Poveri musicisti

Leggo dalla BBC che è stato spedito al premier britannico Gordon Brown un video, da parte di 38.000 musicisti, per chiedere che venga approvata la proposta di legge per l’allungamento del copyright sulle esecuzioni musicali (che è al momento a “soli” 50 anni, a differenza di quello per gli artisti che è di 70 anni dopo la morte dell’autore). La Commissione europea propone di allungarlo a 95 (novantacinque) anni, ma il governo inglese non è d’accordo. Ah: il video naturalmente non è stato fatto da tutti i 38.000 musicisti, ché altrimenti si sarebbe battuto di gran lunga il record di We Are The World, ma da una delegazione di 29 persone.
A parte il banale fatto che per quello che ricordo io dei Beatles i session men venivano semplicemente pagati per la loro prestazione, e non ricevevano royalties (altra cosa è naturalmente quella degli interpreti: i Beatles non guadagnano diritti d’autore solo per le canzoni composte ma anche per quelle cantate da loro, almeno da un certo punto in poi), e a parte che io sono convinto che anche il copright degli autori dovrebbe tornare ad essere ridotto al massimo a 40 anni dalla produzione dell’opera (e non dalla morte dell’autore), qui stiamo parlando degli interpreti. Il copyright per gli autori nacque per fornire loro sostentamento per la vecchiaia, e infatti durava 28 anni che era considerato un periodo equo considerando la speranza di vita di allora. Però stiamo appunto parlando di autori. Qui abbiamo l’equivalente di un mobiliere che prepara un bel tavolo partendo da disegni altrui, vede che il tavolo è sempre usato in occasioni importanti e quindi chiede che per 95 anni gli si dia dei soldi, perché in fin dei conti il suo lavoro è sfruttato da tutti. Non mi sembra che si stia parlando di chissà quale creatività, no?

Ultimo aggiornamento: 2008-11-26 14:31

6 pensieri su “Poveri musicisti

  1. paolo beneforti

    beh, insomma. per la musica classica una certa esecuzione è di fatto un atto creativo. sul pentagramma non ci sono tutte le informazioni che portano ad una determinata interpretazione.

  2. mestesso

    A parte il banale fatto che per quello che ricordo io dei Beatles i session men venivano semplicemente pagati per la loro prestazione, e non ricevevano royalties
    Non mischiamo le pere con le mele: i session men sono musicisti che si prestano per eventi musicali dall’inizio e fine predefinite sotto completo controllo del contraente e vengono retribuiti solo ed esclusivamente a questi fini, e per questo non vengono considerati autori od interpreti dal punto di vista legale del termine. Sono consulenti musicali ;), pagati a spot. Qualche volta, e solo quando gli interpreti sono musicisti affermati e nemmeno sempre, tra le parti (contraente ed interpreti) vengono stipulati contratti particolari con la condivisione dei diritti. E’ l’eccezzione e non la regola.
    Non mi sembra che si stia parlando di chissà quale creatività, no?
    Non esagerare .mau.! Come ha fatto notare Beneforti, la cosa è molto più complessa e meritevole di menzione di come la poni tu.
    Premettendo che 95 anni è troppo, argomentiamo meglio la risposta.
    Un interprete, come del resto dice la parola stessa, non copia pedissequamente ma esegue variazioni del pezzo originale che ne determinano una sostanziale differenza dall’originale. Storicamente ci sono state molte e pesanti diatribe sul concetto di “sostanziale”, ma tutti sono unanimamente d’accordo sul concetto che un interprete fa un lavoro sostanziale e non formale, e come tale va riconosciuto (in termini di erogazione dei diritti d’autore).
    Se questo concetto è platealmente vero (come dice Beneforti) nella musica classica, gli esempi nel rock-pop di beatlesiana memoria non mancano ;). Quante variazioni esistono di Imagine? Non ne ho idea, ma facciamo siano un centinaio. Di queste, la gran parte è spazzatura. Ma che dire di un arrangiamento sinfonico che ho sentito, di alta qualità e ben eseguito? Tieni anche presente che i diritti sono a cascata: un tot all’interprete/i, il resto a Yoko Ono (che Dio l’abbia in gloria).
    Senza contare che alcune interpretazioni sono meglio dell’originale…(non parlo di imagine, ma in generale).
    Sulla durata, siamo d’accordo :). Ma mettiamo ordine nei concetti…

  3. .mau.

    @mestesso: io non mischio pere con mele, tanto che ho specificato che ad esempio i Beatles si prendono delle royalties anche come interpreti. Non direi che lo stesso si possa dire per l’articolo originale. Per quanto riguarda il paragone con il mobiliere, è ovviamente una provocazione: ma a parte la lunghezza della protezione vorrei anche fare notare come qui stiate più parlando di arrangiamento che di interpretazione.

  4. mestesso

    .mau., scusami, ma secondo te un arrangiamento non è un atto creativo? E quindi una interpretazione ;)? No, non è una mia provocazione: è la realtà dei fatti!
    La musica .mau., è cosa diversa (da un libro|un articolo). Un (libro|articolo) racconta|descrive|parla di qualcosa. Se io prendo lo stesso (libro|articolo), e ci cambio delle frasi ma non cambio il contenuto, ovviamente non ho prodotto nulla che determinino una sostanziale differenza dall’originale. Se io scrivo i nuovi promessi sposi, con gli stessi personaggi ma con una storia diversa, ho fatto una cosa diversa.
    La musica, a differenza del libro, ha due differenti piani di lettura: il contenuto (la melodia (la storia ed il modo cui viene raccontata nel libro)) ed il contenitore (l’esecuzione (certo tu il libro lo puoi leggere seduto sulla tazza, ma mica cambia il contenuto della storia…, oppure cambia qualcoa se il libro è tascabile o rilegato? Se la casa editrice è differente?)).
    E’ quindi giusto, sacrosanto e corretto trattare i diritti in maniera diversa e conseguente. E’ un problema squisitamente di principio!

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