Io in linea di principio capisco Berlusconi che si lamenta perché “la libertà di stampa non è libertà di insulto”. La diffamazione è trattata nell’articolo 595 del Codice Penale ed è esplicitamente scritto che «Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.». Se quindi il PresConsMin è convinto che la stampa cattocomunista (così ad occhio tutti, tranne quelli da lui foraggiati direttamente o indirettamente) lo stia insultando, ha tutti i diritti di adire le vie legali; sarà poi il giudice a decidere se è vero o falso.
Essendo i miei ventun lettori molto attenti, avranno sicuramente notato qual è la parola chiave in tutto il mio ragionamento qui sopra: penale. Le cause intentate da Silvio B. non sono penali ma civili, come del resto fanno oramai tutti in Italia: un ottimo modo per intimidire l’avversario senza grosse spese (gli avvocati in genere sono pagati in ogni caso, e averli lì a far nulla può far loro venire strani pensieri). Diciamo che la situazione sarebbe già un po’ più sostenibile se chi intende andare a giudizio – nel caso perdesse la causa – fosse costretto a pagare a chi è stato ingiustamente citato il 20% della somma richiesta; ma a parte il fatto che una legge del genere non verrebbe mai promulgata, per Berlusconi sarebbero comunque noccioline. Bella nazione, vero?
(PS: non ho nulla a priori contro una richiesta danni in sede civile dopo che in sede penale si è deliberata la colpevolezza del diffamatore)
Ultimo aggiornamento: 2009-09-07 10:51
Caro mau, buona nota…. senonchè, il problema è che la legge sulla diffamazione a mezzo stampa in Italia punisce anche quando si è detta la verità. Ovvero, è onere dell’imputato dimostrare che non è stata violata l'”onorabilità” del querelando. Negli USA non è così. Se uno dice cose vere, queste sono. In Italia, estremizzando, ma neanche tanto, tu puoi essere querelato e, soprattutto, condannato per aver dedotto dalle carte processuali il nome del corruttore dell’avvocato Mills e così facendo avresti infangato l'”onorabilità” dell’ipotetico :) querelando.
Nota che questa è una legge molto usata per controllare qualunque giornalista che tiene famiglia. Facciamo l’ipotesi che sei un giornalista di una testata berlusconiana (e.g., Panorama) e ti metti a scrivere qualcosa di non gradito sull’ex-segretario PD (ad esempio sulle “varianti di progetto” a Roma nelle precedenti amministrazioni), costui o il suo ex-assessore-ora-onorevole ti può far causa per diffamazione. Il tuo capo (il Presidente del Consiglio) ti paga le spese processuali e tu hai la tua libertà di giornalista tarpata due volte.
La riforma di questa legge (in senso americano) migliorerebbe tantissimo le sorti della libertà di stampa in Italia.
NB. Questa non è farina del mio sacco. Alexander Stille ne ha scritto nel suo libro “The Sack of Rome”.
Non ho capito la differenza delle spese. Se la facessi penale addirittura non pagheresti nulla, perché se trovi un PM che reputa che la diffamazione sia portare davnti ad un GIP ci pensa lui, a spese dello stato, a mazzulare il tuo avversario.
@FF: nella causa penale, per quanto ne so – ma potrei sbagliarmi – non chiedi un risarcimento: quello andrebbe chiesto nella causa civile successiva. Solo che si salta ormai sempre il primo passo.
La causa penale non fa paura a nessuno. Se uno è minimamente accorto a quello che dice, è difficilissimo essere condannati in sede penale.
La causa civile fa molta più paura perché si sparano cifre in libertà quasi totale ed i margini di manovra sono molto più larghi che nel penale. Semplicemente si colpisce con lo strumento che fa più male. Lo disse anche Maroni qualche anno fa…
@mestesso: quindi concordi che la causa civile NON è fatta per vedere se effettivamente una persona è stata diffamata.
Tutto questo sarebbe vero se il PresConsMin non fosse già stato coimputato in un processo nel quale è emerso, senza alcun dubbio, che i suoi avvocati per conto del suo gruppo erano adusi comprare sentenze favorevoli da alcuni giudici che sono stati a loro volta condannati, vedi caso Lodo Mondadori.
Francamente andare in causa con qualcuno che ha avuto a libro paga professionisti che comprano sentenze mi sembra piuttosto pericolosa come attività, visto che già è difficile avere giustizia quando il tuo oppositore è un poveraccio come te, il giudice onesto e tu hai ragione.
Pensa un po’ andare contro qualcuno che è super potente, che magari ha comprato il giudice e magari le cose che hai scritto sono sul ciglio fra quello che si può dire e quello che è diffamatorio….
Marco Travaglio è stato condannato contro Previti (che poi è stato condannato in quanto materialmente corruttore di giudici) per aver scritto che è un “abituale cliente della procura”.
Detto di uno che si è pescato 5 anni di gabbia.
C’è un po’ di confusione (peraltro facilmente comprensibile, dato che io stesso, che pur dovrei essere un tecnico della materia, ci ho messo un po’ di tempo a chiarirmi le idee quando qualche tempo addietro ho dovuto esaminare la questione). Dovrò scriverci sopra qualcosa (qui nei commenti certo non una spiegazione non ci sta): lo prendo come un impegno.
@.mau.: la relazione penale->civile non è affatto scontata.
Da Wikipedia:
“In diritto italiano la tesi tradizionale vedeva la condanna penale come presupposto per una azione di risarcimento danni.
La materia risulta profondamente innovata dopo che la Corte di Cassazione, prima sezione civile con sentenza n. 5259 del 18 ottobre 1984 ha fissato quello che nel gergo giornalistico è stato chiamato il decalogo. In particolare è stato fissato il criterio, poi diventato accolto unanimamente, che chi sente leso il proprio onore può chiedere direttamente il risarcimento con una azione davanti al giudice civile, senza necessità di una querela in sede penale. Può esserci un illecito civile che non sia anche penale, mentre un illecito penale comporta sempre anche una illecità civile.”
Anche in altri ambiti è stata estesa suddetta possibilità.
E’ un comportamento assolutamente corretto e legale.
Mi duole dover sottolineare che, al contrario del penale dove la presenza di reato obbliga il magistrato a procedere, nel civile anche nei casi di gravi reati penali, come ad esempio l’omicidio colposo di chi in auto uccide un passante, tale obbligo non sussiste. Col risultato che le persone colpite da un lutto di questo tipo, se non sono ben assistite dal punto di vista legale, non beccano nemmeno un ghello come risarcimento danni. L’ultima frase della Cassazione suona quindi tragicamente ironica, perché tecnicamente vera ma inapplicata.