Su Lavoce.info c’è un articolo che in poche parole dice che i treni non devono essere sussidiati (rectius: «i dubbi sulla socialità del trasporto ferroviario sono ancora più evidenti» da cui poi l’articolista trae le conclusioni del caso). Vabbè. Ognuno può leggere l’articolo e farsi un’idea di quali affermazioni condivide e quali no.
Però c’è una frase che non mi torna; Ponti (nomen omen :-) ) spiega che uno dei motivi per cui non bisognerebbe sussidiare le ferrovie locali – detto in altro modo, il biglietto del treno dovrebbe costare di più – è che
la disponibilità di servizi ferroviari è necessariamente riservata ai residenti prossimi alle linee (meglio, alle stazioni) e con destinazioni anchesse in qualche misura servite dal treno, cioè una assoluta minoranza della popolazione. Questa minoranza con accessibilità privilegiata gode già di una rendita, proprio perché risiede in punti privilegiati del territorio, dove si generano maggiori valori immobiliari.
Se io vivo vicino a una stazione ferroviaria, comprare o affittare casa mi costa indubbiamente di più. Su questo non ci piove. Ma a meno che qualcuno non decida di costruire la stazione dopo che ho comprato casa, oppure che quella casa l’ho ereditata dal bisnonno, io non ho una rendita ma un costo ulteriore!
Lo sapete, io e l’economia non andiamo affatto d’accordo. Qualcuno mi può illuminare?
Ultimo aggiornamento: 2009-05-27 11:45
Ma tu ancora stai a sentire Ponti? Sui forum di esperti trasportistici lo prendono per il culo ogni cinque secondi… E’ l’unico al mondo che se ne esce con queste teorie bislacche sul senso economico delle ferrovie, e un motivo ci sarà pure!
(Però quando parla male della TAV ha ragione :-P )
Non sapevo di essere un privilegiato.
Però penso che il problema sia uno solo: questi luminari non usano i mezzi pubblici. Non come li usiamo noi mortali. Chi ha posti di responsabilità nei trasporti pubblici dovrebbe essere obbligato ad usarli, sempre.
Direi che non c’è nulla di economico da condividere, se non la misura dell’abissale distanza dei tecnocrati di lavoce.info dal sentire comune della popolazione italiana (e mi rendo conto che sto scrivendo come un seguace di Beppegrillo(tm), il che mi turba).
Ti contesto solo il a meno che qualcuno non decida di costruire la stazione dopo che ho comprato casa, in quanto allorquando venne costruita la linea rossa del metrò, e io portavo i ciripà, fu imposto un tributo ai proprietari di abitazioni situate entro un certo raggio dalle fermate servite: tra queste rientrava la villetta dei miei nonni.
E’ la solita teoria liberista. Siccome la spesa pubblica è un male assoluto e la concorrenza abbassa i prezzi e fa tutti più ricchi e contenti non c’è bisogno di pensare ulteriormente, le conclusioni sono automatiche di qualsiasi settore / epoca / nazione si parli.
Praticamente questa teoria è un generatore automatico di crisi, di soldi (ma solo per alcuni) e di pubblicazioni. Peccato che, proprio nel settore specifico, di liberismo si muore.
Comunque con la prima ventina di pagine di un manuale di economia puoi già competere e scrivere articoli simili senza nessuna fatica.
Nel merito però va notato che se uno ha “tariffe alte” ma solo “vicine ai costi di produzione” ed è senza sussidi è destinato a chiudere… ma questa è contabilità, non economia.
Se poi una società è obbligata ad acqustare prodotti costosissimi ed inutili (es. tale ponte) a prezzi fuori mercato… forse il primo problema non sono i sussidi…