna…
(è anche interessante scoprire che la colpa di tutto questo è della sinistra che ha concesso troppi permessi di soggiorno, ma quello uno se lo poteva aspettare)
Ultimo aggiornamento: 2010-02-15 08:54
l’idea è che ciascuna etnia dovrebbe essere spalmata più o meno uniformemente su tutta la città, mi sembra assolutamente impraticabile
In Spagna, giusto per fare un esempio pratico, l’edilizia popolare (da noi inesistente di fatto) dà appartamenti a basso costo, dove più probabilmente vanno gli immigrati, in modo da spalmare in più sedi diverse le medesime etnie, e facendo coabitare forzatamente più gruppi etnici possibile.
Se si vuole, lo si fa, eccome.
Da noi, complice Ligresti &C con stecche a manetta, l’edilizia popolare non esiste più da anni. Figuriamoci la gestione degli immigrati in modalità decenti…:-(
Cmq, questi problemi (di bande giovanili) vengono dalla assoluta anarchia nella gestione degli immigrati, e sono uno dell’extra-sinistra ;-). Se si stesse più attenti al nero (nella gestione dei lavoratori extra-UE) si risolverebbero molti problemi. Ma qui nella patria del nero…
@mestesso: mi spieghi come si fa a far coabitare forzatamente più gruppi etnici possibile? Fai le quote di assegnazione per le case popolari?
Io credo che il problema non siano le concentrazioni di immigrati, ma quelle di leghisti.
@.mau.: in Spagna, le assegnazioni dell’edilizia popolare vengono fatte su base annuale. Tutti gli immigrati (senza casa)tentano di entrarci, e viene fatto un sort delle nazioni di provenienza. Una quota degli appartamenti viene data agli immigrati, e su quella quota viene applicato una sorta di assegnazione randomizzata pescando da delle liste fatte in precedenza ordinate per etnia. A questo punto, viene pescato il primo elemento di ciascuna lista, ed assegnato all’appartamento disponibile di un certo stabile situato in una certa sub-zona, fino ad esaurimento dei posti disponibili. Inoltre si evita di fare quartieri interi ad edilizia popolare per evitare di costruire ghetti, sicura sorgente di rogna.
Ripeto, questa non è teoria, ma pratica ;-). Non elimina tutti i problemi, ma aiuta.
Dal Piano Casa 2009-2010 del Comune di Torino:
“[…] la collocazione territoriale dei ceti più poveri fa registrare la presenza, negli stessi ambiti, del fenomeno dellesclusione sociale. In sostanza, le aree nelle quali, nel corso degli anni, si sono concentrate le comunità più emarginate, i quartieri ghetto, monoceto e monofunzione, accentuano la povertà e la trasformano in esclusione sociale.
[…] La possibilità di incidere su tali condizioni è favorita […] dall’intervento nell’assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica con un progetto di insediamento che garantisca una variegata ed equilibrata presenza di diverse categorie sociali e tipologie di fabbisogno abitativo, (anziani, giovani coppie, portatori di handicap, sfrattati, etc) […]”
Non risponde esattamente alla domanda “come?” ma si afferma che in qualche modo fanno.
Volevo vedere come si fa usando un linguaggio politicamente corretto (o che almeno non sembri sfacciatamente nazista) a gestire il “mix culturale” ma non ho fatto in tempo a cercare meglio. Chiaro che non basta riferirsi al reddito ma tutti i documenti attuali riportano la nazionalità. Insomma qualcosa si può inventrare ma non mi sembra facile. A meno che ci siano appositi eurocodici per definire i vari tipi di sfiga socio-esistenziale, chessò A1 = anziano, A2 = giovane coppia, …, Z1 = xenofobo, ecc.
La zona di via Padova è piena di case di inizio del secolo scorso, che sono state man mano vendute a non italiani a un prezzo probabilmente inferiore a quello equivalente per l’affitto di una casa di edilizia popolare. Tutti questi conti insomma servono relativamente a poco.
@.mau.: la mia compagna ha come ex-collega una ricercatrice rumena che abita tuttora in un appartamento ALER (case popolari). Affitto mensile: 250 EUR.
Altri (come la persona che stiamo cercando di regolarizzare che ci aiuta in casa) vanno ad abitare in subaffitto da parenti (in nero).
La catena perversa inizia col fatto che per mutuo soccorso i vari immigrati cercano di stare vicini od assieme (peraltro anche nel nostro meridione gli italiani fanno altrettanto per famiglia), oltre che per il fato di essere inizialmente clandestini non possono entrare nelle case popolari. Inoltre accettano di vivere in condizioni (alloggi fatiscenti e sovraffollati) che determinano ulteriori problemi. Il tutto senza alcun controllo anche dalla giunta milanese che tanto si dice a tolleranza zero ;-). La non-gestione del problema e del fatto che è difficilissimo avere alloggi ALER fa il resto.
»La catena perversa inizia col fatto che per mutuo soccorso i vari immigrati cercano di stare vicini od assieme
appunto.
In America, negli anni ’70, avevano inaugurato il “busing”: in pratica avevano distribuito uniformemente sia i bianchi che i neri tra tutte le scuole delle città, in modo che non ci fossero scuole ghetto, e tutte le mattine una flotta di bus spostava ragazzini da una parte all’altra delle città. Il risultato è stato un boom delle scuole private e l’abbandono dell’istruzione pubblica da parte dei bianchi di classe medio-alta, ma almeno ci avevano provato.
In generale è ormai unanimemente riconosciuto che creare quartieri ghetto è pericolosissimo e che eventuali grossi interventi di edilizia popolare devono stare attentissimi a garantire la mescolanza.
@.mau.: il mutuo soccorso esiste perché la realtà che ti circonda ti è ostile, e non aiuta il tuo ingresso ;-). Oppure pensi che gli immigrati siano degli idioti a cui piaccia vivere in dieci in un appartamento da quattro in via definitiva e non come soluzione temporanea?