Liberazione non è libertà

Anna e io abbiamo fatto un pezzetto del corteo per il 25 aprile e abbiamo ascoltato il discorso di Formigoni. “Ascoltato” è una parola grossa, perché è stato così subissato di fischi e di grida “buffone!” che non è che io sia riuscito a sentirne molto. Ho però notato che il Governatore della regione in cui abito ripeteva come un mantra le parole “libero” e “libertà”. Lo so, non è un caso, come non è un caso che il nostro PresConsMin voglia rinominare la festa di oggi: non più Festa della Liberazione, ma Festa della Libertà; mostrando così come Lui sia più avanti di tutti noi.
E invece no. Quello che forse sfugge a molti è che Liberazione e Libertà sono due cose ben distinte. Ma cominciamo dai fondamentali. Il 25 aprile non è la “festa della vittoria”. Quella, se proprio la si vuole fare, è il 4 novembre. La seconda guerra mondiale è stata persa dall’Italia: l’8 settembre 1943, armistizio di Cassibile. Poi c’è stata una guerra civile; e come in tutte le guerre, ci sono state persone buone e persone cattive da una parte e dall’altra: ma non è di questo che voglio parlare ora. Quello che voglio dire è che la Liberazione è stata un processo; un qualcosa in divenire, senza il quale la libertà (con la maiuscola o la minuscola) non ci sarebbe stata. Ciò che io festeggio è appunto il processo, quella minoranza di persone che hanno avuto il coraggio di iniziarlo; poi non ho problemi ad avere pietas per i morti dall’altra parte, e nemmeno di affermare che ci sono state persone che anche se fascisti convinti sono stati dei galantuomini, esattamente come ci sono stati partigiani che meritavano di essere giustiziati. Ma ciò non toglie che questa non possa e non debba essere la festa di tutti, ma lo sia solo di chi accetta quel processo che ci fu più di sessant’anni fa. Non so se Formigoni e Berlusconi, al di là delle parole di facciata, lo accettino.

Ultimo aggiornamento: 2009-04-25 17:46

19 pensieri su “Liberazione non è libertà

  1. Tooby

    Tendo a respingere la definizione di guerra civile (come fu quella spagnola, combattuta fra spagnoli), per quella che mi sembra più appropriata “guerra di resistenza”. I repubblichini combatterono per difendere l’Italia quale succursale della Germania nazista: la RSI era uno stato fantoccio come lo era (stato) la Repubblica di Vichy (anche se qualcuno – troppo buono, a mio avviso – non lo ritiene tale).

  2. Fabio Forno

    Mi sembra ottimamente spiegato e tar le righe fa capire perché per molti (me compreso) non ci sia nulla da festeggiare in questo giorno finché la ricorrenza rimane tale. Per le mie idee la Liberazione è stata un processo che ha portatato da una situazione pessima ad una comunque non soddisfacente o, se vuoi, da oppresso a poco rappresentato, perché si riduce tutto alla contrapposizione fascisti / antifascisti.

  3. .mau.

    @Tooby: Vichy aveva una continuità statale. Salò, no. (Poi possiamo discutere se il Regno a Brindisi fosse in continuità). Per me comunque la Resistenza continua ad essere stata una guerra civile, anche perché non vedo una grande differenza con quanto accadde in Germania.
    @Fabio Forno: certo che se la cosa ti fa anche fare tutti quei refusi deve farti davvero rabbia :-)

  4. Barbara

    Visto che qui tenutario e lettori sono colti, mi dite cosa potrei leggere per farmi un’opinione sensata? Premesse: al liceo ci sono stata anch’io. Solo che il nostro docente di storia decise di terminare il programma di quinta con il 1915. La storia successiva è rimasta al livello di terza media, e neanche una terza media molto buona.

  5. lo scorfano

    Un grande post, nella sua semplicità. Forse avrei anch’io qualcosa da obiettare alla definizione di “guerra civile”, ma l’idea di processo è centrale e decisiva. E senza quella sfugge anche il senso della Festa.

  6. Thomas Jefferson

    FF: come diceva qualcuno (non ricordo più chi) bisognerebbe introdurre anche gli a-fascisti, visto che fascisti e antifascisti finiscono per somigliarsi un po’ troppo all’atto pratico. Sospetto che apparteniamo a questa nuova categoria :-D
    .mau.: non ho capito il senso dell’ultima frase. Mi pare un po’ gratuita rispetto al resto.

  7. Fabio Forno

    @.mau.: no, è una terribile maledizione che qualcuno mi ha lanciato: le mie dita vanno per conto loro se mi dimentico di rileggere lascio macelli, indipendentemente dall’oggetto :(
    Sulla questione vorrei solo che si riconoscesse che esistono un po’ di dimensioni in più rispetto alla dicotomia con cui si vuole riassumere il 25 aprile e non dovermi sentire moralmente obbligato a condividere un processo che non è stato cmq liberale. Finché pare essere impossibile dire di non essere fascista se non ci si riconosce nei “valori” della resistenza il 25 aprile rimarrà un festa di parte con vinti (chi è fascista) ed indifferenti come me.

  8. Bubbo Bubboni

    Sono “contento” che alcuni commenti precedenti confermino una mia teoria su come è cambiato il concetto di antifascismo e di liberazione.
    Una curiosa caratteristica della resistenza italiana era che vedeva la partecipazione di componenti diversissime, dai monarchici ai liberali, dai comunisti ai democristiani, che si univano contro il nazi-fascismo. Era una società di valori, i liberali erano meno individualisti di quanto lo sarebbe oggi un filantropo, il nichilismo oggi imperante era considerato un male, ecc. ecc. Un altro mondo, insomma.
    Il frutto fu un parlamento ad emiciclo, pieno di “colori” perché tutti dovevano e potevano essere rappresentati, tranne chi era contro l’esistenza del sistema democratico.
    Ora che tutti questi concetti di rappresentatività del popolo sono stati sopressi, ora che se vanno a votate i soli capibastone è meglio e che il fascismo è uscito in pompa magna dalle fogne ecco che parlare di liberazione è diventato incomprensibile.
    E’ questo il problema di capire la storia. Siccome si cerca di dare un comportamento “razionale” ai fatti registrati quanto il contesto cambia radicalmente tutto diviene insensato.
    Comunque rimane interessante constatare che si tratta di processi lenti. Così come la prima edizione del nazismo e il fascimo si diffuse grazie al lavoro lungo e paziente di tante nazioni, anche la seconda edizione richiede una destrutturazione progressiva di tanti concetti che erano ben radicati. Sulla sabbia.

  9. .mau.

    @barbara: boh. Le cose che ho imparato sulla storia italiana dal 1918 in poi le ho prese da mille fonti diverse.
    @TJ: l’ultima frase significa che certe parole (soprattutto quelle di Formigoni che ho sentito direttamente) mi sembrano andare contro la mia idea di cosa sia il 25 aprile. Per il resto, la definizione “antifascisti” ha un problema di base, secondo me: è negativa. Riconoscersi in qualcosa in negativo non è mai il migliore dei modi.

  10. mfisk

    @barbara: ammesso che sia ancora reperibile, ti consiglio caldamente Giorgio Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol. X (1939-45), Feltrinelli. (e anche, per il necessario inquadramento, il preludio del vol. IX: 1922-1939).

  11. Fang

    @.mau.
    Non credo che B e F avrebbero problemi ad accettare il concetto di liberazione come lo definisci tu (definizione, peraltro, attualmente corretta).
    Il punto, al più, è che parte dell’elettorato che rappresentano ha di questi problemi. Certo né B né F (che era DC) hanno passati propriamente fascisti.
    E` anche vero, come giustamente affermi, che questa: “non possa e non debba essere la festa di tutti, ma lo sia solo di chi accetta quel processo che ci fu più di sessant’anni fa”.
    Il problema è che festeggiare una cosa che non interessa ai più e che ritrova (è una supposizione a titolo esemplificativo, non sono la filiale italiana della Gallup!) oppositori pari a sostenitori -per i motivi più disparati- è privo di senso, in una democrazia.
    Cambiare nome alla festa -cosa che non credo si farà, perché, dopo l’ottimo risultato ottenuto, a destra non vorranno riaprire la polemica- vorrebbe proprio dire che la maggioranza delle persone non riconosce a quel processo il valore che gli era stato riconosciuto in passato.
    @Bubbo Bubboni:
    La seconda edizione?
    Credo che tu commetta due errori: il primo è catalogare come anomala e ingiusta ogni deviazione da una singola interpretazione della democrazia.
    Il secondo… beh, spero di ricordare correttamente il titoletto del paragrafo che introduceva ai regimi totalitari nel testo delle superiori: “le ragioni dell’eclissi della democrazia”. Se la democrazia entra(sse) in crisi, venendo rifiutata dallo stesso demos, la colpa maggiore non potrebbe che essere della (forma assunta dalla) democrazia stessa e di chi non ha saputo rispondere alle necessità popolari.
    Unica eccezione a quest’ultima regola: se il potere viene preso manu militari da un malefico scienziato e dal suo esercito di droidi. :)

  12. Bubbo Bubboni

    @Fang: Sicuramente il bubbo-pensiero sulla democrazia soffre di molti limiti ma non mi pare di quelli che evidenzi. Comunque è un tema troppo lungo e noioso per i commenti quindi mi limito a qualche spunto di riflessione:
    – gli stati che si definiscono democratici hanno sistemi di votazione completamente diversi tra di loro. Curiosamente pare che che nessuno abbia un sistema tipo “una testa, un voto” anche se sembra essere quello che i bambini si aspettano dopo aver studiato dei testi storici semplificati.
    – dopo l’invenzione della televisione le regole della democrazie già in funzione avrebbero dovuto essere riscritte, stando ai fini che queste regole dovrebbero raggiungere. Non è stato così e ora i fini di rappresentatività, ecc. non sembrano essere raggiungibili su un piano strettamente teorico.
    – non ho conosciuto partiti democratici che siano democratici anche al loro interno. Sembra che la democrazia sia un sistema limitato o non applicabile in taluni casi ma non mi risulta che ci siano studi recenti sul tema, forse perché, siccome la democrazia è il miglior sistema possibile (anche se con limiti, secondo i suoi sostenitori) non c’è molto spazio di riflessione. Occorre considerare che alcune riflessioni sul tema (es. Pareto) si svolsero in epoche caratterizzate da tensioni sociali molto diverse dalle attuali.
    – certo che la democrazia riforma se stessa con la dovuta efficienza, esattamente come un mercato liberista perfetto assicura la migliore distribuzione della richezza. Beh, è credibile almeno se uno è rimasto chiuso in un armadio negli ultimi anni… [FACCINE]! Però appena il sistema democratico è rotto nella sua teorica perfezione la capacità di riforma è compromessa, esattamente come capita in un organismo vivente quando alcune cellule sane si comportano come previsto mentre l’ambiente è alterato per via di cellule malate.

  13. Fang

    @Bubbo Bubboni
    Il proporzionale puro e assoluto -suppongo che sia questo a cui ti riferisci con “una testa, un voto”- semplicemente non è applicabile in un sistema rappresentativo: una soglia esiste sempre.
    Che il mercato liberista debba cercare di dare la migliore distribuzione della richezza disponibile in un dato momento (suppongo che con “migliore” tu ti riferisca all’ottimo paretiano) è idea che non condivido. E la competizione, che in effetti desidero, non è necessariamente collegata al liberismo economico: le stesse regole di mercato competono sotto la spinta della volontà e forza popolare. Personalmente apprezzo anche il liberismo economico, in buona parte -almeno nella sua vulgata, non avendo formazione da economista- e quindi io spingo in suo favore; ma se venisse radicalmente abbandonato vorrebbe solo dire che non è riuscito a vincere la competizione, nella situazione data, e quindi era inadeguato.
    Speravo che la citazione dal mio vecchio, semplificato testo scolastico fosse esemplificativa e significativa, non certo esaustiva: le idee, e i sistemi, falliscono per dei motivi, non riuscire a evitare il proprio colasso è segno della propria inadeguatezza. Chiaramente ad essere inadeguato è il sistema che esiste in quel momento: se ritieni che il sistema sia già stato indebolito e imbastardito, in effetti è la versione indebolita a cedere. D’altro canto ciò che c’era prima non è riuscito a impedire il proprio indebolimento, quindi in questo senso già quel sistema ha fallito.
    La battaglia che chi credeva in un sistema “maggiormente rappresentativo” ha perso è quella di convincere che quel sistema funzionasse meglio delle sue alternative.
    Contro il fascismo la battaglia pare attualmente vinta, dato che a livello di partiti nessuno si richiama ufficialmente a quell’idea. Ciononostante anche chi si dichiara ancora antifascista non è messo meglio perché, ufficialmente, non ha più ragione di esistere.
    Ho cercato di espimermi sinteticamente, se risultassi secco -di essere seccante invece non ho dubbi :)- non era mia intenzione esserlo.

  14. Bubbo Bubboni

    @Fang: Brevebreve, mi pare impossibile fare un commentario express al darwinismo storico e al positivismo in generale ma… li critico.
    Con il termine ‘fascismo’ non si intende solo un periodo della storia italiana (o una fase della monarchia italiana) ma anche l’ideologia che si esprimeva in quel periodo e a cui si richiamano, oggi come ieri, i fascisti.
    Pertanto l’antifascismo esiste anche oggi, così come si può essere contro la monarchia perché uno è convinto della bontà della democrazia anche sul piano teorico o l’anticomunismo perché uno è convinto della superiorità di sistemi economici sperequativi.
    La battaglia contro il fascismo è vinta nella stessa misura in cui lo è quella contro l’ignoranza…
    Ho letto che in questo 25 aprile taluni delle istituzioni hanno parlato contro “la dittatura” senza citare mai “il fascismo”. Questa scelta è piaciuta ed è stata riconosciuta come essenziale per “la festa di tutti”. Insomma nell’ignoranza storica, nel nichilismo spicciolo, nella crisi della democrazia, sta nascendo anche un fascismo non dittatoriale. Magari, tra pochi mesi, sarà anche definito come democratico! :-)

  15. Fang

    @Bubbo Bubboni:
    Avevo evitato di usare la locuzione “darwinismo sociale” (e simili) proprio perché so come è accolto (e in parte ne comprendo i motivi).
    Preciso solo due cose: non è che io creda che il risultato sia “buono” o il “migliore” secondo qualche criterio particolare, ma solo il più adatto perché, tautologicamente, con sommo gaudio di Popper, è quello che si è rivelato più adatto; e questo va usato come guida: se la posizione che si abbraccia viene via via abbandonata, forse è il caso di cedere su alcuni punti nel tentativo di salvarne altri, adattandosi, piuttosto che restare rigidi, divenire minoranza e essere spazzati via.
    Il secondo punto: il fascismo è il fascismo -le tautologie sono il mio forte :D- si possono avere via via più cose in comune con il fascismo (cose che, evidentemente, vengono “rivalutate”) tanto da poter avere paradossalmente un sistema che, a parte la dittatura, è identico al fascimo; ma non è lo stesso; è più onesto, più chiaro e fors’anche più proficuo dire: “io sono contro questo e quello”, invece di un generico io sono antifascista e i miei avversari sono fascisti perché sono (esempio) nazionalisti e i fascisti erano nazionalisti.
    Cantare “Bella ciao” per commemorare eventi storici è un conto, cantare “Bella ciao” perché si pensa di associare al fascismo (se io sono antifascista, chi è contro di me è fascista) i propri avversari e che ciò possa provocare loro un travaso di bile è un altro.

  16. .mau.

    @Sky: qui non siamo sui commenti di Punto Informatico: i miei commentatori sono anche più bravi di me :-)

  17. Barbara

    @mfisk: grazie, vedro’ se lo trovo nella biblioteca dell’universita’ o ai remainders.

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