l’evoluzione dell’inglese

Con congruo anticipo rispetto alle pagine culturali degl’italici quotidiani, mi pregio di segnalarvi la notizia inutile odierna, nientemeno che dal sito della BBC. Mark Pagel, “biologo evolutivo” dell’università di Reading (occhei, questo significa che ci sono anche biologi creazionisti e biologi intelligento-progettuali?) ha stilato un elenco di 200 parole inglesi e preparato un modello che dovrebbe affermare come le parole in questione si sono evolute in questi millenni e quali saranno le prime a morire. La parola più antica sarebbe “I” (“io”, insomma): cose da non credere.
Credo però che la spiegazione migliore di quello che fanno si trovi sul loro sito:
«We are working on methods for inferring phylogenetic trees of languages and using those trees to measure rates of word evolution over time. In collaboration with Russell Gray at the University of Auckland, we are applying these methods to Indo-European, Bantu, Austronesian, Mayan and Uto-Aztecan languages.» e soprattutto «Our studies of cultural evolution investigate the idea that human cultures behave as if they were distinct biological species», che non riesco a capire se significa “se la cultura A ha un concetto X, la cultura B non potrà mai avere il concetto X”, oppure “se la cultura A chiama X il concetto che la cultura B chiama Y, non succederà mai che la cultura B si metta a chiamare X quel concetto”. Pensieri profondi, no?
Aggiornamento: (27 febbraio) visto, che a far parte del selezionato gruppo dei miei lettori avete avuto l’anteprima?

Ultimo aggiornamento: 2009-02-26 11:32

9 pensieri su “l’evoluzione dell’inglese

  1. mestesso

    Premesso che non trovo particolarmente corretto il metodo di ricerca utilizzato dai distinti signori, la frase che tu riporti “Our studies of cultural evolution investigate the idea that human cultures behave as if they were distinct biological species” mi sembra a) la scoperta dell’acqua calda b) niente che mi faccia suggerire le tue due alternative.
    Non ho letto il loro sito, non ne ho voglia, ma dal tuo post non esiste nulla che faccia inferire al lettore la validità della tua frase “se la cultura A ha un concetto X, la cultura B non potrà mai avere il concetto X”. Io mi fiderei anche delle tue conclusioni, ma sarebbe carino avere un minimo di approfondimento in più.
    Insomma, se la notizia è inutile, il post è un poco sotto i tuoi standard qualitativi ;-).

  2. .mau.

    @mestesso: due specie sono distinte se non possono interfecondarsi (o se i risultati sono sterili, per essere pignuoli). I tipi in questione sono dei biologi, e stanno parlando di come i nomi dati alle cose e alle azioni cambino nel tempo. La mia deduzione è quella che ho scritto; se qualcun altro pensa che da quelle ipotesi si abbiano altre tesi è invitato ad esporre qui tali tesi. Non pretendo affatto di avere ragione, almeno questa volta :-P

  3. layos

    Su uno dei tanti libri di Odifreddi (credo “il Vangelo”) lessi che il paradosso di Achille e la tartaruga, ovvero il paradosso della freccia e del bersaglio, più o meno nello stesso periodo (~600 a.C.) veniva espresso anche da un filosofo cinese (del quale non ricordo il nome) sotto forma di: “se piantiamo un palo in terra e lo tagliamo a metà e poi ancora a metà e così via, questo palo non scomprarirà nemmeno dopo mille generazioni”.
    Il calcolo infinitesimale li ha fregati tutti, ma 2000 anni dopo.

  4. Licia

    Senza una riferimento preciso di cosa si intenda per “cultura” (model of culture) e come venga applicato in questo contesto, credo sia un po’ difficile fare supposizioni sul tipo di ricerca, come pure sul rapporto tra concetti e termini in una o più lingue e la loro evoluzione.
    Dall’articolo della BBC sembra comunque che l’analisi riguardi solo i termini che rappresentano determinati concetti (quindi non i concetti stessi ma semplicemente le loro realizzazioni lessicali) e sul tipo di informazioni che si possono ricavare, presumo, su cervello ed evoluzione delle relative funzioni linguistiche analizzando i termini che rimasti più o meno immutati per migliaia di anni e confrontandoli a quelli che, invece si sono modificati nel tempo o sono stati sostituiti da altri termini.
    Su Language Log ultimamente ci sono stati un po’ di interventi interessanti sui metodi della linguistica storica e l’evoluzione delle parole in ambito indoeuropeo.

  5. mestesso

    @.mau.: due specie sono distinte se non possono interfecondarsi (o se i risultati sono sterili, per essere pignuoli).
    Manca un bittarello importante: in Natura le cose non sono “definitive”.
    Due specie sono distinte fino a quando non possono interfecondarsi (o se i risultati sono sterili, per essere pignuoli).
    Eh sì, perché con l’evoluzione succede pure questo, come per le lingue :-). Ecco perché mi faceva molto strano la tua affermazione categorica.

  6. Alessandro

    “questo significa che ci sono anche biologi creazionisti e biologi intelligento-progettuali”
    Triste ma vero. Sull’ultimo numero de “Le Scienze” trovi una curiosa rassegna di mostruose proposte di legge in USA per contrabbandare il creazionismo/ID nei programmi scolastici.
    L’analisi dei corpora dal punto di vista diacronico porta a risultati interessanti ma anche ad estrapolazioni delle piu’ bizzarre. Inoltre, spesso viene usata malino anche la statistica, ma ormai l’approccio piu’ gettonato nell’NLP e’ proprio quello statistico, pena l’accusa di essere “un chomskiano di m***a”, che in certi ambienti e’ offesa mortale…

  7. Alessandro

    @.mau.: non azzardo una risposta perche’ non ho abbastanza dati.
    Pero’ il Discovery Institute ha tra i suoi vertici Behe, che e’ un biochimico. Si potrebbe supporre che dietro a queste proposte di legge ci siano associazioni come il Discovery Institute, e quindi, beh, anzi, Behe, biologi creazionisti.
    Che ne dici di biologi pastafariani? :-)

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