Leggo da Livingston che a ottobre 2009 con ogni probabilità chiuderà la libreria romana Babele (la dependance milanese è già sparita, ma di quella non penso se ne siano accorti in tanti).
Se anche uno come me conosceva di nome quella libreria, significa che aveva una certa importanza: nulla da eccepire. Però c’è qualcosa che non mi torna: non tanto nelle parole dei fondatori quanto nel commento di Marco.
Per come vedo io la cosa, il problema non è “Babele chiude perché è una libreria gay”. Tutte le piccole librerie hanno le stesse difficoltà, e in questi anni anche quelle specializzate sono finite su questa brutta china; i bestseller li si trova ultrascontati negli ipermercati, e per la letteratura di nicchia ci sono le librerie online. Inoltre, se i fondatori di Babele affermano che oggi è più facile trovare libri di argomento lgbt nelle librerie generaliste, posso immaginare che la cosa sia vera.
Quello che traspare dall’annuncio, o almeno quello che ho capito io, è che comunque sembra terminata anche l’esperienza di fornire un punto d’incontro e di confronto per la comunità lgbt. Ora, non ho esperienza al riguardo, tanto meno a Roma: però mi sa che il vero problema sia appunto quest’ultimo, e la crisi della libreria sia solo qualcosa di secondario. Non che abbia delle soluzioni in nessuno dei casi, ma forse in questo modo per qualcuno è più facile avere delle idee al riguardo.
Ultimo aggiornamento: 2008-12-09 15:02
Io non frequento né Milano né Roma, ma non credo che le due librerie Babele fossero una la dependance dell’altra. Di quella di Milano se ne è parlato: io ne ho letto su Anelli di Fumo.
Hai comunque ragione nel dire che in questi casi si sovrappone il problema della chiusura delle piccole librerie indipendenti a quello delle librerie come punto di riferimento per una comunità LGBT ancora molto discriminata (RaiDue, mi dicono, ha censurato Brokeback Mountain ieri sera).
Per chi fosse interessato, la migliore analisi di entrambi i lati della questione è secondo me nella pluridecennale (e ormai conclusa) storia di “Madwimmin Books”, la libreria LGBT nella serie Dykes To Watch Out For. Se non sapete niente di DTWOF, posso solo ripetere il commento di Moretti sulla Sacher :-).
Ciao Mau, io commentavo con amarezza il fatto che sono diventati normali i libri gay, ma non tutto il resto. Quanto ai punti d’incontro, almeno a Milano, i gay sono sempre stati ben più pragmatici: discoteche, locali, zone di battuage. Gli ultimi incontri alla Babele credo che risalgano agli anni ottanta, per dire.
@barbara: la gestione delle due librerie era indubbiamente indipendente, ma in un certo senso quella milanese era figlia della romana. (OT: per quanto riguarda Brokeback Mountain, segnalo questo “contrordine compagni” dall’ufficio stampa Rai, ma non chiedetemi altro: sapete che io e il cinema non andiamo d’accordo e il film non l’avevo visto nemmeno al cinema. L’unica cosa che posso dire è che se si decide di farlo vedere in tv allora dev’essere in versione integrale)
@marco: è probabile che abbia inteso erroneamente il tuo post, allora. A me, come dicevo, dava l’aria di una considerazione a tutto campo, mischiando appunto la parte “libreria” con quella LGBT.