È di questi giorni la notizia della chiusura di un’altra libreria milanese sufficientemente nota, la Libreria di Porta Romana; chiusura che segue quella degli Archivi del ‘900 (che mi ero perso, dopo il loro spostamento dalla parte opposta di Milano rispetto a casa mia) e quella della Libreria del Giallo.
Il Corsera ieri ha parlato un po’ più a lungo di questa moria di librerie, e aperto un forum dove come al solito è meglio lasciar perdere la lettura se non si ha il coraggio e la forza di tirare fuori le poche perle nel mare magnum dei commenti. Sapendo che qua nell’orticello il rapporto segnale/rumore è molto più alto, vi chiedo che cosa ne pensiate.
Da come la vedo io, il mercato dei libri, oltre che contrarsi, si è estremizzato; abbiamo da un lato i bestseller che trovi anche all’autogrill, da un altro lato le iperlibrerie tipo Feltrinelli e Mondadori, almeno nelle grandi città come Milano, e infine Internet per i divoratori di volumi e chi cerca opere della cosiddetta coda lunga (quorum ego). Forse nella cittadina da 20-30000 abitanti, diciamo anche 50000, una libreria “classica” – di quelle dove puoi chiacchierare con il libraio che ti consiglia il libro giusto per te e magari te l’ha anche tenuto da parte – può funzionare ancora. Ma mi sa che in una grande città il modello sia ormai irrimediabilmente superato. Il libro è un prodotto, e lo si vende come al supermercato. I gourmet ci sono ancora, ma l’offerta è così ampia che nessuna libreria standard può riuscire a gestire un magazzino decente.
Forse un print-on-demand davvero funzionante sarebbe una soluzione: mentre chiacchieri col libraio ti viene immediatamente stampata la tua copia. Ma questa mi sa sia troppo fantascienza.
Ultimo aggiornamento: 2009-08-28 07:00
ebook! Basta con tutta ‘sta carta. È l’ora delle librerie virtuali su internet. Mi spiace Maurizio, ma temo per gli appassionati della cellulosa e dell’inchiostro che sia giunto i tramonto della carta stampata. Sarebbe anche bello se cominciassero ad uscire degli ebook reader decenti e poco costosi, però … :-)
Ciao
Diciamo che se gli italiani leggessero globalmente un po’ di più le soglie di sopravvivenza non sarebbero così risicate (anche se è vero che le librerie esistono per i lettori e non i lettori per le librerie).
Purtroppo il libro è sempre più un prodotto. E non solo negli autogrill e negli ipermercati.
I librai, almeno quelli dalle mie parti, sono sempre meno divoratori di libri e dispensatori di suggerimenti e sempre più venditori di carta stampata.
Le poche librerie vere però stanno perdendo la massa critica di seguaci per poter continuare a campare. Gli studi di settore sono ingloriosi per questi non negozi e li trattano alla stregua di una qualunque cartoleria.
Che si tratti di e-book o di POD davvero .mau. credi che sia l’equivalente di prendere in mano un libro, sfogliarlo, annusarlo guardare la cura messa anche nella legatura ed in seguito acquistarlo?
Il mercato dei libri sta seguendo quello della musica. Quanti negozi di dischi sono rimasti? Con i dischi in vinile che ascoltavi prima dell’acquisto. Ormai ci sono solo CD ed MP3.
Sono un libraio, da qualche mese, e già penso a quando mi troverò costretto, fra pochi mesi, a chiuderà la mia attività: perchè davvero non c’è più mercato, nemmeno nei piccoli centri, per le piccole librerie indipendenti.
I fatti sono questi:
a)la platea dei lettori è ridottissima(meno del 50% della popolazione italiana adulta legge almeno un libro all’anno, e sono pochissimi quelli che ne leggono almeno 3, non più del 15-20%).
b)il mercato editoriale decresce(-9% dal 2002 al 2008)
c)aumenta sempre di più il peso della GDO, delle grandi catene(Feltrinelli, Mel,Mondadori etc.), e di internet(IBS, BOL), sul totale delle vendite di libri
d)Il mercato è sempre più centrato sui bestsellers del momento, che si trovano ovunque: alla posta, in edicola, dal tabaccaio, all’autogrill, al supermercato più squallido, da Mediaworld, nel negozio di giocattoli…ovunque(e il mio fornitore se ne vanta pure, di aver portato il libro ovunque!!!), sicchè il piccolo libraio perde quote di mercato importanti a favore delle vicine…poste
e)PUNTO PIU’ IMPORTANTE DI TUTTI, non c’è paragone fra i margini concessi alla GDO e alle grandi catene (fino al 60% di sconto) rispetto a quelli concessi ai piccoli librai(fino al 35%, ma più spesso il 27 netto)dai fornitori. Questo fa la differenza: perchè si traduce in campagne di sconti che il piccolo libraio non può permettersi.Il libro è lo stesso ovunque, ma al supermercato lo prendo col 15-20% di sconto…
Ergo, non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza per il piccolo-medio libraio. Spariremo tutti nel giro di pochi anni.
Il danno vero è questo: i bestsellers si troveranno ovunque, ma per cercare “l’antiedipo” di Deleuze-Guattari o un capolavoro di qualche anno addietro bisognerà per forza o recarsi in un grande megastore sito in un capoluogo di provincia, o ordinare via internet, senza poter fisicamente sfogliare il libro. E questo allontanerà molte persone dalla lettura dei libri “importanti”, di valore.
@.ugo.: l’ebook – a parte il costo dei lettori – è una cosa ben diversa da un libro. Un manuale tecnico me lo posso tenere in formato elettronico; ma tanto per dire io mi sono comprato il Cd-rom con la collezione dei libri canonici di Martin Gardner solo per la comodità di cercare una frase quando mi serve, ma non mi sogno certo di buttare al macero gli originali!
@Weissbach: il mercato italiano, come scrivevo, è polarizzato. A parte i pochi bestseller, la differenza col resto dell’Europa è che lì leggono tutti anche se poco; qui da noi a leggere sono in pochissimi, ma in compenso questi sono lettori molto più forti che altrove.
Interessante è anche sentire cosa ne pensano i librai, consiglio questo blog:
http://fronteretro.blogspot.com/ che parla spesso e volentieri del problema (e consiglia ottimi libri di lettura che forse al supermercato non si trovano).
Passare alla grande distribuzione per tutto si sa bene a cosa porta: ad una scelta ridotta e più o meno quello che è successo alla televisione, l’offerta di solo quello che “vende di più”, non credo che possa essere un miglioramento in generale.
Nelle grandi città la situazione è quella che dici tu. Ma nelle piccole le cose invece vanno meglio.
In generale, non fosse altro che per l’inflazione, i costi fissi (affitto, personale, luce…) aumentano. D’altro canto il consumo di libri non aumenta allo stesso modo. Quindi quegli esercizi che non hanno un giro sufficientemente alto muoiono. I piccoli esercizi inoltre soffrono molto la concorrenza dei grandi, ed anche di internet.
Nelle grandi città i costi aumentano di più che nelle piccole. Inoltre secondo me c’era un eccesso di offerta. Il problema quindi si estremizza come dici tu.
Nelle piccole però la presenza di librerie era in generale, molto bassa. Per fare un esempio pratico, a Como, fino a tre anni fa c’erano quattro (4) librerie per 100.000 abitanti. Ed era grasso che cola: più a sud si va, peggio è, so di casi con due librerie su 100.000 abitanti. In provincia il numero di lettori è aumentato, ed ora a Como sono nate due nuove librerie.
Non è affatto vero che si vendono meno libri: al contrario, il numero è aumentato, ma il valore medio del libro si abbassa, insieme ai fatturati. Nelle piccole città quindi resisteranno quelle più “generologiche” e maggiormente attente al cliente “fisico”. Infatti io mi chiedo quanto potrà durare questa bellissima libreria specializzata nel cinema a Como vicino alla mia ex-casa.
Siamo onesti: tralasciando il caso (sempre più raro) del libraio che tutto ha letto e che tutto sa e che quindi è in grado di consigliarti libri poco noti ma veramente degni di essere letti le librerie che mi capita di vedere mediamente contengono una montagna di paccottiglia (triste ma vero i libri sui Tokio Hotel vendono bene), una buona dose di libri appena usciti e qualche sparuto fondo di magazzino.
Se mi viene in mente di comprare un libro che non è nè un best-seller nè un classico della letteratura e magari è uscito un paio di anni fa le probabilità di trovarlo in libreria sono pari a zero. Un po’ meglio va se me lo vado a cercare su Amazon&Co. ma anche lì sperare di trovare cose un po’ meno main-stream è una pia illusione.
In conclusione concordo con .mau.: sarebbe l’ora di far funzionare l’idea del “print-on-demand”.
@S.: pensi che un libraio possa realmente LEGGERE non dico i 60.000 libri nuovi editi all’anno, ma anche solo i 1000 nuovi che propone nella sua libreria?E quando lo trova il tempo?Stare in libreria significa lavorare, il tempo per leggere è poco. Io ho letto 40 libri negli ultimi 5 mesi, eppure la gente mi accusa di essere un libraio che non legge(magari perchè non so dir nulla dell’ultimo libro di Moccia, che alla fine è quello che gli interessa, e invece ho letto Valeria Parrella che non interessa a nessuno). Il problema è che l’offerta è frantumata in mille rivoli.
@mestesso: a te 4 librerie in una città da 100.000 abitanti sembrano poche?In realtà in Italia di più non si regge.Col mercato attuale, il bacino di utenza minimo per una libreria che vuole campare, deve essere di 15-20.000 abitanti.Basta fare due conti: su 20.000 abitanti, 10.000 non li vedrai mai.6-7000 li vedrai una volta l’anno(ergo: 7000 libri venduti, 75.000 euro di fatturato). Sugli altri 3000, puoi sperare di vendere mettiamo 3-4 libri a testa in media: ergo altri 100-120k euro di fatturato, e così hai una libreria che fa un minimo di utile e può mantenersi.
@JB: quella che tu chiami paccottiglia(con ragione, in un certo senso)è ciò che ti permette di far entrare in libreria gente che altrimenti andrebbe altrove, tipo ragazzetti adolescenti, lettori deboli, semi-analfabeti, semplici curiosi. Qualcuno di quello poi ti chiederà pian piano anche libri più seri. E cmq serve per campare. Non si può più fare i librai snob.
Quanto all’irreperibilità di libri usciti anche solo due anni prima, non è colpa dei librai: il problema è che i distributori e le case editrici li fanno proprio sparire. Quando li ordini(anche come libraio, per la libreria)occorre attendere, a volte anche settimane. Cercano di fare in modo che il mercato si orienti solo sulle novità e sui long-sellers. Questo per ridurre i costi derivanti dalle rese, soprattutto(che sono costi sia per il libraio, che per il grossista e soprattutto per l’editore).
Piena solidarietà a P.G., ma purtroppo se il libro è una merce come le altre -e lo è- le librerie son destinate a seguire la via dei negozietti vs GDO. E perché mai si dovrebbe andare dal libraio per farsi stampare il print-on-demand, .mau.? Ognuno se lo stamperà da sé a casina sua.
Se posso dire: mi sembra singolare che sino ad ora nessuno abbia menzionato le biblioteche, siete tutti rosi dal tarlo della proprietà? ;)
@P.G.: mi sa che saper dire qualcosa dell’ultimo libro di Moccia (anche senza averlo letto) sia virtualmente obbligatorio per un libraio. Per il resto, più che le 1000 opere nuove l’anno che gli entrano in libreria, probabilmente il libraio dovrebbe poter consigliarne una qualche dozzina: sarebbe sempre un ago nel pagliaio, ma forse ci potrebbe essere una sinergia con le piccole case editrici, vedi ad esempio Meridiano Zero che raccoglie le recensioni degli utenti e le manda in newsletter.
@equipaje: un print on demand con un risultato decente non te lo fai certo stampandotelo a casina tua con la stampante a inchiostro. Quanto alle biblioteche, posso assicurarti che la mia di zona mi conosce fin troppo bene – per non parlare di mia moglie, soprattutto da quando ha scoperto le delizie del prestito interbibliotecario. Ma di feticismo comunque ne rimane, e poi i miei libri di matematica ricreativa che recensisco di quando in quando dove vuoi che li trovi?
@Mau: infatti non ho detto che non so dire nulla del libro di Moccia. Ho detto che molta gente pretende anche che me lo legga :-) Il problema è che raramente ti chiederanno, che so, mi dica qualcosa del “viaggio etc.etc.” di Celine. E alla fine il libraio si trasforma in venditore per forza: costretto a usare paroloni commerciali per libri altrimenti insignificanti.
Posso permettermi di lasciare la mia opinione di lettore compulsivo?
Essendo cresciuto in un piccolo paese senza una libreria non posso dire di conoscere bene questo mondo, i libri li ho sempre o ricevuti in regalo (parenti molto generosi nel regalare libri, una fortuna!) o acquistati in grandi librerie impersonali o con cataloghi/on-line.
Quello che mi viene da pensare, tuttavia, è che le libreria non siano al passo con la domanda dei loro potenziali clienti. Provo a spiegarmi, il potenziale cliente di una libreria non può essere il ragazzino che legge il libro di Moccia o l’ultimo best-seller perché ne parlano in Tv (mi è capitato di sentire ragazzine in treno discutere di Gomorra senza averlo evidentemente capito, e ce ne vuole!).
Per questi libri e questi clienti la GDO è più che sufficiente e la libreria non ha capacità attrattiva adeguata (per quanto sia utile).
La categoria del lettore appassionato ha un profilo diverso, tipicamente è una persona con istruzione universitaria che svolge un lavoro intellettuale sufficientemente ben remunerato (nonostante i libri costino poco, con 800 euro al mese vivere è piuttosto sfidante ed i libri sono la prima spesa tagliata).
Però questa categoria tipicamente ha poco tempo negli orari di apertura convenzionali delle librerie. L’altro grande problema, già ampiamente segnalato, è il crescere della richiesta per libri meno diffusi o magari vecchi che non è possibile recuperare facilmente anche in librerie ben fornite.
Probabilmente il print-on-demand è un elemento della soluzione in quanto consentirebbe di estendere il catalogo in modo illimitato ma è necessario anche un cambio di approccio da parte dei librai, o se vogliamo, una modernizzazione del loro approccio classico che li ha fatti sopravvivere finora. Premetto che non ho la ricetta pronta ma orari più flessibili, offrire come fanno alcuni un limitato servizio bar per facilitare la conversazione con i clienti, l’uso di strumenti di publicizzazione adeguati da parte degli editori (vedi l’iniziativa di Meridiano Zero sopra citata) etc etc…
In un certo senso mi immagino il libraio di fiducia come una sorta di psicanalista delle letture…
A Varese dovrebbero esserci 9 o 10 librerie. Posso confermare che 5 ci sono ancora visto che ci sono stato di recente :-)
sta cambiando il mondo, non mi meraviglio che cambi anche il ruolo dei librai.
ultimamente prima di comprare (anzi, ordinare) libri “non main-stream” consulto internet alla ricerca di informazioni, stralci, recensioni. solo così mi convinco dell’acquisto. andare in una libreria per sperare di trovare un libro da sfogliare mi sembra quasi una perdita di tempo.
per inciso il print-on-demand non mi sembra fondamentale: sono sufficienti tempi celeri di consegna
ciao
sinceramente ritengo che il problema sia abbastanza complesso.
Secondo me, dobbiamo tenere conto che
1) in Italia si legge pochissimo e quello che si legge sono appunto i grandi “successi”, dove per questo intendo ciò che viene pompato come il libro del momento (da moccia a larsson con “uomini che odiano le donne”, quest’ultimo per mesi lo avevano tutti qui a milano, comprese le ulteriori due uscite). tolti questi, gli italiani non leggono, preferiscono ascoltare l’ipod o vedere la tv, gli stessi giornali non vengono letti, se non i free press e non diciamoci che i free press hanno aiutato a far leggere di più gli italiani. i free press sono pieni di strilli e la maggior parte di questi sono abbastanza scadenti
il punto è che bisognerebbe alimentare un circolo virtuoso che parte dall’educazione alla lettura, percorso che, se intrapreso a livello di scuola ed educazione dei figli, porterà risultati tra 10 anni
2) in Italia ormai tutti andiamo dove ci danno i punti o ci scontano il 10%, insomma per qualche euro preferiamo andare nei grandi magazzini del libro…dovremmo assumere un po’ di consapevolezza e dire, ok, oggi questo libro lo compro in una libreria indipendente. insomma, come consumatori, abbiamo libertà
3) io ci provo a leggere i pdf di quotidiani e libri, ma è proprio un’altra cosa…
ciao
Claudio
ps: giusto per riferimento,ho 36 anni
A Roma c’è il caso Arion che è un po’ particolare. E’ un gruppo nato dall’associazione di alcune librerie indipendenti, ora ne conta più di venti credo. Le dimensioni gli permettono di avere la giusta forza nei confronti dei distributori. Per quanto riguardo l’assortimento hanno deciso che tutti i punti ventita condividono circa il 10% del catalogo (i bestseller) per il restante 90% le librerie tendenzialmente si diversificano, in questo modo chi entra in una libreria del gruppo riesce ad avere la disponibilità di un numero enorme di titoli diversi. Anche il mio cliente libreria online ha un rapporto di partnership con loro e spesso preferisce comprare da loro piuttosto che da tanti piccoli editori che forniscono con difficoltà.
Il caso Arion è in effetti un esempio interessante(ricordo con piacere di averne visitate alcune anni fa, sempre ben fornite e ben organizzate anche su campi non esattamente di massima vendibilità).
Ma non è un modello esportabile al di fuori di realtà come Roma, Milano, e città grandi simili. La verità è che le librerie indipendenti ormai hanno spazi(ridottissimi peraltro)solo nelle piccole realtà di provincia. Città sui 20-40.000 abitanti, non universitarie, dove c’è bacino di utenza sufficiente per una piccola libreria, ma non per una libreria di catena.
Sotto queste cifre c’è spazio al massimo per un emporio, purtroppo, che vende anche libri – magari insieme ai saponi e agli assorbenti. O insieme ai giocattoli, alle sigarette, ai gratta e vinci.
Sopra i 40.000 abitanti, potrebbe arrivare da un momento all’altro una Ubik o una Mondadori, e spazzar via tutto(ultimamente una Mondadori si è aperta persino a Sarzana, 21.000 abitanti e già 3-4 librerie esistenti. Che ovviamente moriranno nel giro di pochi anni).