_Sillabari_ (teatro)

Sabato sera Anna e io siamo stati al Carcano, a vedere l’ultimo spettacolo di Paolo Poli, Sillabari. Checché ne dica Repubblica, non è che il teatro fosse così pieno: almeno su in balconata c’era più di metà dei posti liberi. D’altra parte, gli spettacoli di Paolo Poli hanno un format ormai stabilizzato, e non è che uno si aspetti nulla di diverso: dalle scenografie di Luzzati, ai boys (Alfonso De Filippis, Luca Altavilla, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco) che, vista la non più giovane età del nostro, hanno ormai un loro spazio abbastanza importante. Insomma, ci si va se si ama quello stile.
Devo però dire che Sei brillanti mi era piaciuto molto di più. Il problema credo sia nel manico, e cioè nel testo di Goffredo Parise da cui è stato tratto lo spettacolo. Sillabari è sì un libro composto di vari racconti e quindi perfettamente adatto per uno spettacolo formato da una serie di sketch. Però è tutto meno che un libro allegro, il che non va bene per quello che è definito come “spettacolo comico”. A parte il primo tempo dove la maggior parte dei racconti è ambientata durante la seconda guerra mondiale, in genere la scena finiva con gli attori che recitavano l’ultima battuta mentre stavano uscendo, e sembrava di essere arrivati a un anticlimax.
Sulla compagnia niente da lamentarsi, come al solito: Poli è incespicato un paio di volte su una battuta, riprendendosi in maniera eccezionale (la prima era in un pezzo quasi a filastrocca, quindi con la musica ritmata dietro, e garantisco che in questi casi non è facile far finta di nulla). Per quanto riguarda i costumi, Anna ha detto che l’ultima mise di Poli (una vestaglia stile pipistrello) a suo parere è stata apprezzata da praticamente tutte le donne a teatro! (noticina a latere: stavolta Poli ha recitato meno en travesti del solito, c’erano varie scene in cui non era in sottana da donna o monsignore…)

Ultimo aggiornamento: 2016-03-27 18:45