Nell’era di Internet il giornalismo non può più essere quello di un tempo, almeno esteriormente. Marco Pratellesi, caporedattore di corriere.it, racconta così in questo libro (Marco Pratellesi, New Journalism, Bruno Mondadori – Campus – 2008, pag. 240, € 18, ISBN 978-88-6159-236-0) le “teorie e pratiche del giornalismo multimediale”. La tesi fondamentale di Pratellesi è che la professione del giornalista è cambiata solo esteriormente; un tempo doveva consumarsi le scarpe girando per la città a caccia di notizie, mentre adesso magari si consuma gli occhi davanti al pc; ma in fin dei conti continua ad essere un mediatore tra le notizie e i lettori, selezionando spiegando approfondendo collegando i fatti che ritiene più importanti. La prima parte che racconta le tappe miliari del giornalismo e l’ultima in cui dà un’idea di come è mutato il lavoro in redazione sono interessanti, così come la sitografia ragionata al termine del testo; poco convincenti invece i capitoli di consigli a chi vuol seguire questa carriera, comprese le norme grammaticali (!). Il punto più debole del libro è però la sua ripetitività. Mi è capitato più di una volta di fermarmi, certo di essermi sbagliato a riprendere il segnalibro e di avere già letto quella pagina; invece era una banale, ennesima ripetizione degli stessi concetti. Un taglio di un terzo del libro sarebbe stato davvero utile!
Ultimo aggiornamento: 2009-09-01 07:00
Poi magari gli toccava tagliare un terzo del prezzo di copertina. :)
Non ho letto il libro (e sarebbe interessante trovare il tempo di leggerlo), pero’ immagino che Pratellesi veda le cose dal punto di vista di un caporedattore, che organizza e seleziona le notizie.
Per me, la figura chiave del giornalista e’ in primo luogo quella dell’inviato, che *va* sui luoghi dove succede qualcosa (un tribunale, un incidente, una guerra) e riporta quel che vede con i suoi occhi.
In internet certo ci sono tante notizie da raccogliere e commentare, ma le notizie non nascono da sole, ci vuole sempre un ‘testimone oculare’ con la giusta sensibilta’ che estragga dalla realta’ qualcosa di interessante da raccontare.
@maxxfi: ho accorciato molto la recensione, ma naturalmente Pratellesi parla del ruolo degli inviati, anche se appunto afferma che a differenza di vent’anni fa oggi c’è meno bisogno di un inviato “cittadino”, che allora serviva soprattutto a riempire le pagine del quotidiano. Ma l’inviato estero è insostituibile: più che altro non ci sarà più la troupe inviata in giro, ma il giornalista deve sapere fare anche foto e magari video.
@maxxfi: “dal punto di vista di un caporedattore, che organizza e seleziona le notizie”
il ruolo del caporedattore è più complesso di questo. Decide che tipo di notizie devono apparire, determina cioè e non seleziona le notizie. Detta una linea pratica di conduzione, che cambia dinamicamente in base alle condizioni del giorno, ed in base ai “grandi avvenimenti” che possono cambiarne anche profondamente la gestione.
Quando la gestione ordinaria lo permette, sperimenta anche nuovi contenuti (dove per contenuto si intende sia la tipologia del contenitore, sia il contenuto stesso).
Il caporedattore è molto simile ad un broker di borsa, che in base all’aria che tira compra e vende su mercati diversi, con la stessa velocità e foga, almeno quelli che ho incontrato io mi davano questa idea :-).
Pratellesi mi piace si e no, ma mi piacerebbe vedere se riesco a trovare il libro in biblioteca.
@.mau.: Grazie per la precisazione, che (per come la vedo) rende la tesi piu’ credibile.
@mestesso: si hai ragione. Intendevo dire che come caporedattore il suo posto e’ di stare in sede, non andare in giro per il mondo a cercare notizie.
Non leggerò mai un libro di un giornalista (sic!) che abusa della lingua Inglese già dal titolo.
Ovvero, ogni nazione ha i giornalisti che si merita.