Oggi mi è arrivato l’ultimo libro di Doug Hofstadter, speditomi direttamente da lui.
La cosa strana è che la busta imbottita aveva il modulino verde del servizio postale statunitense, con la firma che se ho ben visto è quella della sua segretaria; però c’era anche un timbro postale di quelli adesivi con sopra scritto “International Par Avion AIR – PO Box 91995 – Auckland Mail Centre – AUCKLAND 1142”. Perché mai un pacco dall’Indiana all’Italia deve passare dalla Nuova Zelanda? Hanno fatto il buco attraverso la Terra?
Ultimo aggiornamento: 2009-07-22 18:28
ma quale sarebbe il suo ultimo libro? E’ già stato pubblicato?
Abito in una ridente (poco) cittadina toscana, Arezzo; e posso comunicarti che tutta la posta da ufficio (pubblico) a ufficio (pubblico) viene smistata… a Firenze. Visto coi miei occhi: per spedire una lettera che deve arrivare due isolati più in là, bisogna passare per Firenze — e non c’è buco che tenga.
Che dire: alle poste hanno confuso geografia e geometrie… ;)
Ha scritto un nuovo libro dopo IAASL?
Com’è che non ne so niente?
Ma ti ha mandato una bozza o è proprio uscito?
Che libro è?
Sarà tradotto in italiano? (te ne occuperai tu?)
Magari l’editore o il servizio logistico che usa lui è neozelandese…
il libro è That Mad Ache, traduzione di una novella della Sagan; se lo rovesci, spunta Translator, Trader, 100 pagine di saggio hofstadteriano. Non credo sia logicamente traducibile.
Wikipedia mi informa che c’è una Auckland anche in California.
C’è una Auckland anche in California, USA.
Comunque scomoda, per un pacco dell’Indiana, ma magari…
No, non è quella in California. Gli ZIP americani sono di 5 cifre. E’ proprio quella in Nuova Zelanda. Mah!?
@Piotr
se googli “Auckland Mail Centre – AUCKLAND 1142” vedrai che trovi solo siti con TLD .nz
E’ un metodo empirico un po’ a capocchia, ma secondo me ha ragione .mau., quel pacco è transitato per di la. Inspiegabilmente.
Quello di .mau. sembra non essere l’unico caso.
Googlando per sapere di piu’ su questo misterioso ufficio di Auckland ho trovato il seguente:
“The package did take a strange road to NL though imho… I thought it would come from the States, but on top of the address label from the States was a sticker on which it said ‘International Par Avion Air, New Zealand, Auckland Mail Center’… Now that’s a worldtrip [;)]”
Magari si scopre che offrono un servizio di corriere internazionale per editori di libri/DVD a prezzi molto competitivi.
Anche a me qualche mese fa dei libri ordinati su Amazon.com erano arrivati con timbro e tutto il resto da Auckland, NZ (e ci avevano messo parecchie settimane). Incuriosita, avevo fatto un paio di ricerche e avevo scoperto che ad Auckland era stato da poco inaugurato il più grande centro di smistamento postale del mondo. Immagino che se le poste neozelandesi hanno prezzi molto competitivi, possa convenire usare i loro servizi (forse Amazon manda interi container di libri per farli spedire da là?). Può darsi che anche certi servizi postali nazionali esternalizzino parte delle loro attività.
Succeso anche a me, con Amazon però. E si tratta proprio di quella in Nuova Zelanda.
Si direbbe essere il First Class Mail International dello USPS, che offre spedizioni internazionali a prezzi irrisori.
Butto lì un’ipotesi fresco dell’esame di marketing: lo USPS carica lettere e pacchi diretti verso Europa e Oceania in modo da riuscire a fare una spedizione a pieno carico (invece di farne una verso l’Europa e una verso l’Oceania magari a mezzo carico – si pensi ai trasporti di persone). A Auckland carica la posta oceanica diretta verso l’Europa, cercando di fare un altro carico pieno. Poi le possibilità sono tante: a Auckland potrebbe raccogliere non solo la posta diretta verso l’Europa, ma anche quella verso gli USA. Una volta che la spedizione è giunta in Europa, si scarica la posta europea e si carica quella americana e si torna a casa… o si passa per qualche altro continente. A leggere le tariffe, direi che dagli USA si passa verso dei punti base in Oceania, Africa e Sud America e quindi verso i vari Paesi del mondo, fino a creare situazioni particolari: ad esempio spedire in Guatemala costa quanto spedire in Nuova Zelanda, ma di più che spedire qualche chilometro più a Nord, ovvero in Messico. Lo stesso discorso vale per Cuba, che si vede dalla Florida. :)
Credo che in questo modo si riescano ad abbassare non solo i costi, ma pure i tempi di consegna: diventa più facile effettuare una spedizione a pieno carico, evitando di dovere scegliere fra aspettare di riempire e abbassare i costi oppure far partire mezzo vuoto e farli lievitare.
Succede talvolta anche con play.com e con amazon.co.uk. Non ne capisco nulla, ma l’ipotesi di Tooby mi affascina :-)
Tooby, si vede che era un esame di marketing… non si puo’ fare un’analisi squisitamente qualitativa. Cosi’ a spanna il discorso che fai andrebbe bene se ci fosse una scarsita’ di aereoplani… ma qui il parametro sensibile non credo sia il numero di aereoplani disponibili quanto la quantita’ di carburante. Quanto incide un decollo e un atterraggio in piu’ o in meno sui costi del carburante? E quanto conviene allungare la rotta per avere l’aereo carico? E se avessero usato una parte della stiva di carico degli aerei passeggeri? Se l’aereo e’ mezzo vuoto il costo del decollo incide di piu’ e potrebbe essere piu’ conveniente fare rotte piu’ lunghe; se e’ pieno incide di meno e potrebbe essere piu’ conveniente fare rotte brevi… senza aggiungere qualche numeretto direi che Mau rimane con la curiosita’. Magari e’ uno scherzo di Hofstadter la cui soluzione e’ nel libro :P
@mfp: Il mio ragionamento è questo: se dovessi portare la posta dagli USA all’Europa e all’Oceania, potrei fare due voli più il ritorno con la posta dal continente agli USA. Prima domanda: in quanto tempo riusciamo a riempirlo? Ci sono costi fissi che prescindono da quanto è pieno l’aereo (ad esempio la sua manutenzione: il costo risulta identico sia che l’aereo viaggi pieno sia che l’aereo viaggi vuoto). Ma quel costo fisso andrà spalmato, per esempio, sul tonnellaggio dell’aereo. Inventiamo dei numeri: se la manutenzione dell’aereo mi costa mille e il carico è di una tonnellata ovvero mille pacchi, quella manutenzione costa mille a tonnellata, ovvero uno a pacco. Ma se l’aereo può contenere dieci tonnellate e io lo faccio girare a pieno carico, il costo per pacco di quella manutenzione diventa un decimo. Ti pare poco?
A prescindere da questo, per fare quel percorso facciamo quattro decolli e quattro atterraggi. Facendo il giro lungo, invece, se ne fanno tre decolli e altrettanti atterraggi (USA → Nuova Zelanda → Europa → USA). Anche se ci aggiungiamo l’eventuale scalo in Asia, arriviamo a quattro e siamo in parità.
In linea d’aria la distanza, ad esempio, fra New York e Londra e New York e Auckland è pressappoco la stessa distanza che fare il giro del mondo passando per queste tre città.
Fin qui potremmo anche dire di essere indifferenti fra le due alternative.
A questo io ci aggiungerei anche le economie di scala che ad esempio si possono offrire accordandosi con le altre poste nazionali: lavorando separate le nostre poste inglesi, americane e neozelandesi dovrebbero fare sei voli per far arrivare la posta negli altri due continenti (Europa → Oceania+America; Oceania → Europa+America; America →Europa+Oceania, per non parlare del ritorno). Unendosi ne bastano tre o quattro.
In sintesi, le tue obiezioni mi sembrano considerare poche variabili: il carburante non è tutto.
(A ulteriore conferma del fatto che è regolare passare dagli USA si passa a NZ e quindi all’Europa, è appena arrivato un libro da Amazon US con il bollino di Auckland)
Il tutto in otto giorni (rispetto ai 27 preventivati). ^_^