Ci sono tanti libri che parlano dell’intelligenza; singolarmente, ce ne sono pochissimi che parlano della stupidità, forse perché i potenziali autori temono di sembrare a loro volta stupidi. Questo non è certo il caso di Giancarlo Livraghi, che in questo breve saggio (Giancarlo Livraghi, Il potere della stupidità, Monti & Ambrosini “Diogene” 20072, pag. 147, € 12, ISBN 978-88-89479-01-8) si cimenta nella non facile impresa di parlare della stupidità in quanto tale. Nei vari capitoletti non si trattano esempi specifici, ma si cercano regole generali per poter riconoscere la stupidità, partendo dai pochi testi scritti sull’argomento – come ad esempio le leggi di Cipolla – e notando come la stupidità si possa pragmaticamente definire come un’azione che non solo danneggia te, ma non è nemmeno di vantaggio agli altri. Tutti noi siamo a volte stupidi: una volta accettato questo assioma risulta più facile operare per ridurre per quanto possibile la stupidità globale, senza però farsi troppe illusioni. Il libro è anche disponibile per uso non commerciale, insieme alla sterminata bibliografia livraghiana sul tema, sul sito http://stupidita.it/ . Nota: ora è in edicola la terza edizione, con una cinquantina di pagine in più.
Ultimo aggiornamento: 2016-02-03 22:21
> notando come la stupidità si possa pragmaticamente definire come
> un’azione che non solo danneggia te, ma non è nemmeno di
> vantaggio agli altri
Questa definizione non mi ha mai convinto, a partire da quando la lessi anni addietro su La Stampa (credo sut uttolibri: sarà stata forse la recensione della prima edizione? Mah!)
Per quanto io sia un grandissimo fan del concetto di scatola nera -guardo l’input, guardo l’output, non mi interesso di come lo si è ottenuto- questo è proprio uno di quei casi in cui non mi sentirei di applicarlo.
Molte azioni comunemente classificate come stupide -pianificate malissimo, non tenendo conto di nulla- vanno a finire bene per motivi imprevisti dal piano originale. Così come azioni brillanti -pianificate in grande dettaglio, studiate, frutto di buona intuizione- risentono di improvvise congiunture astrali sfavorevoli.
Inoltre, legare la stupidità all’esito effettivo mi rende difficile definire i pensieri stupidi, che pure direi che esistono; e non si può parlare di esito previsto, perché nessuno pianifica un guadagno puramente negativo, almeno non per sé stesso (se lo fa, non si chiama stupidità, ma masochismo; e il masochista “guadagna” dall’autodanneggiarsi, quindi è tutt’altro che stupido).
Insomma, mi sembra che la definizione che viene data sia una specie di “immoralità economica”, più che di stupidità.
Ovviamente tutto imo, come sempre.