Tralasciando il tono entusiasta di questo articolo (è un giornale, si deve far leggere…) il problema posto è molto importante. Le versioni ad alta risoluzione delle immagini raccolte negli anni ’60 dal Lunar Orbiter sono state salvate su dei nastri (analogici…) che adesso soffrono di due problemi: il primo è che si stanno deteriorando, e il secondo è che esiste solo una macchina capace di leggerli, e nemmeno la macchina se la passa troppo bene.
Lo so che voi fate sempre copie multiple di tutta la vostra roba e non appena esce un nuovo gadget, col suo formato proprietario, siete pronti a riversare i dati; e lo so che voi siete convinti che i guai sono nati perché quei nastri sono analogici e non digitali, e quindi non si possono leggere i bit (fosse così semplice… se appena si codificano i dati occorre sapere come tradurli, i bit :-) ) Però ogni tanto forse ci conviene pensare che la nostra conoscenza dipende sempre più dall’elettromagnetismo all’opera.
Ultimo aggiornamento: 2009-04-13 18:07
Quella foto Earthrise è bellissima… quasi come quella di Apollo 8
se appena si codificano i dati occorre sapere come tradurli, i bit
Giustissimo. Che ci fai con un flusso di bit senza specifiche di formato, ammesso che il flusso sia conservato correttamente? E se e’ compresso o cifrato?
…Questo commento ha una piccola storia, ed e’ decisamente attinente al problema dei formati di documentazione elettronica e della loro conservazione.
Leggendo la notiziola, mi sono subito ricordato di aver letto un articolo sull’argomento pubblicato da Le Scienze verso la meta’ degli anni ’90.
Vista l’ormai totale inaffidabilita’ della mia memoria a lungo termine, ne sono rimasto sorpreso ma nel complesso contento.
Mi avvio verso la cripta delle riviste rassegnato ad una ricerca tra cumuli di polvere (mai acquistati i raccoglitori delle annate), ma per fortuna mi ricordo che e’ uscito un bel DVD doppio con le annate 1968-2008.
Avevo un vecchio catalogo su floppy, ma da anni non e’ piu’ leggibile (come da tema).
Visto che conservo le annate dal 1977 in poi, e che ad ogni trasloco sono state mescolate in modo quasi perfettamente randomico… Beh, ammetto di aver provato un certo sollievo.
Ho usato il nuovo software… Ed il sollievo si e’ velocemente convertito in irritazione. Quel coso e’ sotto qualsiasi soglia di usabilita’, praticamente inutile.
Pero’ l’articolo lo identifica, debbo ammetterlo, cosi’ se qualcuno vuole vedere cosa si profetizzava sull’argomento nel 1995 il riferimento e’:
La conservazione dei documenti digitali, Rothenberg J., Le Scienze 1995: 319: 16-21.
Leggerlo dal DVD e’ stata un’impresa cui mi sono piegato solo perche’ la ricerca della versione cartacea avrebbe comportato difficolta’ notevoli, diciamo pure che si profilava un problema combinatorio ben superiore alle mie risorse fisiche.
Ma risparmio a tutti lo strazio, gli ingredienti sono una patch enorme scaricata in due comode orette e svariati tentativi, una penosa ricerca di informazioni utili annegate tra le colorite quanto inutili maledizioni lanciate sul web al creatore di questa pietra miliare del software, l’uso di una stampante virtuale, abbondante spargimento di toner e picchi di nevrosi felina. In termini di inalazione di particole cancerogene e graffi profondi, ho raggiunto in un lasso di tempo brevissimo la quota annuale. La moglie era fuori casa, o avrei rischiato il divorzio, credo.
Ho segnalato l’articolo, ma alcune considerazioni che all’epoca mi erano sembrate profonde oggi mi appaiono banali: segno che era stato scritto con cognizione di causa o che ero e sono tuttora una capra. Ma la mia memoria ha retto meglio del floppy, e queste son soddisfazioni (forse).