Anche ammesso che siano veri – notate che si parla di “processi a rischio”, non “processi che non si svolgeranno” – il 50% di processi eliminati dalla nuova legge Alfano a detta dell’ANM ci sarà solo nelle procure più ingolfate, come si vede leggendo più attentamente il comunicato. D’altra parte l’1% millantato da Alfano non può assolutamente essere vero, perché altrimenti non avremo un “problema giustizia” e non avremo dunque bisogno di fare una legge al riguardo. (Faccio ovviamente finta che al PresConsMin la promulgazione di questa legge non importi affatto).
Il guaio è che il problema c’è, ma la soluzione non è certo quella. Non so chi ha detto che è l’equivalente di dire “l’Eurostar Milano-Roma deve impiegare al più quattro ore; dopo duecentoquaranta minuti si deve fermare e fa scendere i passeggeri ovunque ci si trovi”. E tralasciamo incongruenze come l’esclusione del reato di immigrazione clandestina dalla lista dei processi accorciabili, tanto per far piacere alla Lega. Un processo di quel tipo si risolve in un attimo, quindi non ha certo problemi di fretta.
Ma perché i processi in Italia sono così lunghi? Ci sono almeno quattro motivi. Pochi giudici (e cancellieri e personale dei tribunali); farraginosità delle procedure; pubblici ministeri che cercano di allungare i tempi; difensori che cercano di allungare i tempi. Preso atto che questo governo, come del resto i precedenti, non si sogna nemmeno di fare qualcosa per i primi due punti, restano gli altri due. Come sa chiunque abbia studiato un po’ di ottimizzazione, occorre trovare un modo per mettere l’un conto l’altra le due parti con interessi opposti. Difficile? Nemmeno troppo. Ad esempio il rito abbreviato serve proprio a quello. L’imputato sa che se si dichiara subito colpevole ha comunque uno sconto non indifferente di pena, e se è convinto di non avere troppi cavilli legali da giocare la cosa gli può convenire; il PM vede comunque condannato il reo, cosa che dal suo punto di vista dovrebbe essere l’unica davvero importante.
Il processo breve potrebbe essere ad esempio concepito in questo modo: si dà un tempo anche minore dei due anni proposti ora per il primo grado di giudizio, ma escludendo il tempo concesso alla difesa (e modulando il tempo totale per la gravità del reato e per il numero di imputati). In questo modo l’accusa dovrebbe selezionare quelle che ritiene prove e indizi davvero importanti, mentre la difesa non potrebbe più sfruttare tattiche dilatorie, che tra l’altro sono inerentemente ineguali visto che chi ha più soldi può permettersi il lusso di far perdere tempo e soldi. Ma chissà perché non credo che una riforma simile sia di interesse.
Ultimo aggiornamento: 2009-11-24 11:47
Non sono totalmente d’accordo: in primo luogo non capisco perché l’accusa avrebbe interesse nell’allungare il processo?
Ci sono dei casi dove capita (e.g: rinvia l’imputato a giudizio per avere più tempo per completare le indagini) ma non ha molto senso contingentare i tempi del processo per eliminare questa possibilità, IMHO.
Penso che la cosa più semplice sia sospendere la prescrizione quando inizia il processo inibendo le pratiche delatorie della difesa. Non conosco così bene i meccanismi processuali per suggerire come evitare che l’accusa utilizzi il tempo del processo per fare le indagini ma credo sia da analizzare il meccanismo di acquisizione delle prove.
Ciao
L.
C’è un tribunale, più volte premiato, che ha recuperato tutto l’arretrato sulle cause civili. Non sono servite altre leggi e non hanno raddoppiato l’organico. E’ bastato l’impegno (e l’ingegno) del presidente e la collaborazione di tanti.
Ma mi pare profondamente sbagliato discutere di queste cose come se fossero normali problemi tecnici. Dall’esigenza di uno di evitare i futuri processi nasce solo un danno per tutta la collettività (chiunque sia quell’uno) e non un utile taccone ad istituzioni malmesse.
Sì, bello; ma non funziona così. Si può parlare di tempo “concesso alla difesa” solo per una parte della fase dibattimentale, che è una minima parte della durata del processo; per il resto, sono tempi morti che non sono attribuibili né alla difesa né all’accusa.
@mfisk: un rinvio chiesto dalla difesa come lo chiami?
Un rinvio concesso dalla difesa è tempo concesso alla difesa, certo. Ma, come dicevo, i tempi morti sono altri: ad esempio il meccanismo dell’art. 34 cpp, per il quale il giudice che decide in un grado, anche per un coimputato, non può più partecipare al giudizio (come nel caso di richiesta di applicazione della pena su richiesta della parte): in tal caso si deve smontare il collegio e deferire la causa a un nuovo collegio, con i tempi che ben puoi immaginare.
@Bubbo Bubboni: E’ il tribunale di Torino e non è stata solo buona volontà ma anche un grande sforzo di organizzazione e l’applicazione di un minimo di meritocrazia nella valutazione dei giudici.
Ovviamente questo prescinde dal motivo del processo breve anche perché imporlo dall’alto in tempo zero significa non mettere i presidenti di tribunale in grado di organizzarsi (altra cosa sarebbe dire, contiamo la percentuale di processi che durano più di due anni e diamo un premio ai presidenti di tribunale che sono riusciti ad avere la media inferiore).
@.mau.: però cerchiamo anche di capirci, se la difesa chiede un rinvio di una settimana per consultare un esperto riguardo ad una prova e la sentenza viene rinviata di 6 mesi di chi è la colpa? Non nego che il difensore probabilmente abbia giocato il rinvio sperando che fosse di sei mesi ma lui aveva chiesto una settimana, come gestisci la prescrizione?
Senza contare che, in ogni caso, visto che il termine dei due anni decorre a partire dall’assunzione della qualifica di imputato, si potrebbe avere un allungamento smisurato delle indagini preliminari; il che non fa molta differenza dal punto di vista della ragionevole durata del processo (in entrambi i casi hai la spada della Giustizia che ti dondola sopra la testa…). Di fatto l’unico effetto apprezzabile si avrebbe, guardacaso, sui processi già in corso.
Comunque, questa storia non ve ne ricorda una eguale e contraria? (http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/politica/giustizia-1/anm-processi/anm-processi.html)
@ALG: tante sono le cause del successo che ho riassunto come “impegno (e l’ingegno) del presidente e la collaborazione di tanti”. Da non dimenticare che il presidente è stato mio professore e sicuramente anche questo ha il suo peso :-)
Quello che si evidenzia da questa success story è che non sono state necessarie leggi diverse da quelle disponibili in altri tribunali, la soluzione è stata trovata lavorando su altri piani.
Ribadisco però che chi oggi impo/propone una legge specifica non lo fa certo per risolvere un problema gestionale animato dal ripetto per le istituzioni e dall’amore per il popolo…
La domanda corretta quindi è “c’era una tecnologia migliore per toglierlo dalla galera date le attuali condizioni e circostanze?”. Ove “migliore” vuol dire “che richidesse un minore costo verso una certo partito e un minor consumo di tempo televisivo?”. Francamente non lo so, a me pare che sono in uso le migliori tecnologie, anche tenendo conto che si tratta di bloccare certe grane non ancora in discussione ma su cui le prove non mancano.
@ALG: naturalmente una riforma di questo tipo non può essere messa in pratica dall’oggi al domani; a questo punto non è difficile immaginare di studiare una modulazione dei processi che permetta di avere dei tempi più certi.