(attenzione! in questo post non parlo di matematica – o di fisica, se per questo – ma di qualcosa che si può avvicinare più alla filosofia della scienza. Questo significa che anche se dite di non capire nulla di matematica non avete scuse per non leggerlo)
I Rudi Matematici hanno inserito nel loro blog un problemino di fisica, che in una giornata ha già generato decine di risposte. Occhei, sono più bravi di me a generare traffico, ma quello non importa, almeno fino a che non avrò cliccato su “submit” e sarò andato a piangere amaramente. Il problema non è quantitativo: quindi non occorre per nulla fare i conti, ma semplicemente stabilire se la temperatura finale di due sfere sarà la stessa o diversa. Il tutto con una serie di assunzioni per così dire “naturali” (le sfere sono identiche, alla stessa temperatura iniziale, e con la stessa quantità di calore loro fornita), e altre necessarie per avere un problema e non una tautologia (una sfera è sospesa a un filo, l’altra posata sul pavimento); poi ci sono le assunzioni tipiche dei problemi di fisica (conoscete la barzelletta dell’approssimazione dei cavalli sferici?) che pavimento e filo siano perfettamente isolanti, e che le perdite di calore verso l’ambiente possano essere trascurate.
Il guaio, per me, non è il fatto che il problema sia qualitativo e non quantitativo: se siete convinti che la matematica sia solamente quantitativa ne avete una visione assolutamente limitata e distorta. Il guaio è che in questo problema, come del resto in tutti i problemi di fisica che non siano banali conti per applicare un principio, il povero solutore non sa quale sia la proprietà non invariante. I trenta e più commenti prima del consenso sulla soluzione erano proprio tesi a cercare quale poteva essere questa proprietà omessa nel testo ma necessaria per arrivare alla soluzione: un po’ come un romanzo giallo di quelli di serie C, dove l’investigatore scopre chi è l’omicida “barando”, e usando delle informazioni che non erano affatto indicate nello svolgimento della trama. (Io in genere non riesco a trovare il colpevole nemmeno nei gialli di Ellery Queen che sono esplicitamente fatti per scoprire come è stato nascosto l’indizio, ma di nuovo questo è irrilevante).
Capisco che per molta gente questo è proprio il bello della fisica: scoprire cosa applicare in quella situazione, per quanto teorica essa sia, in modo da sentire di conoscere le regole che regolano il mondo. Per me invece questo approccio non funziona per nulla: o meglio, funziona nella vita reale, dove però non sono interessato ad avere la risposta (che tanto è quarantadue, lo sappiamo tutti) ma un risultato sufficientemente passabile.
Per come vedo io la cosa – probabilmente perché sono un platonista dentro – nella matematica la situazione è completamente diversa. Io in linea di principio ho gli strumenti per risolvere un problema, ammesso sia risolubile il che come sappiamo non è detto. Poi può darsi che io non riesca a scoprire lo strumento giusto, ma gli strumenti matematici (i “teoremi”…) sono in realtà delle convenienti abbreviazioni per tutta una serie di operazioni elementari impacchettate insieme e che posso usare come una scatola nera: se le scatole sono tante magari me ne sfugge una, ma in linea di principio posso sempre mettermi a costruirla per conto mio.
Sopra ho usato il termine “invariante” non a caso: ci sono molti problemi matematici, specialmente di classificazione ma non solo, per la cui soluzione si cerca un invariante, cioè una proprietà che non cambia facendo una serie di operazioni. Il classico problema di coprire con trentun rettangoli 1×2 una scacchiera 8×8 dove sono state tolte due caselle agli angoli opposti si risolve con un invariante (il numero di caselle bianche e nere); nella teoria dei nodi sono stati proposti molti invarianti per dire se due nodi apparentemente distinti sono in realtà equivalenti, ma non c’è ancora un risultato completo. La situazione si direbbe equivalente a quella della fisica; per me non lo è affatto, perché qua mi limito a cercare delle formule che facciano da invarianti, e non parto per la tangente a fare una caccia al tesoro… pardon, alla proprietà non meglio identificata che può essere di qualsivoglia tipo.
Occhei, rileggendomi vedo che non mi sono affatto spiegato, il che non è poi così strano visto che io e la filosofia abbiamo sempre avuto dei franchi scambi di opinione. Voi ci avete capito qualcosa?
Ultimo aggiornamento: 2009-01-15 12:44
Quel che a me sembra di capire è che sei stupito dalla diversità strutturale tra matematica e fisica: o meglio, “stupito” è forse dire troppo, ma diciamo che l’uso di accoppiare spesso matematica e fisica come campionesse della scienza dura e pura le fa sembrare sorelle gemelle, mentre invece sono forse solo cugine.
.mau., se per una volta ci si mettesse ad elencare le “differenze” fra le due (e dico differenze costituzionali, mica di accessori), ci ritroveremmo in buona sostanza a scrivere gran parte del tuo post. In linea di principio, tutta la matematica è deducibile: la fisica no, e quel che peggio, se anche lo fosse, della sua deducibilità ci faremmo tutto sommato poco, perchè ogni deduzione va poi messa a confronto con l’esperimento. So che sono sempre le solite cose, che si dicono sempre, ma sono importanti. Tu, fossi onnipotentemente bravo nell’estrarre conclusioni logiche, potresti creare tutta la matematica possibile (a dire il vero, non sono poi così sicuro della cosa: si presuppone una sorta di coincidenza tra logica e matematica, e già Frege ha passato dei pessimi quarti d’ora, in merito… però via, credo che ci siamo capiti) e appendere gli strumenti del matematico al chiodo.
Un fisico di pari potenza, se non può andare fuori a confrontare i frutti della sua teoria, ha in mano meno di niente. Non è che sia solo questione di forma, è pura sostanza: la conoscenza teorica del fisico NON è ancora conoscenza. E a ben vedere non lo sarà mai, perchè il risultato degli esperimenti deve esseresempre ripetibile e ripetuto, e come diceva Bohr, fare previsioni è diffcile, specialmente sul futuro. Quindi, in linea di principio, l’univeros potrebbe evolvere, cambiare, e il tuo esperimento dare risultati diversi.
Il matematico ha la libertà di creare milioni di mondi di diversi, purchè consistenti. Il fisico la schiavitù di misurare l’unico disposto a farsi misurare. Però guarda che non è per niente male, come schiavitù.
@piotr: ovviamente non ne sono stupito, ho subito fisica a sufficienza all’università e Fisica 2 l’ho passata solamente applicando il mio “senso fisico” (nel 90% dei casi la mia risposta secondo il senso fisico era l’opposto di quella corretta). Facevo appnuto solo notare come per tutta la storia dell’umanità, tranne un periodo dal 500 aC al 200 dC e gli ultimi 150 anni, la matematica sia sempre e solo stata vista come “il mezzo per esprimere qualcos’altro” (e fin qua nulla di male), e che negli ultimi cinquant’anni la fisica è stata vista come “matematica applicata”, e qui avrei molto da ridire.
E la fisica teorica? O la fisica matematica? Quelle come le vedi? :-)
@zar: fisica matematica è fisica a cui hanno messo una pellicola sopra per nascondere cos’è davvero: fisica teorica è matematica, tanto che tirano fuori teorie su teorie e nessun esperimento per verificarle :-)
Tranquillizzati, Maurizio: c’è molto ma molto peggio della fisica.
Giusto per prendere un paio di citazioni da un recente Nobel:
imagine a pure exchange economy. There is a single consumption good, which drops as manna from heaven, so that consumption in each period is a given (qui)
Suppose a country with fine food is invaded by purveyors of a cheap cuisine that caters to cruder tastes. You may say that people have the right to eat what they want, but by thinning the market for traditional fare, their choices may make it harder to find–and thus harder to learn to appreciate–and everyone may end up worse off (qui)
Mau, la matematica è precisa; la fisica un po’ meno.
Secondo te, due sfere di ghiaccio (di vetrato) che si trovino alla stessa temperatura (-30°C) una appoggiata sul pavimento, ed una appesa ad un filo, a cui vengano fornite le stesse identiche quantità di calore (per portarle alla temperatura di -3°C cioè calabrosa), e ammesso che non abbiano alcuna dispersione con l’ambiente circostante (filo e pavimento compresi), alla fine dei giochi, saranno calde uguali oppure no? E se no, quale dovrebbe essere quella più calda?
Vedi che si rovescia il risultato!!!
@Zar, .mau.: nell’uso comune di chi lavora all’università, la fisica matematica è una parte della matematica – un nome forse più chiaro è metodi matematici della fisica. Di solito i matematici puri dividono la loro disciplina sulla base delle tecniche usate; invece la fisica matematica è definita dall’origine dei problemi che studia.
Sul fatto che la fisica, anche teorica, resti comunque distinta dalla matematica, consiglio i seguenti passi:
1) leggere il blog o il libro di Peter Woit;
2) chiedere a un teorico delle stringhe cosa pensa di Woit.
Per la parte 2) è utile munirsi di un riparo, nel caso lo stringhista perdesse le staffe :-).
Quello che non si capisce è perché, da Keplero e Galileo in avanti, nella fisica ci sia così tanta bella matematica. Bella nel senso di profonda: in proposito consiglio il libro di Feynman “La legge fisica”, in particolare l’analisi sulle varie forme di espressione per la legge di gravità.
Io potrei fare unicamente il fisico sperimentale :-), vale a dire oggi sarei tagliato fuori da tutto.
Barbara ha dato una descrizione perfetta della distinzione matematica/fisica, nulla da aggiungere.
Sulla profondità dei metodi matematici della fisica, io mi stupisco sempre sulla loro bellezza! Analogamente a quanto mi accade quando faccio il turista in giro per il mondo, a caccia di paesaggi, non mi stanco mai di cercare e trovare posti belli, senza riuscire a dire quale sia il migliore.
E come succede a quei luoghi infestati dai turisti, spiace che l’eccessiva speculazione li rovini. Le teorie fisiche più recenti mi fanno lo stesso effetto di quei mega alberghi costruiti sulle spiaggie di Bali :-).
La legge fisica di Feynman mi ha affascinato quando la lessi quindici anni fa, e mi hai fatto venire voglia di rileggerlo. Caldamente consigliato.
Poco tempo fa avevo per l’appunto segnalato dalle mie parti la seconda Messenger Lecture di Feynman: The Relation of Mathematics & Physics.
Immagino che Feynman avrebbe ragionevolmente risposto che la differenza di temperatura è trascurabile, come si desume anche dalla soluzione ufficiale (problema quattro) tale differenza è infatti piccolissima anche nel caso in cui le sfere siano metalliche e le approssimazioni siano scelte in modo da esagerare l’effetto.
@Barbara un bel dibattito tra Lubo Motl e Peter Woit sarebbe uno spettacolo da non perdere (per motivi extrascientifici).
@Barbara: tu lavori in un’università fondamentalmente di fisici, non conti :-P
Che nella fisica moderna ci sia tanta bella matematica, secondo me capita semplicemente perché i fisici hanno imparato a fare le approssimazioni giuste…
La Matematica ha la sua essenza nel pi greco 3,14… . Il pi greco è quella lettera greca che più si avvicina alla Phi 31/24 (golden section 1,618) dell’alfabeto greco (comprese le lettere arcaiche). Un motivo ci dovrà pur essere se qualcuno ha deciso di mettere il pigreco in quella posizione, no? ;-))
@mestesso: di questi tempi i fisici sperimentali hanno prospettive di lavoro migliori di quelli teorici.
@fB: la tua proposta di un dibattito Woit/Motl mi ha immediatamente fatto immaginare i due in tenuta da wrestling. Sarebbero molto buffi.
Il punto è che anche stringhisti molto meno inca%%osi di Lubo reagiscono al nome “Woit” come un toro davanti a un panno rosso.
@.mau.: alcuni fisici producono matematica nel loro fare fisica; non lo penso solo io, visto che un fisico ha avuto pure la medaglia Fields. La fanno da fisici, senza dimostrazioni, senza nemmeno definizioni, ma matematica è; tanto è vero che poi i matematici prendono le loro idee, aggiungono definizioni e teoremi, e ci fanno della Matematica Pura(TM).
Per quanto riguarda le mie vicissitudini personali, hai invertito l’implicazione. Non penso che i fisici producano matematica perché sto in un posto pieno di fisici. Sto in un posto pieno di fisici (sono stati i fisici a chiamarmi) perché sono capace di prendere le loro idee matematiche e renderle rigorose. Almeno un pochino, almeno alcune.
PS = pettegolezzo scientifico: come molti scienziati nel mondo sposati a una collega, Witten ha una moglie italiana.
Ci sono poi matematici come David Bailey e Jonathan Borwein, che teorizzano una via sperimentale alla matematica in cui le dimostrazioni rigorose sono precedute da tentativi “assistiti”, che eventualmente possono sostituire la dimostrazione stessa
: http://www.experimentalmath.info/ ma anche qui http://en.wikipedia.org/wiki/Experimental_mathematics
In fondo il rigore è solo il figlio bourbakista del secolo scorso…
@Marco B. Rossi: se c’è evidenza sperimentale ma non dimostrazione, il Vero Matematico(TM) fa una bella congettura (Riemann, Poincaré, Weil, Hodge…) e va avanti a dimostrare usando la congettura come un teorema. Il rigore l’hanno inventato gli antichi greci, non Bourbaki.
Ci sono poi matematici come David Bailey e Jonathan Borwein.
Borwein è professore di informatica, Bailey fa ricerca fisica computazionale.
Non so se ci sono matematici come loro. Non molti, in ogni caso.
Molto interessante questo discernimento, soprattutto in vista di una scelta universitaria come la mia.
Direi che da questo, deduco che non farò mai né matematica, né fisica.
Temo che entrambe siano troppo strettamente legate vicendevolmente, e studiare una e non l’altra mi darebbe un enorme senso di incompletezza.
Poi beh, non sono proprio portato a vedere il mondo attraverso i numeri (dico in senso buono, intendiamoci).
Una formula non sarà mai abbastanza perfetta per poter rappresentare al meglio ciò che vale la pena più di tutto (secondo me) provare a rappresentare.
Così come la matematica non sarà mai abbastanza completa (Zar m’insegna che c’era anche un saggio matematicaro che diceva questo) per dare le basi a quell’altra nel riuscire nel suo intento.