Immagino abbiate letto (occhei, non l’ho visto sul Giornale o su TGCOM, ma magari oggi è festa e le redazioni online sono ridotto) il rapporto di Freedom House che declassa l’Italia – insieme a Hong Kong e Israele – da “paese a stampa libera” a “paese a stampa parzialmente libera”. Per la precisione siamo al 73.mo posto, a pari merito con Tonga. Il comunicato stampa afferma che l’Italia è ridiscesa tra le nazioni parzialmente libere (lo era già nel 2004) perché la libertà di espressione è limitata dai tribunali e dalle leggi sulla diffamazione e dall’aumentata intimidazione dei giornalisti da parte del crimine organizzato e dei gruppi di estrema destra; c’è inoltre preoccupazione sulla concentrazione della proprietà dei media.
Giusto per mettere le cose in chiaro: nel 1984 ad essere solo parzialmente libera era la Francia. Quello che però mi preoccupa è che nel 2009 la situazione peggiorerà ancora: non solo continueranno ad esserci le intimidazioni di cui sopra, ma si aggiungerà la crisi che toglierà soldi e farà sì che chi farà ancora pubblicità avrà ancora più potere. E non venitemi a dire “ma ci saranno i blogh a tenere alta la bandiera della libertà di stampa”: non ridiamo, dai.
Ultimo aggiornamento: 2009-05-02 07:00
Ci sono anche giornalisti-blogger, però! Un esempio: Daniele Martinelli è un giornalista, non è sotto contratto e si “diverte” a fare servizi che difficilmente si vedono altrove. Tanto per dirne una, mentre Bruno Vespa ci sotterra con una serie di puntate sull’omicidio di Garlasco, di Erba, di Cogne, di Perugia, questo Martinelli segue regolarmente le udienze del processo contro Bassolino, Impregilo e compagni, in corso a Napoli e di cui io non ho sentito mezza parola in tv e sui giornali, online o meno. Fece la stessa cosa anche per il processo Mills. Altre volte pubblica servizi “alla Report”. E altre volte, come i giornali veri, canna di brutto (come quando scrisse di una fantomatica moneta che avrebbe dovuto sostituire il dollaro o qualcosa del genere). Ma errare è umano, dopotutto.
Poi ci sarebbe Claudio Messora (che però conosco meno), che pure ha fatto servizi pregevoli, ma negli ultimi tempi sta indugiando un po’ troppo su Giuliani e su un presunto complotto contro di lui per i servizi “scomodi” a L’Aquila (uno mi ha colpito più di tutti, quello sull’eternit e sull’amianto che viene macinato insieme alle macerie degli edifici, generando le polveri cancerogene – è stato il primo a “informarmi” di questo: credo di averlo sentito altrove solo stamani, su RadioUno).
Sono pochi esempi, è vero, delle eccezioni. Forse i blogh non possono tenere alta la bandiera della libertà di stampa. Però, almeno, provano a sventolarla. :-)
Ridiamo parzialmente: è chiaro che per la maggior parte degli italiani serve un altro tipo di comunicazione (e qui entra in ballo Grillo: dopo due settimane di banchetti ho conosciuto decine, forse centinaia di persone che sanno a malapena cos’è Internet o non lo sanno proprio, eppure in qualche modo ricevono le cose che Grillo dice sul suo blog; insomma la penetrazione di Grillo nel “mondo reale” è qualcosa che noi bloggaroli non riusciamo davvero a concepire ma che è più che vera) così come è chiaro che, a tendere, l’obiettivo è rendere sempre più italiani attivi, informati e partecipi, e quindi abituati a usare Internet come mezzo di comunicazione bidirezionale. Le due cose non sono in esclusione l’una con l’altra…
@vb: azz vb, allora la situazione peggio di quanto credessi, io che speravo che l’ignoranza ci avrebbe salvato…
@mau: sono scettico sulla libertà di “stampa” offerta dai blogghe, perché nell’idea comune la “stampa” deve essere qualcosa di verificabile, con chiare e precise responsabilità da parte di chi scrive. Per la libertà di pensiero ed espressione è un altro discorso invece, ma questa non è informazione. Sì, penso sempre a grillo: mentre non vedo nulla di male nel fatto che grillo abbia un blog e possa fare le sparate che vuole, quando lo vedo indicato come una fonte di informazione alternativa ed attendibile mi preoccupo non poco
Si, non ridiamo, ha ragione Maurizio: i blog in Italia non hanno nessuna protezione. Non c’è una legge che tuteli la “libertà di espressione” dei blog: qualche volta essi vengono equiparati a stampa, qualche volta no, ma sono comunque molto più esposti, paradossalmente, rispetto ad un quotidiano o una rivista “vera”, per le quali esistono delle reti di protezione, anche economiche, previste dalla testata o dalla legge.
I maggiori quotidiani accantonano somme di milioni di euro ogni anno solo per far fronte alle querele.
Luciano … ehm … non serve una legge ad-hoc per tutelare i blog. Guarda art. 2 Costituzione Italiota: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo …” bla bla tra cui quello di espressione, comunicazione, “manifestazione del pensiero” (guarda art. 21). Che ne so’, hai mal di testa? Puoi tranquillamente distorcere il viso per manifestare il dolore; se sei matto puoi tranquillamente urlare dalla mattina alla sera e, se qualche vicino non e’ d’accordo, la Repubblica deve provvedere a fare si che il tuo diritto inviolabile di manifestazione del tuo matto-pensiero sia rispettato … e non chiudendoti dentro un manicomio – dove cioe’ vengono lesi altri diritti – ma trovando un posto dove tu possa urlare senza dare fastidio al vicino che non ne puo’ piu’ (guarda art. 3, comma 2).
La legge “si limita a riconoscere” perche’ quei diritti esistono ex-ante, alla nascita. Tu nasci libero di urlare suoni piu’ o meno comprensibili … anzi se non cominci ad urlare appena appena uscito dalla fornace … ti danno un bello sculaccione per farti urlare, poi ti mettono a testa in giu’ tenuto per i piedi e ammollano un rovescio se ancora non urli, e se ti ostini a non urlare neanche con le cattive, ti mettono dentro una macchina con tutti tubi attaccati, come in Matrix! E gia’ sei fortunato se un altro uomo non comincia a farti una respirazione bocca a bocca! Per fortuna di solito le ostetriche sono donne …
Non serve una legge per tutelare il diritto d’espressione dei cittadini, servono cittadini che tutelino il diritto d’espressione imparando dal passato (ie: La Costituzione va letta, compresa e applicata, individualmente). Se poi vogliamo parlare di tutela … beh … allora bisogna togliere i soldi ai giornali e darli ai giornalisti (bloggher o cartacei, indipendentemente se iscritti ad un qualunque albo che nessuno mai ha voluto), cosi’ magari hanno modo di pagarsi l’avvocato quando qualcuno si fa rodere se raccontano verita’ scomode.
ehm… a parte che io volevo semplicemente far notare come i blog non possano per loro stessa natura fare da succedanei alla stampa – anche se riescono a trovare delle notizie, come fanno a renderle note al grande pubblico? – il punto è che l’articolo 21 della Costituzione è tanto bello, ma se uno ti fa una causa civile per un milione di euro per presunta diffamazione cosa fai?
No, mau l’articolo 21 non è tanto bello, è un pastrocchio come tanti altri articoli della tanto santificata costituzione italiana che è fondamentalmente devota a mantere il controllo dello stato (o dei gruppi di potere) sul cittadino (la cosa ironica è che sarebbe espressione dell’antifascismo).
Perché? Perché anziché garantire un diritto, pone su questo tutta una serie di vincoli, così se uno ti fa causa per un milione di euro ti attacchi e non ti resta altro che rimpiangere il primo emendamento della costituzione americana.
No, Fabio. L’articolo 21 pone vincoli solo per avere finanziamenti dallo Stato (anzi non li pone: delega alla legge di stabilire i requisiti per avere accesso al finanziamento pubblico per garantire il pluralismo, ovvero per finanziare eventualmente quotidiani in difficoltà). Le leggi che hanno attuato poi la Costituzione hanno previsto che quei medesimi vincoli servissero per qualificare cosa è stampa e cosa no, finendo per dire che chi rispetta quei requisiti può stampare giornali e ricevere finanziamenti dallo Stato, anche se si tratta di giornali solidi e diffusi; tutti gli altri, invece, incorrono nell’anacronistico reato di stampa clandestina. Per non parlare poi dei giornalisti: se ti qualifichi come tale (senza esserlo) commetti un reato. L’esame di Stato, che dovrebbe servire a garantire un certo grado di qualità dell’informazione, è stato trasformato in uno strumento per accedere ad una casta e a qualificare chi può fare informazione e chi no.
Non sono pochi ad avere dubbi sulla costituzionalità di tali leggi, in virtù del fatto che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o censure.
Ma la colpa è di chi quelle leggi le ha fatte, non della “costituzione” e dei padri costituenti, in molti casi già sotto terra quando tali leggi furono promulgate. Non so se hai letto la Costituzione bolscevica: è una costituzione avanzatissima e per certi versi bellissima. Ma le leggi che dovevano attuarla l’hanno completamente disattesa. Risultato: l’Unione sovietica che tutti conosciamo.
@Tooby: se lasci l’escape condition permetti che il principio possa essere violato e l’articolo 21 lo fa, per questo dico che è un pastrocchio. Chi ha scritto la costituzione non credeva nelle libertà, ma solo nel loro controllo da parte dello stato.
Perdonami: dove lo viola?
Solo per la cronaca: lungi da me santificare una Costituzione che inizia con lo stesso concetto espresso sui cancelli d’ingresso dei Konzentrationlager (Auschwitz, Dachau, Terezin, Sachsenhausen: “arbeit macht frei”, “il lavoro rende liberi”). Se fosse per me aggiungerei la parola “idealmente”, e sostituirei “lavoro” con “conoscenza”, da qualche parte nell’art. 1; eliminerei gli elenchi parziali e i continui richiami alle eventuali eccezioni contenute nei codici; compatterei un po’ i primi 40-45 articoli; e il resto lo sostituirei con un qualche meccanismo ricorsivo (1-2 articoli, di piu’ non serve). Mero titolo d’esempio: http://www.meganetwork.org/index2.html
Dopodiche’ chi vuole convivere la rispetti perche’ e’ un Buon Manuale, laico (gr. “bene comune”), chi non vuole rispettarla faccia come gli pare basta che non parla di convivenza, antipedofilia, rispetto, reati d’opinione, etc, etc, etc. Ho citato la Costituzione solo per dire a Luciano Giustini che non serve una legge per tutelare i blog … cosi’ come i giornali e gli altri media … perfino gia’ 51 anni fa questa cosa era gia’ nota e ritenuta importante. Il discorso dei reati d’opinione, e le cause intentate a chi parla/scrive, sono proprio una parte di cio’ che rende il belpaese “solo parzialmente libero” … e’ chiaramente un errore dare a qualcuno la possibilita’ di mettere in moto una costosa macchina tritacarne come quella della giustizia solo perche’ “si sente offeso”; a maggior ragione quando questo avviene con una qualsiasi comunicazione elettronica. Quindi, Mau, se uno ti causa per qualche milione di euro … cosa fai? O subisci come fanno i cristiani, o ti mobiliti come fanno i gandhiani, o lo fracchi di botte e se insiste lo fai secco (come fanno i cheguevariani). Per quanto concerne invece la querela … beh … metti mano al portafogli e incroci le dita sperando di trovare un giudice che si renda conto dell’idiozia delle norme che gli sono state messe a disposizione dal legislatore, e con voglia sufficiente di eluderle.
Ripetendo quanto già scritto qua da qualcuno: la (prima parte della) Costituzione italiana definisce semplicemente i principi, e non le implementazioni di tali principi. L’articolo 21 è abnorme (guardate quante cose puntuali mette dentro), ma comunque si rifà alle leggi che devono implementare le norme.
Che i blog siano o no stampa, lo deve dire la Corte Costituzionale; ma la cosa è indipendente dal primo comma, dove non si parla di stampa.
Le denuncie civili per diffamazione (non sono nemmeno certo che il termine sia corretto, probabilmente sono per danni) forse sono incostituzionali per il primo comma, nel senso che l’articolo 24 potrebbe intendersi come “se ti senti offeso nei tuoi diritti, puoi adire alle vie legali ma prima con procedimento penale”. Ma questo, non essendo scritto esplicitamente, dev’essere sancito da apposita legge: e finché la Corte suprema non affermi qualcosa al riguardo il tutto non capiterà.
Infine, la nostra Costituzione è frutto di un compromesso come del resto naturale: ma mi sembra comunque un ottimo compromesso.
(La Costituzione USA parte da un concetto di legge completamente diverso, per consuetudine e non per normativa: non è immediato relazionarla con il nostro corpus legislativo)
Non solo, Mau, e’ un protocollo e non una sua implementazione; ma non puo’ neanche essere considerata alla stregua di un software … e’ roba scritta per calcolatori quantistici, non elettronici. Per la carne, non per le macchine. L’ho ribadito perche’ continuo a vedere dei brillanti logici (es: Fabio Forno qui sopra, che non so’ se e’ un logico brillante ma percepisco che ha una forma mentis fortemente improntata all’utilita’) esprimersi in termini troppo meccanici. Una macchina non puo’ fare qualcosa che non e’ incluso nel codice (a meno che non sia un pointer ad aree di memoria non preparate, ma quello … a parte rarissime eccezioni … e’ comunque un errore umano); un uomo si, e infatti lo facciamo. Perfino per la teologia cattolica il loro dio non puo’ mettere mano sul libero arbitrio dell’uomo! Figuriamoci un bel pezzo di carta. Tant’e’ che le implementazioni contenute nei codici sono stati spesso e volentieri – e peggiorando nel tempo – lontane dai principi espressi nella Costituzione. Tempo che i nonnetti della corte costituzionale moriranno, e poi tocchera’ indossare le braghe d’acciaio … perche’ i loro successori non hanno respirato abbastanza l’aria di guerra che ha portato a quei sacrosanti principi! The Internet is for everyone, Lo Stato no.
Scusa, .mau., ma non ho proprio capito cosa intendevi dire nel commento #12.
@mfisk: intendevo dire che l’articolo 21, essendo di principio (anche se non troppo: guarda quante cose tiene) significa poco o nulla se non ci sono delle leggi al suo fianco; e che l’abitudine attuale di fare citazioni a giudizio in sede civile e non penale per zittire le voci non amiche non è direttamente contro la Costituzione, almeno finché non lo sentenziasse la Corte Costituzionale.
Ti riferisci a casi come quello della Guzzanti e la Carfagna? (l’Onorevola ha iniziato una procedura civile per presunti danni all’immagine piuttosto che in sede penale … dove l’exceptio veritatis avrebbe consentito alla difesa di avere le intercettazioni – gia’ ampiamente circolanti tra giuristi e non – che avrebbero quindi confermato pubblicamente i rapporti “amichevoli” con un’altra Onorevola che “frequentava” Mr. President)
@mfp: no, pensavo ad esempio a Gigi Moncalvo (ex capostruttura di Raidue)
Mi sono perso la vicenda … url?
@mfp: mi sono sbagliato, è Gigi Moncalvo (vedi anche qua)
@.mau.: ora ho capito.
In effetti sarebbe incostituzonale proprio il contrario, vale a dire impedire a taluno di adire il giudice per chiedere il risarcimento del danno, dato che “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti”.
La circostanza che una citazione in giudizio (civile) possa comportare obiettivamente una gran perdita di tempo e denaro non è motivo sufficiente a dire che ciò sia ingiusto; e non c’entra nulla la libertà di stampa o di espressione del pensiero: basti pensare al caso delle liti condominiali o tra vicini (che nei tribunali del Sud Italia ingolfano incredibilmente gli uffici giudiziari).
Il fatto è che se uno vuole rompere le palle al prossimo, lo può fare, dal momento che l’unico che può decidere se la citazione sia o meno fondata è il giudice, all’esito del processo; qualunque altro filtro anteriore sarebbe una limitazione al diritto di adire il giudice.
altra poi è la questione dei rimedi: che agisce in giudizio e risulta soccombente viene condannato alle spese; e nel caso di malafede può essere anche condannato al risarcimento dei danni che abbia fatto subire all’altra parte (per l’appunto la perdita di tempo e denaro). Serve però la prova della mala fede o della colpa grave, e ciò spiega perché si tratti di rimedio raramente posto in essere.
@mfisk: ovvio che non si può impedire ad alcunchì di adire il giudice. Però se la legge (ordinaria) prevedesse che chi fa N cause per diffamazione e le perde sia costretto a pagare tutte le spese morali e materiali, magari in percentuale su quanto ha chiesto, le cose cambierebbero un po’. Il tutto lasciando la decisione al giudice.
Ahhhhh, capito! Il direttore de La Padania che ha fatto 150 querele a blogghers e Google! Ma quelle erano per diffamazione … che se non sbaglio e’ una fattispecie penale. E nel penale c’e’ un giudice che prima di dare il via alle danze fa una valutazione preliminare del fumus per decidere se archiviare prima di mettere eventualmente in moto il carro armato! E’ diverso da quello che dicevi al #15 … non puoi agire in sede civile per diffamazione, li’ agiscono per “danno all’immagine” (come la Carfagna).
La via dell’N-diffamazioni non e’ praticabile: nel caso di Moncalvo e’ palese … 150 … ma come definisci N in modo “astratto e generale” (la formuletta usata dai giuristi)?
L’unica via praticabile secondo me e’ eliminare i reati d’opinione. Se proprio uno vuole dare credito a chi si dice sensibile alle parole altrui, esistono forme piu’ leggere, rapide, meno costose, di giustizia… depenalizzazione dei reati d’opinione… penso alle authority come quella privacy (ricorso: max 250 euro di “multa”), ai giudici di pace che in questo caso (ie: rimborsi massimi sotto i 1000 euro) potrebbero essere aditi senza necessita’ di un legale (ie: meno overhead). E alla pena pecuniaria e’ doveroso aggiungere il dovere di rettifica. Qualunque, sottolineo qualunque, buon giurista ti dice che il diritto penale e’ solo extrema ratio … un carro armato, per l’appunto. Chi lo usa cosi’ alla leggera e’ implicitamente truffaldino.
Ma con il legislatore attuale tu te la senti di fargli mettere mano a questa cosa?