uguale e contrario

Vedo in giro mugugni sulla decisione di PD e IDV di lasciare libertà di coscienza sul voto per la legge Englaro (non facciamo ridere i polli: una legge di una singola frase che non fa nessun distinguo è una legge ad personam, e comunque l’ha detto anche Schifani).
Beh, io ritengo che quello sia il comportamento corretto da tenersi. So di alienarmi la simpatia degli ultimi miei lettori, ma non ci posso fare molto: e comunque non sono né vorrei essere un leader. Fossi un parlamentare, io voterei contro la legge: non perché l’ha scritta Berlusconi, ma perché ritengo che per un paziente in stato vegetativo – non in coma, attenzione – da più di due anni l’alimentazione forzata sia un accanimento terapeutico, e non un semplice sostegno vitale. Detto in altro modo: se io avessi un incidente e rimanessi per due anni in stato vegetativo, io voglio che mi si tolgano alimentazione e idratazione.
Però questo è un tema etico, e io rispetto chi non la pensa come me e ritiene invece che il sondino non sia accanimento (oltre che naturalmente non pensare nemmeno a toglierlo a chi è di questa idea e finisse in stato vegetativo, e altre cose che mi porterebbero però fuori tema). Per me obbligare una persona a un voto, qualunque esso sia, su questi temi è una prevaricazione inaccettabile: anche se il voto imposto fosse il mio voto.
Poi lo so che con il Porcellum nessuno ha la possibilità di scegliere quale persona mandare in Parlamento: ma quello è un problema a monte.

Ultimo aggiornamento: 2014-03-05 11:05

33 pensieri su “uguale e contrario

  1. Barbara

    Ho riletto il post riga per riga e sono d’accordo con .mau. fin nei dettagli. Dite che comincio a preoccuparmi?

  2. Lopo

    Secondo me non è un tema etico. Il disegno di legge è potenzialmente inconstituzionale, da un punto di vista giuridico è atroce (impone uno divieto temporaneo senza che il termine sia nettamente fissato, visto che la legge sul testamento biologico potrebbe non arrivare mai), a ciò aggiungiamo che è imposto con pressioni inaudite dal governo su un Parlamento sovrano in spregio alla separazione dei poteri.
    Votare a favore “per salvare una vita” significa assumere che si possa uscire dai confini del diritto e della costituzione per questo scopo. Non è troppo diverso dall’ammettere la possibilità di mettere su un commando cattolico per fare irruzione nella clinica e sequestrare Eluana Englaro per “salvarla”.
    Se e quando ci sarà un disegno di legge sul testamento biologico, allora la libertà di coscienza potrà rientrare in gioco, beninteso considerando il *contenuto* della proposta. Non è che appena una legge riguarda temi etici, allora uno si può sentire libero di agire secondo coscienza in Parlamento, e magari una volta approvata fare obiezione non regolamentata.

  3. .mau.

    @Lopo: non è manifestatamente incostituzionale, e non è più atroce di tante altre leggi. Quanto all’imposizione sul Parlamento, siamo sempre lì: non possiamo farci molto se i parlamentari sono degli yesmen, ma questo esula dal disegno di legge a riguardo.
    Quanto al Votare a favore “per salvare una vita”, immagino che chi voterà a favore perché crede di fare così pensi al principio generale e non al caso particolare.

  4. mestesso

    Postulato: la determinazione clinica della morte è un Tema Etico, e come tale risolvibile solo con Coscienza.
    Dato che la coscienza ognuno l’ha diversa, ne segue che l’unico modo per seguire il postulato in maniera coerente è lasciare risolvere al singolo il problema.
    Ogni altro vincolo che viene imposto, introduce delle arbitrarietà che a loro volta generano delle incoerenze che violerebero il principio di base.
    Io faccio una legge (qualsiasi)–>in un certo caso ci sarà un conflitto di coscienza–>viene meno il principio di base.
    A questo punto, la domanda vera è se il postulato di base è arbitrario a sua volta, oppure no. Esiste una regola alternativa che non instaura conflitti di coscienza? Dimostrarlo è impossibile, temo. A questo punto per prudenza meglio tenersi il meccanismo imperfetto piuttosto che introdurne uno potenzialmente pericoloso.
    Mio zio era Primario in un ospedale del nord Italia. Ben più di una volta ha dovuto, nel corso della sua carriera, prendere decisioni di questo tipo. E’ normale per un medico ospedaliero arrivare a punti analoghi, sia ben chiaro, da sempre, da quando esiste la Medicina. Solo che venivano risolti in Coscienza, in sordina, in un modo o nell’altro, senza sbandierare il tutto ovunque.
    Il fatto che venga fuori oggi, ed in questi termini, è per me (e mio zio) la semplice conseguenza dell’imbarbirimento della civiltà, che tecnicamente ha permesso di non far morire la gente, ma che eticamente non solo non è progredita, ma è regredita e corrotta, sposando interessi particolari a corto raggio, quali che essi siano.
    A me, in tutta onestà, entrambi gli schieramenti *mi fanno schifo*. Perché tutti ti tirano la giacca verso la loro parte.
    Ognuno è diverso: ciò che è giusto (o supposto tale) per uno, non necessariamente lo è per un altro.
    Lo slogan non deve essere “Eluana deve vivere” o “Lasciate morire Eluana”. Ma “Qui mi devo fermare”. Tutti.
    .mau.: non sono d’accordo solo su una cosa. Nell’economia del tuo post, mettere un limite del tutto arbitrario (2 anni) è del tutto artificioso e fuorviante, e rimuovendo quello sono d’accordo al 100%.

  5. .mau.

    @mestesso: una determinazione non puoi farla se non con un limite arbitrario: gli unici valori non arbitrari sono 0 e infinito. Ho preso il valore che è comunemente usato come spartiacque pratico (un anno) e l’ho raddoppiato per sicurezza, tutto qua.
    Il problema di coscienza mi pare leggermente diverso: qui non stiamo parlando della scelta di quando e come proseguire sulle terapie, ma se alimentazione e idratazione siano o no terapie.

  6. Barbara

    Ho una domanda di netiquette: sta bene mettere un link a un articolo pertinente sul blog Malvestite?
    Io direi che sia una scelta lasciata alla coscienza del commentatore – inoltre prendere un approccio umoristico mi fa sentire più vicina al PresConsMin che è così spiritoso.

  7. mestesso

    Il problema di coscienza mi pare leggermente diverso: qui non stiamo parlando della scelta di quando e come proseguire sulle terapie, ma se alimentazione e idratazione siano o no terapie.
    No, secondo me cadi nella Trappola. E’ un dettaglio meccanicistico questo, fuorviante. Il vero Problema è un altro. Ti cito casi realmente accaduti, omettendo ogni riferimento di rintracciabilità:
    Caso #1: non hai letti nel tuo reparto. Hai un paziente in codice rosso in giovane età, che può essere curato solo nella tua unità. Opzione 1: liberi un letto occupato, facendo decedere il paziente che lo occupa, anziano, molto malato, con speranza di vita inferiore all’anno. Opzione 2: lasci morire il codice rosso parcheggiandolo da qualche parte.
    Caso #2: paziente in fase terminale. Disagi fisici molto limitati grazie ai moderni farmaci. Speranza di vita intorno ai 12 mesi. Lo facciamo tirare tutti i dodici mesi o mi fermo prima? Quanto prima? E se un parente mi fa causa?
    Caso #3: durante una operazione chirurgica, scopri che quello che pensavi essere un tumore benigno, in realtà è maligno, non più operabile, e con esito infausto. Opzione 1: richiudi tutto, dici tutto ai parenti e amen. Opzione 2: togli tutto quel che puoi, regali 6 mesi di vita al paziente e via.
    Volutamente non dico quali decisioni siano state prese. Perché non è importante: sono problemi di Coscienza. Non esiste una Soluzione buona o una cattiva.
    Cosa facciamo, tre leggi distinte? Tre regole diverse? Ma sono realmente tre problemi distinti? Davvero la pensi così? Davvero le soluzioni sono e debbono essere diverse?
    Perché sui giornali ben di rado ne sento parlare di casi #1 e #3? Eppure sai quanti ne succedono? Occhio non vede cuore non duole?
    A me il cuore duole, non dico in che caso sono ricaduto. Io ho esperienza pratica, mica teoria. Lo dico con cognizione.

  8. nicola

    Anche io sarei d’accordo con te, se vivessimo in un paese normale. Ma come hai scritto, il problema è a monte. Vista la situazione non credo che per il PD faccia una grande differenza fra il voto libero o meno: hanno perso l’ennesima occasione per fare qualcosa uniti e che abbia un senso.
    ciao
    nicola.

  9. S.

    In effetti in quella parte di Piemonte dove i capolista del PD erano Bobba e Bonino era abbastanza difficile accontentare tutti gli elettori.

  10. Nemo_bis

    >io voterei contro la legge […] perché ritengo che […] l’alimentazione forzata sia un accanimento terapeutico […] obbligare una persona a un voto, qualunque esso sia, su questi temi è una prevaricazione inaccettabile
    Con questi ragionamenti non se ne esce piú. Non è che chi lo ritiene accanimento terapeutico vota a favore di una legge che stabilisce che è tale e chi pensa il contrario vota per una legge che stabilisce che è sostegno vitale: in una democrazia liberale basata sui diritti inalienabili e sulla libertà dell’individuo, è l’individuo che sceglie che cosa fare della propria vita, non è lo Stato o la Chiesa che stabilisce qual è l’etica da seguire: *questo* è inaccettabile.
    Suggerisco questa lettura: http://www.anobii.com/books/01bfe254e5e5e13abb/.

  11. Alessandra

    Sono un medico anestesista/rianimatore e da oltre dieci anni (ero ancora all’università) vivo praticamente in ospedale dalle 10 alle 24 ore. Ho sempre pensato che un buon medico non debba curare solo il malato ma anche i familiari soprattutto in un contesto delicato sia dal punto di vista medico che etico quale è la realtà dei pazienti ricoverati nelle unità di terapia intensiva (UTI) o nelle residenze protette (RSA) note anche come centri di lungodegenza.
    Posta questa premessa, è facile capire perchè il caso di Eluana Englaro mi stia particolarmente a cuore, sia umanamente che professionalmente.
    Ho letto tutto quanto ho potuto trovare sul caso della sfortunata ragazza anche cose che mi hanno fatto inorridire; non ultimo un sito internet creato dal fratello di un paziente in come vigile (stato vegetativo persistente, sindrome apallica o come lo si voglia chiamare) in cui questi pazienti erano stati ripresi nei propri lettini nelle proprie case attrezzate a mini-rianimazioni intenti a guardare la TV. Peccato che, nel tentativo di dimostrare, in malafede, come queste persone siano reattive agli stimoli esterni, questi “cameramen dell’ultim’ora” abbiano grossolanamente sincronizzato le espressioni facciali del soggetto con i dialoghi che venivano trasmessi in televisione (i fansubber più mediocri son di gran lunga più bravi!!!). Per dovere di cronaca, cito il sito http://www.salvatorecrisafulli.it ma mi permetto di suggerirvi di controllare bene lo stato del vostro antivirus prima di cliccare! Il sig. Englaro ha dimostrato molta più dignità ed amore verso la figlia; non l’ha fotografata ed esposta al pubblico come un fenomeno da baraccone, e mi riferisco ai video che potete trovare nel suddetto sito, ma ha invitato personalmente solo due figure fra le più alte cariche dello Stato ad entrare nella camera di Eluana e solo quando la polemica era giunta a livelli tragicamente grotteschi.
    In sintesi, secondo me, la questione non è più “ciò che è meglio per la paziente” o “cosa la paziente avrebbe voluto”; per quanto paradossale e doloroso, Eluana, il nome della quale, mentre scrivo, è sulla bocca di tutti è passata in secondo piano. C’è in gioco la libertà di scelta di ogni essere umano.
    Allora, dopo anni di battaglie legali, siam giunti ad una sentenza della Cassazione che ha dato il nulla osta all’eutanasia; non eseguirla è un atto contro la democrazia. E’ vero, come ha sottolineato il bidott, che la Cassazione ha deliberato in assenza di una legge specifica e, pertanto, tale sentenza può essere invalidata da un decreto governativo ma han avuto più di un anno di tempo per farlo, anno durante il quale non hanno mosso un dito finchè la Santa Sede ed organizzazioni cattoliche più o meno estremiste non sono intervenute con proteste che sono in molti casi sfociate in gesti addirittura grotteschi (vedi manifestanti stesi sull’ambulanza adibita al trasferimento di Eluana a Villa “La Quiete”, bottigliette di acqua lasciate davanti ai cancelli della medesima struttura, agenti del NAS spediti in fretta e furia ad eseguire controlli su che cosa poi non è dato sapere con precisione e via dicendo).
    Io credo che la cosa più giusta, opinione strettissimamente personale, sia rispettare in silenzio e raccoglimento, con dignità, la sentenza della Cassazione indipendentemente dalle convinzini religiose di ciascuno. Quando Eluana sarà morta anche “fisicamente”, sarebbe opportuno che il governo, con l’ausilio di consulenti qualificati e nei tempi e nei modi previsti dalle vigenti norme, ossia, non in fretta e furia come questo decreto “salva Eluana”, stendesse un progetto di legge che disciplini il finis vitae. Tanto per cominciare, riconoscere la validità legale del testamento biologico e istituire dei punti di informazione, simili ai consultori degli anni ’80 per l’informazione e l’assistenza sull’interruzione volontaria di gravidanza e sull’educazione sessuale in generale, in modo che ogni singolo cittadino sia consapevole di ciò che il testamento biologico comporta. Questo documento non può né deve essere un “testo unico” ma un documento “personalizzato” in base alle credenze di ciascuna persona. Lo Stato deve essere laico; nessuno vieta al Pontefice ed alle più alte sfere della Chiesa Cattolica Romana di professare il proprio credo ma non per questo possono arrogarsi il diritto di scegliere per tutti. Il testamento biologico non deve essere un obbligo civile ma uno strumento grazie al quale il medico può agire nella più assoluta sicurezza, o almeno con il minimo margine di errore possibile, di rispettare fino in fondo la volontà della persona. Questo, fra l’altro, proteggerebbe l’individuo anche dagli interessi della famiglia che troppo spesso non sono così nobili come si tende a ritenere.

  12. Lopo

    @mau:
    >non è manifestatamente incostituzionale,
    Infatti ho detto potenzialmente. Anche se rischia grosso.
    Il punto è che in situazioni del genere, se fossi dirigente di un partito che vuole difendere Costituzione e legalità, mi guarderei bene dal rischiare che qualcuno dei miei si ritrovi ad aver votato una legge incostituzionale perché in contrasto con qualche principio della prima parte della Carta (per le disposizioni della seconda parte, ovviamente, la cosa è diversa).
    > e non è più atroce di tante altre leggi.
    Forse stai sottovalutando il motivo per cui ho detto che è atroce: una legge temporanea senza un limite definito è roba che non sta né in cielo né in terra. Solo questo, probabilmente, basterebbe a renderla incostituzionale (e infatti pare che un emendamento della maggioranza voglia porre il termine a 180 giorni).
    Il fatto poi che ce ne siano altre più atroci cosa significa? Che allora in questo caso si può chiudere un occhio e mascherarlo da “libertà di coscienza”?
    > Quanto all’imposizione sul Parlamento, siamo sempre lì: non possiamo farci molto se i >parlamentari sono degli yesmen, ma questo esula dal disegno di legge a riguardo.
    Non è solo la natura dei parlamentari-fantoccio: uno che non lo è dovrebbe ribellarsi al fatto che il Governo usi il Parlamento come ratificatore dei suoi provvedimenti, per giunta forzando i tempi.
    > Quanto al Votare a favore “per salvare una vita”, immagino che chi voterà a favore perché >crede di fare così pensi al principio generale e non al caso particolare.
    Appunto. Se ritiene che per il principio generale della difesa della vita a tutti i costi si può passare sopra a certi principi fondamentali del diritto, nulla gli impedisce di fare lo stesso anche per altri motivi che ritiene legittimi e superiori.
    Che so, non ottemperare a innumerevoli sentenze per “difendere i posti di lavoro” di Rete4, o abolire il divieto di denuncia da parte dei medici per la lotta all’immigrazione clandestina, ecc. ecc.

  13. .mau.

    @lopo: se una legge non è manifestatamente incostituzionale, non si può fare nulla finché non arriva la corte costituzionale. Questo è un principio.

  14. Piero

    Trovo che ci sia una grossa contraddizione in tutta questa storia. Da una parte si rivendica il diritto di decidere cosa fare della propria vita quando si è moribondi, sulla base di volontà espresse quando si è lucidi in un testamento biologico. Dall’altra parte si chiede che venga rispettata una sentenza della Corte di Cassazione, decisa da un gruppo di giudici.
    Quindi, implicitamente si riconosce il potere della legge o della Corte sulla nostra vita, in assenza di una legge precisa. Se l’uomo vuole essere libero di decidere cosa fare della propria vita, senza imposizioni o accanimenti, io trovo contraddittorio che si invochi il rispetto della legge negli altri casi, quando proprio la legge impedisce di fare quello che si vuole.
    Ad esempio la legge impedisce di farsi giustizia da soli. Se si chiede che venga riconosciuto il diritto di agire come si vuole, perché allora si accetta il diktac della legge in questo caso? A questo punto si potrebbe rivendicare anche il diritto di farsi giustizia da soli, di farsi una giustizia come si vuole, a propria misura, tramite un testamento di condanna o di assoluzione del colpevole e non come propone la legge.
    Uno, per esempio, potrebbe rivendicare il diritto di fare un testamento “biologico” dove si chiede che in caso di una eventuale propria morte per assassinio o omicidio colposo per disgrazia o premeditato, il presunto colpevole omicida non venga condannato, ma venga assolto o viceversa. Trovo sia più coerente e giusto se si invocasse il principio di autodeterminazione, tramite testamento, anche in tutti i casi regolati dalla legge civile e penale.

  15. Procellaria

    Mi trovo d’accordo con Nemo_bis, qui non si discute del coma vegetativo, se sia vita o no, se fosse stato più umano lasciare che morisse o continuare ad alimentarla, etc.; ciò che è in gioco è il diritto di poter scegliere di morire o vivere, cosa ben diversa. In questo caso si è palesata la lacuna legislativa del testamento biologico e gli unici dubbi riguardavano proprio il fatto che il soggetto non poteva esprimere la propria volontà. Comunque mi pare ragionevole che siano stati il padre e la madre a prendersi la responsabilità di interpretare il suo volere e non certo Sacconi, Berlusconi, Bertone, etc. Ci fosse stata una legge seria sul testamento biologico la vicenda sarebbe stata ancora più limpida, come è stato per Piergiorgio Welby.
    Non può venire considerata una “questione di coscienza” (che a me sembra tanto un modo di chiamare le cose per pararsi il culo), si tratta di scegliere se voler vivere in uno stato che impone un’etica o in uno che garantisce ad ogni cittadino di poter essere padrone di sé. Secondo me non è possibile che in uno stesso partito non si trovi accordo su un tema così decisivo, a meno di non voler tenere il piede in tre scarpe. Che poi io non capisco perché il PD tenti di ingraziarsi i cattolici, il voto cattolico lo hanno già perso, non possono competere con UDC, PDL e Lega su questo fronte. Tanto vale far finta di avere la schiena dritta.

  16. Lopo

    @mau, stiamo parlando di parlamentari che la votano e di partiti che devono indicare come votare su un *disegno di legge*, cosa c’entra il “manifestamente incostituzionale” e il giudizio della Corte, che si applicano ad una *legge approvata*?
    E poi quello non è un principio, è la forma con cui la Costituzione italiana (altre potrebbero fare diversamente) dà applicazione ad un principio, chè quello per cui non possono sussistere leggi incostituzionali.

  17. .mau.

    @Lopo: la discussione di ogni disegno di legge inizia con le eccezioni di incostituzionalità, e può (raramente) terminare col Presidente della Repubblica che lo rimanda alle Camere perché manifestatamente incostituzionale. Se io fossi un parlamentare e fossi anche convinto che un ddl è incostituzionale, non lo potrei comunque votare.

  18. .mau.

    @Piero: non capisco il punto. La sentenza della Cassazione si limitava a riconoscere quel diritto.

  19. Lopo

    @mau
    Le eccezioni di costituzionalità le valuta il Parlamento stesso, quindi basta che la maggioranza decida che è non è incostituzionale, anche se magari lo sanno benissimo; mentre come ho detto il Presidente della Repubblica agisce a legge approvata.
    Difatti, questa stessa maggioranza ha già approvato leggi che sa benissimo essere incostituzionali, magari non in modo da poter essere bloccate da Napolitano (i cui atti rientrano pur sempre in un gioco di opportunità o inopportunità politiche sul momento, ad esempio potrebbe voler evitare un aperto scontro istituzionale – ricordiamoci anche se firmasse qualcosa di manifestamente incostituzionale che venisse poi bocciato dalla Corte Costituzionale, non pagherebbe alcuna conseguenza, quindi…) ma che permettono di “guadagnare tempo” finché non agisce la Consulta.

  20. vb

    Secondo me dovevano votare no, perché il Parlamento non deve legiferare su queste cose, ma lasciare libertà di coscienza AI CITTADINI.
    Lasciare libertà di coscienza AI PARLAMENTARI significa che su una materia etica come questa i parlamentari decidono per tutti gli altri, ossia che la coscienza prevalente DEI PARLAMENTARI diventa quella imposta a tutti i cittadini e ciò è inaccettabile.

  21. Piero

    .mau., c’è differenza tra riconoscere un diritto di autodeterminazione e autorizzare qualcosa che di norma è vietato. La sentenza autorizza l’interruzione di un trattamento e non riconosce esplicitamente il diritto di autodeterminazione, ma solo implicitamente. La sentenza non fa altro che riaffermare il potere dei genitori sui figli e il fatto che i figli sono di proprietà privata dei genitori sui quali ne decidono la sorte. A quel punto, tante persone vorrebbero essere autorizzate a fare tante cose che non possono fare se non c’è una esplicita autorizzazione; ad esempio occupare un immobile o parcheggiare in divieto di sosta o superare i limiti di velocità. Se invece il diritto di occupare un immobile o parcheggiare in divieto di sosta, così come quello di autodeterminazione, viene esplicitamente riconosciuto a tutti, non c’è più bisogno di autorizzazioni, perché la richiesta di autorizzazione implicitamente ti nega quel diritto se poi non viene autorizzata la tua decisione autodeterminata. Se ho il diritto di autodeterminarmi, perché chiedere autorizzazioni?

  22. Barbara

    A me piace molto questo.
    E se fossi ancora credente, andrei in chiesa a ringraziare Dio che ha avuto finalmente pietà di due genitori devastati dal dolore. Probabilmente perché lei glielo chiede da 17 anni.

  23. .mau.

    @piero: » La sentenza non fa altro che riaffermare il potere dei genitori sui figli e il fatto che i figli sono di proprietà privata dei genitori sui quali ne decidono la sorte
    Dove? non lo leggo.

  24. vb

    Piero: Non è vero, la sentenza sancisce che Eluana aveva indubitabilmente, chiaramente e motivatamente espresso il desiderio di non essere sottoposta a un trattamento di mantenimento in “vita vegetativa”, ossia intendeva in tale situazione negare il consenso informato del paziente che è necessario per qualsiasi cura; il fatto che non potesse negare tale consenso di persona per via delle sue condizioni non le toglieva il diritto di farlo, pur se per interposta persona del tutore; ma tutto questo SOLO perché aveva già negato tale consenso per il futuro mentre era in vita.
    Il tutore (in questo caso il padre) è solo il latore e garante della volontà del paziente, non decide un bel niente!

  25. Alessandro

    Beh, visto che il tema affrontato riguardava una liberta’ di scelta, lasciare liberta’ di voto ai parlamentari mi sembrava coerente. E’ anche vero che la coerenza e’ qualcosa che pochi avvertono come indispensabile, a parte la giusta preoccupazione dei matematti per la non contraddittorieta’… :-)
    Il tema e’ molto complicato, e non disambiguo “complicato” perche’ in questo caso intendo sfruttare intenzionalmente tutta l’ambiguita’ concessami dal linguaggio naturale.
    Mi limito a riportare (ma non a condividere) un argomento insidioso. E’ stato fatto notare che una decisione presa in condizioni di piena salute e consapevolezza potrebbe non essere piu’ condivisa quando le condizioni fisiche siano mutate. Che sia un argomentare inconsistente, una classica generalizzazione illecita, dato che una volta decerebrato dubito di poter avere un’opinione su qualsiasi cosa, incluso il mio stato, a non tutti sembra evidente. Quindi guardo con un certo timore ad un simile argomento.
    Si tratta di un ginepraio, ovvero “come avvertiamo la continuita’ della consapevolezza”. Io, ad esempio, non sono lo stesso “io” se digerisco male, se bevo un po’ di vino e via dicendo: ma sono sempre in un certo margine di tolleranza, credo. O almeno lo avverto come tale. Perdere le funzioni cognitive, invece, direi che e’ una transizione decisamente catastrofica, e quindi quella (avvertita) continuita’ dovrebbe andare presumibilmente perduta (grazie Thom). Quindi e’ vero che in caso di compromissione delle funzioni cognitive non sarei piu’ l'”io” che ha espresso le volonta’ di fine vita. Tuttavia, il nuovo “io” non credo proprio che esista, dato che tendo a ritenere la corteccia qualcosa di piu’ di una graziosa decorazione dell’encefalo. Inoltre, in quel caso anche il termine “persona” risulta, perdonate la brutalita’, quantomeno inappropriato: l’etimo e’ chiaro, deriva dal “risuonare” della maschera. Persona equivale quindi a ruolo, e comporta uno scambio di messaggi (direi che e’ forse riduttivo, ma Turing si libero’ di un bel sacco di problemi con questo sistema).
    Il punto dolente, a quanto ho letto e visto in giro, e’ che c’e’ chi magari in buona fede crede che una forma consapevole di comunicazione possa sussistere anche con un cervello devastato. Sarei tentato di etichettare queste esperienze come artefatti, insomma, quella continuita’ dell'”io” che e’ venuta a mancare sembra compensata dalla continuita’ dell’immagine mentale dei parenti: forse un affetto eccessivo che assume forme distorte, non saprei.

  26. Piero

    Vb, comprendo. Resta il fatto che che simili decisioni sono, a mio avviso, alla base di un pensiero dittatoriale diffuso e strisciante e denotano un individualismo esasperato che non tiene conto della realtà che ti circonda e nella quale sei inserito.
    Per cui si ragiona più o meno in questi termini: io ho deciso che in certe condizioni non vale più la pena di vivere e in tali casi io decido che non intendo proseguire oltre e mi voglio fermare, fregandomene degli altri, di quello che possono pensare o provare coloro che mi sono vicini e nonostante tutto ancora mi amano.
    I dittatori ragionano negli stessi termini: la loro volontà al di sopra di tutto, con il popolo bue ad acclamarli, in barba al dissenso, ma con la differenza che i veri dittatori, non mettono in gioco la propria vita, ma quella degli altri, come nel caso dell’aborto, terapeutico o meno che sia. Per cui ogni popolo si merita il dittatore che si merita. Uno lo abbiamo già avuto, un altro probabilmente è alle porte.

  27. Apis

    Piero, prova rileggere quello che hai scritto, non sta in piedi.
    Forse non hai riflettuto o sei troppo arrabbiato.
    I dittatori esercitano (arbitariamente) il proprio potere personale su altre persone e istituzioni. Impongono la propria volontà e i propri valori ad altri. Non accettano opinioni contarie.
    Qui, invece, quello che si rivendica è che una persona possa essere proprietaria della propria vita e poterne disporre.
    C’è, naturalmente, chi non è d’accordo e pensa che la vita sia un dono di Dio e che non possa essere disposta da chi l’ha ricevuta, appunto, in dono: benissimo, queste persone hanno tutto il diritto, nel malaugarato caso succedesse, di rimanere in coma vegetativo per anni o decenni, ma non credo sia giusto che debbano costringere chi non condivide questa visione.

  28. vb

    Piero: Non capisco l’argomento secondo cui se io dispongo della mia vita sono un dittatore, per cui devo lasciare che ne disponga il Presidente del Consiglio o chiunque scriva le leggi.
    Quanto all’idea che uno che ti ama, sapendo che il tuo desiderio è morire, prenda il tuo desiderio di morire come un “fregarsene di lui” (come se una persona in coma vegetativo irreversibile potesse ancora interagire con gli altri…) e ti imponga di restare in vita in una condizione che tu non volevi solo per, boh, guardarti lì a vegetare? beh onestamente hai un’idea ben strana dell’amore. E’ proprio perchè ami una persona che sei disposto a rinunciare a lei purché lei possa essere felice (o meglio, in questo caso, smettere di soffrire).

  29. Piero

    Apis, sono d’accordo che si rivendichi che una persona possa essere proprietaria della propria vita e poterne disporre, ma entro certi limiti che non deve essere la legge a stabilire, ma la coscienza della persona.
    Vb sì, avrò una idea strana dell’amore, ma convengo con te che l’amore è disposto anche a rinunciare alla persona amata purché possa essere felice. Per il resto, intendevo “dittatore” nel senso che non si può sempre disporre della propria vita come si crede e che la propria vita va vista anche in relazione con la vita delle persone che ci circondano. Nel caso in questione, mi riferivo alle suore che avevano preso a cuore il caso e avevano chiesto che il padre lasciasse la figlia alle loro cure. Poiché il padre amava la figlia, avrebbe potuto rinunciare a lei, per amore, affinché potesse essere affidata alle cure delle suore ed essere “felice” con loro, visto che c’era questa disponibilità. Purtroppo non possiamo sapere cosa significhi la felicità e il dolore in una persona in stato vegetativo ed ha prevalso la freddezza della sentenza.

  30. vb

    Piero, è proprio perché nessuno può sapere cosa siano felicità e dolore per una persona in quelle condizioni, che l’unica cosa sensata è esaudire le disposizioni che lei ha lasciato, almeno quando ci sono. Chi meglio di Eluana poteva sapere se, in quella condizione, sarebbe stata più felice morendo oppure facendosi accudire dalle suore? Come fai a pensare che il padre o le suore possano sapere questo meglio di lei?

  31. Piero

    Vb, non lo so, io ragiono da cristiano credente e applico la logica evangelica secondo la quale Dio vuole la vita e non la morte e ha sacrificato Gesù per la salvezza dell’uomo. Siccome il cristiano è tenuto a fare la volontà di Dio e non quella di altri, se vuole essere cristiano, ne consegue che la finalità di ogni azione cristiana, nei limiti del possibile, dovrebbe essere rivolta a tutelare la vita anche quando questa, sotto certi aspetti soggettivi, non è degna.
    Mi rendo anche conto che imporre la morale cristiana non è da cristiani, perché la libertà di scelta di ogni persona deve essere rispettata e a forzare la mano si rischia di cadere nel fanatismo.
    Bisognerebbe chiedersi, invece, perché una persona ancora lucida arriva a manifestare l’intenzione di essere lasciata morire in casi come questi e non a chiedere di fare tutto il possibile per essere aiutata a guarire. Bisognerebbe chiedersi quale siano i condizionamenti sociali e la molla psicologica che portano a rifiutare le cure e in definitiva a scegliere la morte certa invece della speranza di guarigione in una cura.

I commenti sono chiusi.