2012 – fine del mondo (informatico)

Non c’entra nulla il calendario Maya, Giacobbo o le tempeste solari. Parlavo un paio di settimane fa con Loris e altri informatici, e mi dicevano che il webcast di Radio105 – non mi ricordo quale trasmissione, qualcosa tipo “viva la foca” – aveva raggiunto picchi di 6 gigabit al secondo di banda richiesta, e che di questo passo tra tre anni si sarebbe saturata Internet.
Fin qua nulla di strano, ai tempi di Usenet si sarebbe detto “film at eleven”; quello che però è a mio parere demenziale è il motivo per cui le cose stanno andando così. Semplificando all’estremo, ci sono due modi diversi di mandare dati a molte persone contemporaneamente. Il primo è usare un indirizzo speciale che può essere condiviso da più persone, e inviare i dati alla “come viene viene”, senza preoccuparsi di verificare che siano arrivati (multicast UDP). Il secondo prepara un canale per ogni persona, e verifica che i bit arrivino tutti regolarmente all’utente finale (flash embedded, in TCP). È ovvio a tutti che ennuplicare una trasmissione che stanno vedendo tutti è solo una perdita di banda; è meno ovvio che la verifica dei dati non serva, ma se ci pensate un attimo non state scaricandovi un file ma guardando un programma dal vivo, e quello che si è perso non lo si può certo recuperare.
Ma allora perché non si usa il primo sistema? È forse troppo recente? Macché, funzionava già trent’anni fa. Peccato però che i vari firewall aziendali sono configurati per eliminare i pacchetti UDP, e quindi chi trasmette è costretto a fare un’operazione assolutamente illogica e costosa: il tutto per mostrare le qualità intrinseche del mercato, che sceglie automaticamente le migliori soluzioni!

Ultimo aggiornamento: 2009-07-30 08:00

9 pensieri su “2012 – fine del mondo (informatico)

  1. Fabio Forno

    Non posso non commentare, ma mi innervosce un po’ quando si tira in ballo il mercato a sproposito per n motivi. Prima di tutto neppure il liberista più convinto sosterrà che nel transitori il mercato sceglie sempre la migliore delle soluzioni, anzi il mercato come l’evoluzione procede attraverso tanti piccoli errori e per quanto riguarda lo streaming in rete siamo ancora in un trasitorio.
    Il secondo sproposito è dare per implicita una fuzione obiettivo, in questo caso minimizzare banda, ma non è detto che oggi sia così, anzi…
    Il terzo è che nel ragionamento si dà per scontato che chi è dietro un firewall (si solito un dipendente) abbia il diritto di aggirarlo: non mi sembra compito del mercato aiutarlo nel infrangere le regole.
    Infine il problema del multicast (per quando mi dicono) è anche dovuto ai carrier che mi sembra che siano molto propensi a propagarlo e qui siamo in una situazione se non di monopolio, almeno di oligopolio, altro caso in cui il mercato in realtà non è mercato viziato e non gli si può dare colpe che derivano da chi in realtà lo limita.
    Più praticamente, per fare meno teoria, è un problema la struttura del mercato attuale? Lo streaming per lo più funziona e chi fa streaming campa. Un domani che vi fossero dei problemi probabilmente qualcuno inizierà a fare streaming free via udp multicast e a pagamento via tcp, io come utente, sempre nel mercato, sceglierò il provider che me lo supporta; se sono invece in ufficio dietro un firewall pagherò, se ritengo che per me abbia un valore, per aggirare le regole del datore di lavoro…

  2. asd

    Non esiste il “multicast UDP” , esiste l’ “IP multicast” che tuttora non viene implementato da molti provider :) ( poi perche’ usare UDP sull’ IP multicast? gia’ che siamo in vena di innovazioni si potrebbe fare IP multicast + SCTP + RTP )
    > Peccato però che i vari firewall aziendali sono configurati per eliminare i pacchetti UDP
    Infatti da anni le query DNS sono solo TCP vero ? :)

  3. mestesso

    La fai troppo semplice…asd dice giusto, io aggiungo (premessa: sono uno dei (ir)responsabili dell’implementazione del servizio Vodafone Live di streaming su telefonino..):
    a) mi spieghi per quale cavolo di motivo un povero utente non può guardarsi un bravo filmetto all’ora che vuole lui e non quando glielo impone il broadcaster? Risposta: è il mercato che lo chiede. Io utente voglio vedere quello che voglio quando voglio. Quindi, niente multicast per i film (o per dirla in altri termini, io dico quando partire, poi mi posso anche perdere qualche pacchetto per strada). Quindi al più unicast, su IP sempre e comunque (che mica fa controlli di integrità…proprio come UDP cui è fratello).
    b) oggi la banda (dal punto di vista del broadcaster) è *infinita*. O meglio, tanto grande da poter essere definita come tale. Perché i grandi utenti comprano tubi grandi, ed i tubi grandi costano (relativamente) poco rispetto a tanti tubi piccolini. Il costo in altri termini *non* è nella banda, ma nella gestione del servizio e nel pagamento dei diritti.
    c) la tecnologia deve servire l’utente e non viceversa. IO, che sono uno sviluppatore *tecnico con le palle quadre* di telefonia e networking, quindi anni secchi di esperienza nel settore, uso la tecnologia per dare all’utente quello che chiede, mica sbandiero tecnologie di minchia per fare mercato. Si, certo, trenta anni fa era diverso: o questa minestra tecnologica o salti la finestra. Ora siamo noi tennici a saltare ;-).
    Chemmincha frega all’utente se ci sono più o meno bit che passano per il tubo se si vuole vedere un pornazzo sul telefonino? Nulla. Chemminchia frega all’utente se una roba è tecnicamente logica o meno? Ma l’utente vuole quello che chiede. Se l’utente vuole vedersi sul telefono le Iene, è una esigenza logica? No. E non deve (necessariamente) esserlo. Devo sempre essere razionale, prevedibile, scontato? Ma che due coglioni…quando ne ho voglia, vorrei vedere sul telefonino certi dati che i vari firewall aziendali mi bloccano, oppure il telegiornale oppure gli spot di carosello. Quando e come voglio, anche se in maniera abnorme ed inefficiente.

  4. .mau.

    Nella preistoria mi avevano insegnato che IP era a livello 2 OSI, mentre TCP e UDP sono a livello 3 sopra IP. (poi non esiste nulla a livello 4,5,6 e si passa al 7).
    Per il resto, se scarichi un podcast mi pare ovvio che vuoi averlo tutto e quindi userai un protocollo che permetta lo scaricamento completo e senza errori, ma qui stavo parlando di live streaming.

  5. ALG

    @.mau.:
    Veramente IP sarebbe livello 3, TCP e UDP livello 4. Non è vero che 5 e 6 manchino, sono livelli nel dominio diretto dell’applicazione utilizzata e molto spesso non vengono usati. Ma non è raro vedere HTTP come livello 5, e.g: le XML-RPC che vanno di moda nel Web 2.0 usano HTTP come layer 5 ed XML come layer 6.
    Ovviamente si usa UDP per riuscire a fare il multiplexing delle porte, quindi è leggermente utile. SCTP come livello 4 può avere un senso (a mio avviso dubbio!) ma è un protocollo intrensecamente unicast. Per il multicast serve UDP.
    Riguardo alle altre osservazioni direi che ti è stato già risposto.
    P.s: sarebbe bene capire quali sono le leggi di crescita del traffico che non possono essere necessariamente delle leggi esponenziali essendo la base utente limitata e quali siano le prospettive di crescita della banda.
    Ciao

  6. .mau.

    ok, ho sbagliato numeo di livello. Resta il fatto che TCP e UDP sono allo stesso livello.

  7. Fang

    In genere, quando si parla di mercato, ci si concentra sulla distribuzione, tralasciando un punto anche più importante: la trasformazione che il mercato produce sull’ambiente.
    Supponiamo che ci sia una richiesta che, per vari motivi, non sfrutta bene una risorsa: si potrebbe dire che eliminando il mercato, pianificando a priori -tenendo salvo quello che dice FF sul problema di definire la funzione da massimizzare: tu la definisci in base a quelle che tu ritieni siano le priorità, creando in effetti un “mercato” basato su di te :)- si potrebbe ottenerne un uso “migliore”.
    D’altro canto un uso della risorsa eccessivo e non ben pianificato, che ne porterà all’esaurimento, spinge a cercare alternative, ovvero a cambiare non solo la distribuzione e l’uso della risorsa (causato dal semplice aumento del costo della stessa), ma a cambiare proprio la natura della risorsa, plasmando l’ambiente in funzione dell’uso che se ne vuole fare.
    In pratica una situazione in cui in un certo momento si butta via inutilmente mezzo pollo, lasciandone solo mezzo a testa unito a un certo appettito residuo, perché, per qualche motivo, così vuole il mercato, porterà a studiare i metodi per raddoppiare il numero dei polli a disposizione[1].
    [1] Ovviamente laddove sia possibile un simile sviluppo. Se questo non fosse possibile, ci sarebbero le conseguenze che ci sono normalmente quando una risorsa ha un’offerta minore della domanda: l’aumento dei prezzi. E se l’aumento fosse tale da precluderne l’uso a un’ampia parte della popolazione e la risorsa fosse (ritenuta) essenziale, le relative conseguenze politiche e sociali.

  8. Fabio Forno

    @Fang: non ho escluso che nel conto rientri l’effetto sull’ambiente, quello che invece sono sono pronto a combattere è che qualcuno che decida dall’alto, per tutti, che se ne debba tenere conto e in che misura, ma questo è molto OT qui ;)
    Cmq quando io parlo di funzione obiettivo dico la tua stessa cosa: quando sento qualcuno che indica qualcosa che non va (per lui) e dice “tutta colpa del mercato” per me sta solo uluando alla luna, senza neppure capirne il perché. Come in tutti i sistemi complessi è molto complicato trovare delle misure ed il “meglio” o il “peggio” dipendono dai punti di vista, quindi il più delle volte se ci sono dei problemi sono da trovare vicino a noi, non nel mercato.

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