A Treviso un uomo ha ammazzato la sua ex-compagna e la loro figlioletta. Dopo qualche giorno la polizia è riuscita ad arrestarlo, e l’uomo ha confessato. Notizia di cronaca nera, ancora più triste visto che ci sono andate di mezzo una bambina e una donna che di quell’uomo aveva avuto fiducia. Ma mi sbaglio: la vera notizia è un’altra.
Si dà infatti il caso che l’omicida sia marocchino. Bene (anzi male): tutti i quotidiani devono rendere nota la cosa nel titolo dei loro articoli e non nel corpo, mostrando che per loro la cosa più importante è quella. Capisco Il Giornale (“Preso il marocchino: ha ucciso la figlia perché non voleva che vivesse in Italia”; che sia morta anche la madre della figlia sarà stato un danno collaterale). Capisco molto di meno Repubblica (“Madre e figlia sgozzate a Treviso. Marocchino confessa: sono stato io”. Nessuna relazione tra il marocchino e la coppia uccisa, si direbbe). Ma l’Oscar della pseudocorrettezza va al Corriere. In prima pagina un titolo neutro (“Sgozzate in casa, confessa l’uomo”: anche qua nulla che faccia capire che è stato un delitto “in casa”); poi si clicca e si legge “Confessa il marocchino che ha sgozzato l’ex compagna e la figlia di due anni”.
Aggiornamento: (12:45) vergogna anche per la Stampa (“Madre e bimba sgozzate,
confessa il marocchino”), che pure in home page era perfetta: “Delitto di Treviso, confessa il padre”.
Ultimo aggiornamento: 2014-03-05 11:05
Credevo che la forma di dare la notizia breve tipo: “Uomo morde cane. Tizio aveva la dentiera.” fosse un’esclusiva.
Infatti c’è un poveretto che compila le notizie in una nota agenzia stampa nei giorni di ponte e festivi che usa SEMPRE questa forma senza senso.
Insomma credevo che ci fosse un solo stagista-plurilaureato che si era perso una settimana di scuola alle elementari e a cui lasciano la tastiera solo quando gli altri sono a spasso.
A questo punto mi chiedo se è lo stesso che ha cambiato lavoro o se si tratta di uno stile pallonaro e quindi destinato a diffondersi.
I titoli vengono scritti così perché il maggior numero di persone sia invitato a leggerli. L’utilizzo di “parole chiave” è parte integrante delle diverse tecniche di “cattura” dell’attenzione. In questo periodo ovviamente “marocchino”, “extracomunitario” o “clandestino” sono parole chiave valide.
mostrando che per loro la cosa più importante è quella
Al titolista/giornalista/editore non frega una cippa (di chi abbia ammazzato chi). La notizia deve vendere, punto e basta. Al giornalista del marocchino, senegalese od indiano non frega una cippa, e se per quello, neppure degli italiani.
Idem per “il danno collaterale”: devi piantare il chiodo nella testa delle persone nel minor numero di parole possibili, e “figlia ammazzata” attira di più di “moglie ammazzata” (la maggioranza dei giornalisti di cronaca è di genere maschile).
Un giornalista, specie quelli iscritti all’albo, fanno del cinismo una professione. Garantisco che se e quando gli immigrati diventeranno la maggiornaza, troverai “Italiano ammazza moglie immigrata perché voleva portare i figli all’estero”.
Tengo a precisare che non condivido questa visione, ma vorrei che fosse chiaro a tutti quanti come e perché vengano fatte certe scelte. Non è ignoranza: è volontà. Perversa, ma voluta. E mi duole dire, sono i lettori stessi a chiederla comprando di più i giornali fatti così ;-).
@mestesso: io continuerò a incazzarmi per queste cose, da buon minoritario quale io sono.
@mestesso: non sono d’accordo.
1) Guardando ai bilanci risulta che uno dei fattori che incrementano davvero le vendite sono gli allegati (DVD, CD, enciclopedie, fumetti, ecc.), non certo gli articoli. Del resto basta considerare che la pubblicità degli allegati è fatta benissimo e curatissima mentre gli articoli sono spesso scritti o ricopiati malamente e distrattamente.
2) Quello dei giornali non è certo un mercato teorico di un prodotto generico. Intanto si regge su un’attiva “collaborazione” politica, inoltre c’è una storia di relazioni tra media e democrazia che non permette di analizzare il mercato solo considerando il ricavo delle copie vendute. Le copie vendute vanno considerate per la (sempre poca) stampa libera, non per quella che ha padroni che hanno idee da veicolare e fatti da nascondere.
Insomma non credo che sia lo stile fascio che fa vendere, ma è lo stile fascio che è stato acquistato.
Protesto con La Stampa per la discriminazione nei confronti dei padri, addidati come mostri! Sarebbe più corretto mettere uomo. Anzi no! Pure questo è discriminatorio! Facciamo primate o, se si vuole essere proprio neutri (magari uno scimpanzé protesta), unità carbonio, con tutto il rispetto per le amebe
(sì, mi dà fastidio il politically correct in ogni sua forma)
@Bubbo: si vede benissimo che non hai mai lavorato per l’editoria ;-).
1) Giornale ed allegati sono due prodotti diversi che hanno target diversi e sono letti da gruppi di persone diversi (con una certa sovrapposizione, ma diversi). Hanno vita *completamente* indipendente. Di più, hanno bilanci e redazioni completamente distinte. L’unica cosa che non cambia è l’editore (e neppure sempre!).
Ma lo stipendio il giornalista lo becca in base alla raccolta pubblicitaria che è in base ai lettori stimati, che essendo appunto diversi nei due bacini d’utenza, hanno esigenze e target differenti.
E la pubblicità li segue. Prodotti semi lusso–>pubblicità richiede contenitore bello–>periodicità non quotidiana per contenere costi fissi–>contenuti meno legati al fatto singolo e più generici–>meno enfasi + riflessioni cazzute–>il vostro inserto preferito.
2) Le persone che mi parlano di stampa libera mi fanno tenerezza. Libera da chi e da cosa? Il giornale (e la redazione) che stimo di più è quella del Manifesto. Tutti guadagnano la stessa cifra, euro 1400 al mese. Ma pensi che accettino/parlino/lascino parlare i redattori di quello che vogliono? Non c’è censura peggiore dell’autocensura, ed il giornalista italiano medio è un vero maestro di quest’arte. E poi siamo proprio sicuri sicuri che l’itagliano medio voglia la stampa libera? E quelli che si sentono liberi comprando Chi, Novella 3000 dove li metti? Al rogo?
Io *non compro* d’ufficio, *qualsiasi giornale* abbia quel giorno l’inserto. Di solito leggo il Corriere, ma il sabato non lo compro. Invece di affollare blog di lamenti vari sulla libertà di sparare minchiate, perché non esercitate il vostro potere di lettori non comprando in massa il giornale con l’inserto? Il mondo in carta stampata sarebbe *sensibilmente* migliore. SIETE VOI che scegliete cosa leggere, non pensiate che vi venga imposto con l’imbuto. Sì, certo, ci provano a cacciarvelo in gola quello che vogliono, ma se voi siete così ciucci da farvi mettere l’imbuto in bocca, lamentatevi di voi stessi, invece di prenderla con i giornalisti.
Odio l’ipocrisia, se non si è capito prima.
@.mau.: la libertà di fare il minoritario non te la frego di certo :-). Però la consapevolezza per me è altrettanto importante ;-).
@mestesso: Quello che volevo dire citando gli allegati è che questi agiscono sulle vendite in modo evidente, non lo stesso si può dire di un certo titolo. Qualcuno userà il titolo fascio come criterio di scelta? Mi pare improbabile.
La stampa libera c’è, non è quodidiana, è specialistica. E’ quella che non campa con i contributi all’editoria ma con le copie vendute in abbonamento. A questo tipo di stampa si può applicare il tuo ragionamento “scrivo quello che mi fa vendere e se non vendo chiudo” in modo diretto e rigoroso. Ma quelli che si muovono in un mercato tutt’altro che trasparente e semplice vanno analizzati in altro modo.
Quelli che comprano la stampa gestita e ne sono influenzati per me sono burattini (ma ci sono? La stampa gestita è parte indissolubile della TV, non è neppure libera di essere un mezzo a sé stante). Anche chi li gestisce li vede così e non li considera affatto liberi. Sono d’accordo sull’autocensura e rido di chi vuole ricevere senza sforzo le notizie “obbiettive” o sapere come sono andate le cose pagando 1 euro per 100 notizie.
Comunque io non compro giornali italiani che considero una inutile appendice della inutile TV. Credo proprio di essere fuori target per l’editoria tradizionale ma di essere nella norma per l’uso del web, delle fonti dirette, della stampa internazionale o di qualità. Insomma non è me che stanno cercando di raggiungere con questi titoli o con gli allegati, ma non credo che siano molto proccupati della cosa…
Proprio oggi ho sentito il TG5 titolare: “Giovane abusa di di bimbo romeno. Il giovane, di Cicciano, …”
Così sono andato a controllare come riportavano la notizia, dove la vittima era romena, i giornali:
Il Giornale (questo notatelo particolarmente: “fermato un italiano” già nel titolo, tanto significativo se si pensa sempre alla quantità di informazione, e al default, come ipotizzo sotto)
il Corriere
La Repubblica
persino il TgCom
Insomma, nei titoli la nazionalità straniera viene spesso indicata, che lo straniero sia vittima o carnefice.
Ora: non è che indicano la nazionalità straniera perché hanno (giustamente) l’impressione che a questa -che ha una probabilità minore della nazionalità italiana, e non è quella di “default”- sia quindi associata una quantità di informazione maggiore?
E che magari non indicano quella italiana perché, essendo in Italia, quando non è indicata è sottintesa (di default, appunto)?
Così, eh…
@Fang: per me quel titolo sarebbe dovuto essere “violenta bimbo di 8 anni, fermato un vicino di casa”. Poi nel testo si indicheranno tutte le nazionalità varie. Mica scrivi “abruzzese” o “valdostano”, no?
@.mau.:
> Mica scrivi “abruzzese” o “valdostano”, no?
Se sei in Abruzzo o Val d’Aosta, no.
Ma se sei a Verbania e gli autori son tre napoletani, allora, magari, sì. Con tutto che i napoletani non sono questa gran rarità.
Ma il punto non è neppure trovare dei precedenti, perché non è che questi facciano la regola, quanto ammettere che alcune cose possono essere considerate interessanti o informative, anche se non politicamente corrette; mentre altre non lo sono.
“Bimbo di 8 anni”, ad esempio, è quasi ridondante: bimbo, nel titolo, è sufficiente.
D’altro canto il famoso “rapinano banca con le maschere di Berlusconi e Dell’Utri” non è che è stato scritto perché i giornalisti son tutti comunisti e volevano dare una mano a Spinoza: era una cosa strana (molto più della rapina presa di per sé stessa) e la si è messa nel titolo.
E seguendo questa regola, Il Giornale ha specificato che questa volta la presunta vittima è romena e il presunto carnefice è italiano, cosa che chiaramente il giornalista deve considerare strana assai.
Tornando al caso di cui parlavi tu, l’informazione che l’uomo è marocchino è vera, è anche abbastanza significativa (in termini puramente matematici, visto che la stragrande maggioranza degli uomini in Italia non è marocchina) e alcuni l’hanno messa nel titolo.
Ma se l’uomo fosse stato un franzoso e avessero scritto, ad esempio: “Confessa il francese che ha sgozzato l’ex compagna e la figlia di due anni.” l’avresti considerata ugualmente una cosa così strana e vergognosa? :)
La Legge è uguale per tutti, ariani compresi (ma è meglio non dirlo in giro)
I soliti giornalai, sovente made in Arcore, scrivono cagate. Ai piani alti si emettono leggi-bomba contro tutti, italiani e non, ma i giornalai le cose le dicono a modo loro, perché non sia mai che il tipico italiano biondo, occhi azzurri, alto e pre…
»Ma se l’uomo fosse stato un franzoso e avessero scritto, ad esempio: “Confessa il francese che ha sgozzato l’ex compagna e la figlia di due anni.” l’avresti considerata ugualmente una cosa così strana e vergognosa? :)
Sì. Poi ripeto che nel corpo dell’articolo è giusto dare tutti i dati aggiuntivi, compresa la nazionalità.
Lo stesso per – anzi contro – “Confessa l’omicida dell’ex compagna francese e della sua loro figlia di due anni”.
@Bubbo: “La stampa libera c’è, non è quodidiana, è specialistica. E’ quella che non campa con i contributi all’editoria ma con le copie vendute in abbonamento.”
Se la intendi come condizione necessaria, forse…
Come condizione sufficiente, beh, non funziona.
Acquistare N abbonamenti e’ infatti un’altra forma di sponsorizzazione molto diffusa nell’editoria scientifica.
Diciamo che se l’editore della rivista internazionale X, sia pur prestigiosissima ed indicizzata dai Current Contents ISI, non ha almeno una certa frazione di abbonamenti garantiti dalle aziende del settore puo’ chiudere i battenti.
Questo, unito alla possibilita’ di far cassa con supplementi e monografici, rende anche l’editoria scientifica molto vulnerabile.
Scendendo ancora piu’ in basso, la “Journal Crisis” ha mostrato la debolezza del meccanismo del peer-review, cosa che peraltro conoscevamo tutti benissimo: in certi campi i nomi che pubblicano e le riviste son sempre quelle…
Non ci vuole molto a capire chi ha scritto un lavoro, per chi opera nel medesimo settore, e cane non morde cane (se non vuole poi essere morso a sua volta, ovviamente). Anche in questo caso, non essendo “libera” la valutazione non puo’ esserlo neppure l’informazione, direi.
Ma tornando ai quotidiani, beh, il titolista ha il ruolo spacifico di imbonitore. Deve fare “sensazione”, e’ il suo mestiere. Il meccanismo diventa perverso quando l’informazione finisce con l’essere veicolata dal solo titolo: quanti presunti lettori di quotidiani leggono davvero il corpo degli articoli?
Se il titolo lo vediamo come unita’ autonoma, le storture non possono essere ammesse.
A mio umilissimo avviso, il titolo non solo ormai e’ una sorta di informazione decontestualizzata sparata senza tanti complimenti, ma purtroppo recepita, anche, senza troppi dubbi.
Leggere, e cercare magari piu’ fonti, e’ troppo faticoso.
Ricordo un sistema per il Question Answering che lavorava su corpora di agenzie. Produceva risultati abbastanza buoni grazie ad un’euristica per la parcellizazione del testo ben studiata. Tuttavia, quando sbagliava lo faceva di brutto ed in modo grottesco, proprio perche’ incappava in una parcella che decontestualizzata si prestava ad interpretazione, ehr, bizzarra…
@Alessandro: la questione era se è vero o no che con il titolo fascio si vende e, soprattutto, se senza il titolo fascio non si vende.
Credo che quello dell’editoria sia un mercato talmente lontano dai modelli teorici dei mercati di prodotti indistinti che questa relazione tra titolo e vendite non solo non c’è ma neppure interessa.
Forse le televisioni o i giornali in perdita (di bilancio) perenne chiudono subito con gli investitori disperati alla porta? Oppure ci sono state grandi battaglie per conquistare queste aziende che non portano denaro contante agli investitori?
C’è anche una stampa che vive di quello che pubblica (e che quindi sarebbe sensibile al tema titolo->vendite) ma questo non è un discorso valido per la “grossa” stampa.
Anche l’idea che il cliente potrebbe incidere sui contenuti (oltre un certo livello) è puramente teorica per la stampa “grossa” ed applicabile solo per i soliti che vivono di quello che pubblicano. Le copie vendute sono in calo a livello mondiale, i giornali che più necessitano di vendere per vivere hanno avviato una serie di trasformazioni senza fine, eppure il controllo dei media continua ad interessare e nessuno guarda ad un magnate dell’editoria come si guarda ad un produttore di macchine da scrivere meccaniche. Perché? Forse perché il cliente, in questo specifico mercato, è strumento e pupazzo e non il puparo che ha sempre ragione.
Per me il titolo fascio, e mille altri “accorgimenti” dello stesso tipo, sono una scelta politica e non sono relazionate alle vendite in modo diretto. E anche se lo fossero non interesserebbe all’editore che ha ben altro per la testa e per la cassa.
Guardiamo agli articoli a sostegno del nucleare. Non quelli “diretti” e banali tipo “Con l’atomo siamo tutti ricchi ed occupati” ma quelli indiretti tipo “Viva le fonti alternative, ad esempio il nucleare”. Forse si pubblicano perché a centinaia hanno scritto al giornale “perfavore pubblicate degli articoli atomici altrimenti non vi compriamo più” oppure si pubblicano perché l’editore tale… ha le mani in pasta e ha bisogno di gestire il consenso? E il consenso non è un prodotto vendibile come qualsiasi altro? Non va a bilancio, magari porta anche a delle perdite contabili, ma è comunque un buon prodotto sottoposto alle leggi di mercato.
@Bubbo: la questione era se è vero o no che con il titolo fascio si vende e, soprattutto, se senza il titolo fascio non si vende
Un periodico qualsiasi ha due tipi di ricavi: la vendita diretta ed il ritorno pubblicitario. Il primo lo vendi una volta sola (la copia che prendi in edicola od in abbonamento) l’altro *lo vendi più volte*. Più persone guardano la stessa copia, e l’inserzionista *paga* di conseguenza.
Ora, nel caso specifico, mettere titoli “che si leggono da soli” come quello in oggetto, è ininfluente o quasi sulla copia venduta, ma influisce *tanto* su quella letta. Ha un ritorno *eccome*.
Per me il titolo fascio, e mille altri “accorgimenti” dello stesso tipo, sono una scelta politica e non sono relazionate alle vendite in modo diretto
La scelta politica influisce su come vengono utilizzati certi accorgirmenti, non se utilizzarli o meno. Te lo dico per esperienza diretta ;-). Perché il periodico *deve portare i soldi a casa*, e POI accontentare i vari padroni, e NON viceversa, a meno che il politico di turno tiri fuori i soldi, ma è assai raro, credimi.
Questo è il motivo percui cerco di spiegare i come ed i perché vengano fatte certe scelte. Se uno dice solo “i giornalisti sono ignoranti”, oppure “è tutta politica, non si può cambiare nulla” sbaglia sia il bersaglio sia peggiora la situazione. L’unico modo che avete per migliorare l’ambiente, e ve lo dice uno che ha lavorato da dentro, è quello di *diminuire* il numero di lettori di certe testate, ed aumentarne certe altre.
Io vi *garantisco* che se il 20% delle persone non comprasse più il Corriere al sabato a causa dell’inserto, od in generale qualsiasi inserto con sovrapprezzo, la qualità delle pubblicazioni aumenterebbe enormemente.
Oggi il mercato dell’informazione è come il LIDL: bassi prezzi-bassa qualità. Sta a voi decidere se spendere di più per averne di meglio, o turarvi il naso. Lo dico e lo ripeto fino a stancarmi: il pallino lo avete voi utenti in mano. Poi, come ho già detto, esci e và a convincere i lettori a fare diversamente…
@mestesso: ok, ok. Non ho dati/esperienze ulteriori a parte il buon libro di Fracassi “Sotto la notizia niente” e le beffe di Luther Blissett ai media.
Io il mio contributo per un’editoria migliore lo metto volentieri. Non compro quotidiani italiani & allegati vari e non vado neppure sui relativi siti e, comunque, ho sempre un po’ link pubblicitari e ficcanaso rediretti su 127.0.0.1.
Certo che quella volta che hanno messo sotto cellophane un pacco di pasta stavo per cedere ma ho resistito. Se mettono in allegato una scarpa sinistra… non garantisco, anche perché la scarpa è, oramai, un mezzo di comunicazione politica. Il pallino è un po’ duro… :-)