Leggendo i commenti a questo post di vb, ho scoperto che una delle mie certezze di una vita crolla. Il nostro codice penale non prevede infatti il reato di apologia di reato.
Un passo indietro. Il termine apologia in origine significava “discorso di autodifesa”, come un matematico probabilmente sa se conosce l’Apologia di un matematico di Hardy. In pratica, però, il termine è passato a significare un “discorso o scritto che difende o esalta qualcuno o qualcosa”, e nel diritto ha assunto il significato tecnico di “difendere o esaltare azioni o comportamenti contrari alla legge”, appunto nella locuzione “apologia di reato”.
Solo che se uno va a spulciare il codice penale, si accorge che l’articolo 414 parla di istigazione a compiere un reato (comma 1) e di apologia di delitto (comma 4). Ah, non è che il delitto significhi necessariamente ammazzare uno; si veda l’articolo 39 del codice penale. Se il codice parla di reclusione e multa, si ha un delitto; se invece parla di arresto e ammenda, allora si ha una contravvenzione. Per esempio, la radunata sediziosa è una contravvenzione; quindi se scrivo “secondo me bisognerebbe andare tutti a fare casino su Facebook” allora, almeno fino a che il senatore D’Alia non si risveglia, non posso essere accusato per apologia di delitto.
(Per completezza: c’è poi anche l’apologia del fascismo, introdotta dalla legge Scelba come attuazione della XII disposizione transitoria della Costituzione)
Aggiungo solo una cosa: il prossimo che mi viene a dire che la matematica è troppo complicata, lo prendo, gli faccio leggere questo e gli dico di andare a fare giurisprudenza.
Ultimo aggiornamento: 2009-02-13 11:07
So di darti un duro colpo, ma sappi che con la sentenza 65/1970 la Corte Costituzionale ha chiarito che “L’apologia punibile ai sensi dell’art. 414, ultimo comma (ora IV comma), del codice penale non è, dunque, la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma quella che per le sue modalità integri comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti.”
Cioé, in pratica, l’istigazione o quasi.
Tanto per essere più chiari:
Cass. Pen. sent. n. 13541 del 03-12-1986
Le ipotesi previste dall’art. 414, primo comma, n. 1 cod. pen. (istigazione a delinquere) e dal terzo comma (apologia di reato), anche se equivalenti rispetto alla pena e sostanzialmente simili, sono strutturalmente autonome, non tanto nel contenuto, costituito nell’una e nell’altra ipotesi dalla esaltazione del delitto, quanto nel significato direzionale. Infatti, nell’ipotesi di “istigazione”, la spinta al reato è diretta alla persona, mentre nell’ipotesi di “apologia” la spinta è indiretta, essendo affidata al contenuto apologetico, che può, peraltro, produrre i medesimi risultati dell’istigazione diretta.
@mfisk: il colpo l’ho già avuto quando ho scoperto che l’apologia era solo di delitto e non di reato. Mi resta il dubbio di un codice penale che distingue tra apologia e istigazione, e di una sentenza della Cassazione che in pratica dice che non c’è vera distinzione.
mi sfugge la logica: visto che citi la suddivisione in species di reato ex art. 39 c.p. ti sarà chiaro che – per l’appunto – i delitti sono reati e dunque l’apologia di un delitto è apologia di un reato a tutti gli effetti – come detto applicabile solo ai reati più gravi, quelli che come hai indicato sono punibili con la reclusione e/o la multa.
in definitiva l’apologia di reato esiste.
.mau., i reati possono essere delitti o contravvenzioni.
Quindi l’apologia di reato esiste, solo che si applica solo qualora il reato sia previsto dal codice come delitto
@braun & @apis: non ci siamo.
L’apologia di reato comprende l’apologia di delitto, ma non viceversa. Quindi l’apologia di reato non è prevista dal codice; e ciò in quanto se fosse prevista sarebbe punibile anche l’apologia di contravvenzione.
Nel più sta il meno, ma nel meno non sta il più.
E’ un po’ il principio che si trova qui o qui
@braun, @apis: è dura essere un matematico inside. Ritento.
Ho scoperto che l’insieme dei reati è composto da due sottoinsiemi: quello dei delitti e quello delle contravvenzioni.
Ho scoperto che esiste il reato (per la precisione il delitto, ma non sottilizziamo) di apologia di delitto, mentre non esiste il reato (la contravvenzione?) di apologia di contravvenzione.
Pertanto se R è un reato non è detto che A(R), dove A() è la funzione “apologia di”, sia anch’essa un reato; so solo che il sottoinsieme R’ ⊂ R per cui A(R’) è un reato è un sottoinsieme proprio di R.
scusa eh ma il tuo pare un solipsismo basato sull’applicazione in campo giuridico di una formula matematica:
– dire “l’apologia di reato non esiste” è errato perché il delitto è un reato;
– dire “l’apologia di reato esiste” è un’affermazione inesatta nella formulazione – poichè incompleta – ma corretta nella sostanza (con ovvia specifica alla specie di cui all’art. 414 c.p.).
questo se peraltro ci limitiamo alla formulazione generica dell’articolo di cui sopra. vi sono però delle altre previsioni normative che sanzionano altre apologie di reato specifiche, come quella di “apologia del fascismo” correttamente riportata da wikipedia in questa pagina
Msfisk: mi sa che non ci sei tu …:-), almeno in termini giuridici, poi in mate mi stracci in n parti …
La spiegazione più articolata è quella che dà brau qui sopra.
Apis: guarda che sono avvocato, non matematto ;-)
Mfsick: Ho preso un abbaglio, allora … mi scuso.
Tuttavia la tua spiegazione non mi convince.
Tu dici: nel più ci sta il meno, non viceversa.
Bene: il più è più del meno, no?
Allora, secondo me, poichè il concetto di reato è più vasto di quello di delitto (perchè include sia i delitti che le contravvenzioni), esso rapresenta il “più”.
Quindi parlando di apologia di reato io dico una cosa forse imprecisa, ma sicuramente non scorretta, in quanto il delitto è sempre un reato, mentre il reato può essere un delitto.
Il problema è che i matematici e i giuristi usano principi logico-insiemistici differenti :-P
Non c’è problema, ti assicuro :-)
Si tratta di concetti che sono comunque un po’ tecnici, e quindi richiedono un minimo di pratica per entrarvi in sintonia: cerco di spiegarmi.
Nel diritto penale vige, fra gli altri, il principio di tassatività, per cui le fattispecie che costituiscono il comportamento punibile devono essere espresse esattamente, e tutto ciò che non vi è ricompreso non costituisce reato.
Se il legislatore parla di “istigazione a commettere reati” vuol dire che intende ricomprendervi sia l’istigazione al delitto (es. rapina) sia l’istigazione alla contravvenzione (es. affissione abusiva).
Se parla di “apologia di delitti”, vuol dire che intende punire chi fa apologia della rapina ma non chi fa apologia dell’affissione abusiva.
E’ indubbio che la rapina è sia un delitto che un reato; ma se parlo di “apologia di reato” dò la falsa impressione che sia punita anche l’apologia di affissione abusiva, il che non è vero.
In effetti quello che non esiste, a ben vedere, è l'”apologia di contravvenzione”: e quindi hai ragione tu a dire che l'”apologia di reato” è punita, nel senso che è punita l’apologia di alcuni reati. Ma secondo il principio di tassatività, quando descrivo un comportamento punibile devo farlo in modo che la sua definizione ricomprenda tutte le fattispecie punite, non solo una loro parte.
Spero -ma non sono certo- di essere stato sufficientemente chiaro: sono cose che per me appaiono ovvie, ma è come quando .mau. usa quei simboli astrusi che a lui sembrano scontati mentre io mi ci devo applicare un bel po’ per capirli.
ahah hai ragione, ma la cosa sorprendente è chiedere a un amico avvocato come andava in matematica a scuola. “ah, troppo difficile, ho un pessimo rapporto coi numeri”
In realtà la gran confusione deriva dalla pessima tecnica legislativa con cui vengono formulate le leggi. Detto in altri termini: il legislatore non sta attento alle parole che utilizza e non è in grado di utilizzare il linguaggio giuridico in modo preciso, sensato e corretto (ciò anche a causa dei diversi compromessi necessari per raggiungere l’accordo tra le forze politiche, anche quando la maggioranza è così apparentemente schiacciante). Il che si traduce, specie in diritto penale, un gran casotto. E’ più disordine che difficoltà.
Ancora due considerazioni: a) en passant, non tutti i giuristi sono avvocati, per fortuna, e b) interessantissimo il diritto riletto con le funzioni matematiche.
Dimenticavo, anche se sono giurista, a me la matematica è sempre piaciuta, anche a scuola
:)
Elena,
sono parzialmente d’accordo con te, nel senso che il legislatore italiano fino agli anni ’70 era in grado di produrre un corpus legislativo di ottima qualità.
Se andiamo a vedere la qualità dei quattro codici, pur fascisti come le leggi fallimentare e su cambiale e assegno, abbiamo un sistema con pochi eguali.
E anche in tempo recente, lo statuto dei lavoratori o la riforma del diritto di famiglia vanno in questa direzione.
Con il nuovo codice di procedura penale sono iniziati i dolori, e poi la strada è andata sempre in discesa.
Basti pensare all’ultima riforma della legge fallimentare, un capolavoro di solecismi e mancanza di coordinamento che anche un bambino delle elementari sarebbe stato in grado di far meglio: richiami a commi non più esistenti, sentenze che improvvisamente diventano decreti e viceversa… In fondo il nostro amico d’Alia non è peggio di tanti altri.
@mfisk: quanto dici corrisponde al vero, però un piccolo appunto: come puoi considerare lo statuto dei lavoratori (risalente agli inizi degli anni ’70) e la legge di riforma del diritto di famiglia (1975) leggi “recenti”?
Capisco che rispetto al francese Code Napoléon del 1804 e ancora in vigore, seppur in molte sue parti riformato, o al tedesco BGB (del 1900 e quasi del tutto intonso) si tratta di leggi “nuove”, ma non possono proprio dirsi recenti se riferite alla nostra realtà (tanto legislativa, quanto storica e sociale).
Comunque è verissima e verificata in molte occasioni (sempre di più, ahimè) la pessima qualità legislativa. In fondo, anche quello è un riflesso della frammentarietà dei nostri tempi e della nostra società.
PS: dire che l’apologia di reato non esiste (ancora) è corretto: non si possono mettere sullo stesso piano delitti e contravvenzioni e in diritto penale è vietatissima (per ora :P) l’applicazione dell’analogia in malam partem (che è collegata al principio di tassatività di cui ha parlato proprio mfisk), cioè dell’applicazione analogica di una norma penale esistente ad una fattispecie non espressamente prevista dalla legge penale.
intendevo recenti rispetto ai codici del ’42!
Se noti, davo come limite della “buona produzione” legislativa proprio gli anni ’70, e quelle due riforme sono tra gli ultimi buoni prodotti del nostro Paese
Mfisk: spiegazione convincente …
Da ex matematico (in gioventù lo sono stato), non posso esimermi dal dire “lol” alla chiusa :)