Non bastavano gli otto miliardi di euro di tagli alla scuola proposti dalla Maria Stella Gelmini (anche se a dire il vero il corteo per la manifestazione di ieri al Trotter è passato sotto il mio ufficio, e ci saranno sì e no state duecento persone, giusto per dare un ordine di grandezza). La Lega, già che ha visto l’opportunità, ha pensato bene di far votare una mozione per creare “classi ponte” dove mettere i bambini che non parlano italiano (leggasi gli stranieri). Persino da destra si sono levate voci contrarie: magari perché si corre il rischio di non riuscire ad approvare il decreto Gelmini prima che scada. Anche i blogh e i bloggher ne parlano, immagino con maggior cognizione di causa del sottoscritto che non ha figli e non sa come sia la classe di scuola di suo nipote a Torino. Però non evito comunque di sparare le mie idee.
Innanzitutto, già vent’anni fa per bocciare un bambino nella scuola elementare dove insegnava la mia mamma occorreva che fossero d’accordo il maestro, il direttore della scuola, lo psicologo e i genitori del bambino: giusto per capire che il problema non è dei bambini extracomunitari, che al tempo non c’erano almeno nella scuola vicino a casa mia. Possiamo discutere se sia meglio avere una classe con bambini dello stesso sviluppo fisico o una classe con bambini dello stesso sviluppo cognitivo, ma è appunto una discussione diversa.
La risposta più logica (beh, a dire il vero è anche quella dei legaioli) è “è meglio avere una classe con bambini dello stesso sviluppo fisico e dello stesso sviluppo cognitivo”. D’accordo, in linea di principio. Però in questo caso sarebbe più logico avere un percorso aggiuntivo, dove chi non sa l’italiano a sufficienza e quindi ha difficoltà a seguire le lezioni abbia corsi suppletivi di italiano al pomeriggio che lo aiutino a raggiungere il livello sufficiente. Altrimenti è ovvio che separando le classi otterrai bambini di serie A e bambini di serie B-C1-C2…
Oops. Dite che è appunto così?
Ultimo aggiornamento: 2008-10-16 11:19
Mia sorella è maestra e anni fa si occupava proprio delle lezioni supplementari di italiano per bambini stranieri (programma ben presto sospeso per tagli vari, anche se aveva dato ottimi risultati). A quell’età, come dice lei, i bambini sono “come spugne” e per molti erano sufficienti pochi mesi* di lezione per poter partecipare in pieno a tutte le attività scolastiche. Mi raccontava anche che ce n’erano che, pur sapendo pochissime parole di italiano, erano molto bravi in matematica e questo li incoraggiava molto perché sentivano di poter partecipare come i coetanei italiani nonostante gli ostacoli linguistici.
* Immagino che le classi ponte siano previste per l’intero ciclo scolastico del bambino straniero, calcolo presumibilmente fatto sui tempi di apprendimento delle lingue del leghista medio…
Mi sono così arrabbiata che ho persino scritto sul blog :-). Alla radio hanno pure blaterato qualcosa sul non aggiungere bambini in classe dopo il primo gennaio, che mi pare mal si cocili col diritto/dovere alla scolarità.
Io già mi immagino quando dovranno dire ai vari prof americani/canadesi/giapponesi/ecc che bazzicano da queste pari che i loro figli devono andare nelle scuole dei Paria in quanto extracomunitari.
Non traiamo conclusioni affrettate… leggiamo bene, ad esempio l’articolo di Repubblica dal quale si evince che:
a) Si chiamano “Classi di inserimento”
b) Non è che uno in quanto extracomunitario finisce di default in una di queste classi ma ha la possibilità di sostenere dei test di accesso alle classi “normali”
c) Ci saranno corsi per l’apprendimento della lingua italiana
Non mi pare una cosa così pazzesca…
@Damiano: quindi – ammesso che il bambino, nello stesso tempo dedicato alla scuola di un bambino nella classe di serie A, impari le nozioni standard e l’italiano – lo togli dalla classe e dagli amici che si era fatto? A me sembra ancora peggio.
Pur pensando che le proposte della Lega molto raramente sono volte a migliorare il sistema, ma solo a rendere più difficile la permanenza agli extracomunitari, in questo particolare caso mi pare arduo essere contrari, qualora la cosa sia attuata seriamente e costruttivamente e con l’accorgimento evidenziato da Damiano qui sopra.
Quello he ho verificato io in questi anni (3 figli alle elementari) è stato l’inserimento in ex abrupto in classe (non solo la prima o la seconda, ma anche la 4a e 5a) di bambini che non comprendevano letteralmente l’italiano, con conseguenze immaginabili (soprattutto per loro).
Non so alle elementari, ma alle medie una mia amica insegnante mi dice che è già così: vox populi sa quali sono le scuole con molti immigrati (dove gli italiani generalmente evitano di mandare i figli se possibile) e quali sono quelle a prevalenza di italiani. Lei è sinistrissima e convintissima sull’integrazione, ma mi diceva che persino lei ha pensato di dire ai genitori degli unici due ragazzi italiani e non delinquenti (nel senso che ha anche molti ragazzi italianissimi e delinquenti già a 13 anni) di portarli in un’altra scuola: d’altra parte, se l’insegnante deve perdere tre quarti del tempo a rispiegare le cose a gesti quattro volte perché metà classe non parla italiano, l’altra metà che cosa impara?
Certo che la questione è garantire un percorso di inserimento per un tempo finito a chi non è al livello della classe in cui “atterra” (letteralmente, nel senso che spesso sono ragazzi giunti lì pochi giorni prima dalla campagna romena o dalle periferie marocchine, e ancora non capiscono dove sono finiti), e non certo discriminare perpetuamente i figli degli immigrati solo perché sono immigrati: quindi qualcuno mi chiarisce se la proposta è del primo o del secondo tipo?
come dicevo su piste non ho un’idea chiara a riguardo. però penso che prevedere corsi aggiuntivi sia un po’ azzardato. da un lato si parla spesso di bambini non particolarmente motivati ad imparare, quindi la prospettiva di passare a scuola l’intera giornata potrebbe essere un po’ deprimente. ma soprattutto, oberarli di corsi supplementari vorrebbe dire far saltare loro a pie’ pari i compiti a casa, così da peggiorare ulteriormente il loro rendimento scolastico. se davvero non si trattasse di classi parallele ma solo di una pausa di un anno (per dire: un bambino di 11 anni arriva in italia, fa un corso di lingua e poi viene immesso in 1a media), forse sarebbe persino una proposta ragionevole, a prescindere dai fini di chi la propone. la questione semmai è: corsi di lingua finanziati con quali soldi?
La proposta è del secondo tipo.
I corsi di inserimento ci sono, o meglio: c’erano. La mia compagna ha fatto questo per diversi anni, ossia la mediatrice culturale, forte di una laurea e di svariati corsi di perfezionamento.
Dopo che l’amministrazione comunale del ricchissimo Comune di seconda cintura milanese dove insegnava è passata dal centro-sinistra alla Lega, in tre anni il percorso è stato: privatizzazione/precarizzazione dei servizi di supporto (non più dipendenti comunali ma cocopro di cooperative sociali), amichettizzazione (appalto a cooperativa di area CL/CdO), taglio dei fondi. E’ una scelta politica precisa, insomma.
Ora lei è emigrata all’estero, in un Paese con molti più immigrati che non l’Italietta; un Paese che in passato ha avuto problemi sociali molto più forti che non l'”emergenza paura” e che ha imparato la lezione e oggi investe moltissimo nell’integrazione, con risultati eccellenti. La seguirò appena possibile.
@.mau.: non credo di aver ben compreso il tuo intervento, se un bambino è già in una classe ed ha già degli amici si suppone che parli e comprenda la lingua quanto basta.
Interessanti gli esempi portati da Apis e vb.
@vb: mi pare chiaro che la proposta è di usare le classi di inserimento temporaneamente per poi appunto inserire gli alunni nelle classi normali.
mi sembra giustissima l’idea di spalmare gli “stranieri” su più classi possibili. concentrarli tutti in una classe non è funzionale all’apprendimento della lingua.
che io sappia le classi pomeridiane di recupero già esistono e sono “dotate” di personale abilitato all’insegnamento dell’italiano (che non è una passeggiata).
questa è la soluzione migliore. i ragazzi si integrano in classe e seguono le lezioni normali. contemporaneamente studiano l’italiano in classi pomeridiane la cui gestione penso stia all’autonomia della scuola. metterli in classi ponte è la soluzione peggiore. in primis è utile solo a perdere tempo e anni. poi perché l’unico modo di imparare una lingua è la full immersion. a casa i ragazzi parlano già la loro lingua e spesso i genitori non conoscono che poche parole italiane, e così gli amici che solitamente sono connazionali. l’unico momento della giornata in cui possono entrare davvero in contatto con l’italiano è appunto la scuola. e questo lo sa qualsiasi persona che sia andata in erasmus senza sapere la lingua. la lingua si impara sul posto grazie alle normali lezioni universitarie ed agli amici. non certo con un corso di lingua che è necessario ma solo come complemento.
Diverso è il discorso di classi ponte opzionali e magari solo per le superiori, non imposte cioè dal risultato di un test ma dalla libera scelta e consapevolezza di genitori, insegnanti, alunno ed altre figure scolastiche.
altra cose.
Dal forum del corriere.it: “ho insegnato l’italiano a tre bambini marocchini (due fratelli e una sorella) perchè potessero essere inseriti senza troppi problemi nelle classi di appartenenza per età anagrafica. Fu un’esperienza assai gratificante per me dal punto di vista umano e i ragazzini si divertirono molto. Tuttavia, perchè i tre potessero cominciare a padroneggiare la lingua italiana fummo costretti ad inserirli con gli altri bambini italiani. Ce ne accorgemmo dopo poche settimane: imparavano di più nel tempo di ricreazione che in aula con me. Lo scoglio maggiore era che io non conoscevo l’arabo e neppure ero in grado di impararlo (come avevo inizialmente creduto). Come pensa la Lega di gestire queste situazioni, considerando una classe nella quale insieme all’arabo si parlano anche il cinese, il lituano, il brasiliano, il tedesco e via dicendo? Ecco a quale domanda mi piacerebbe che rispondessero il ministro Gelmini e l’0onorevole Cota”
Faccio presente inoltre che questa mattina Cota era su La7 a raccontare che bisognerebbe insegnare agli stranieri il dialetto del posto perché questo è l’unico modo per non generare scontento. “quando si arriva in un posto è necessario adattarsi alle sue usanze” (dialetto compreso).
il problema non arriverà certo domani mattina. ma quando sarà in funzione il federalismo ne vedremo delle belle. a proposito: esistono insegnanti che conoscano il dialetto del posto? e come facciamo con gli insegnanti del sud? vero, ci sono le graduatorie locali. anche di questo bisognerebbe parlare.
Nemmeno la soluzione del percorso aggiuntivo funziona. Questa dà per scontato che si voglia recuperare o che si possa convincere a volerlo fare. Nella mia famiglia ci sono parecchi insegnanti ed il feedback che ricevo ha sempre confermato la mia impressione sul fatto che non si possa schematizzare. Ci sono quelli che sono irrecuparabili per problemi propri, di famiglia o ambientali, ci sono quelli che potendo avere maggiore assistenza potrebbero recuperare, quelli che richiedono solo più calci nel sedere o la paura di essere bocciati. Nessun gruppo è predominante e qualsiasi soluzione danneggia qualche altro gruppo (e stiamo tralasciando i più bravi ed i medi, che da alcune di queste soluzioni potrebbero essere molto danneggiati). Per me l’unica soluzione è dare ampie autonomie alle scuole con la possibilità di organizzare le classi come meglio richiede la situazione contingente, tralasciando quella che è l’ultima delle preoccupazioni: garantire la continuità degli amichetti tra un anno e un altro.
Risegnalo che il problema è anche che in certe scuole la percentuale di stranieri tende al 100%: lì, che cosa spalmi?
D’altra parte, se ti dicessero che tu italiano laureato e borghese devi scegliere tra iscrivere il tuo unico figlio a una media dove starà prevalentemente con compagni di dieci etnie diverse, che parlano male l’italiano, che fanno gruppo tra loro per parlare la loro lingua madre ignorando tuo figlio, che in buona parte non sono nati qui e hanno alle spalle il trauma dello sradicamento e magari altri traumi familiari, che in altra parte vivono in condizioni degradate o con genitori che sopravvivono di mezzi vari, e dove gli insegnanti (tranne pochi santi coraggiosi) badano soprattutto ad arrivare a fine giornata incolumi, e a fine anno hanno trattato un terzo del programma; oppure a una media dove starà prevalentemente con altri ragazzi italiani borghesi dotati di playstation, computer, vacanze all’estero e casa in montagna, probabilmente puzzoni maleducati viziati e figli di evasori fiscali, ma comunque in grado di contenersi quel minimo che serve per far imparare a tuo figlio le cose che deve imparare; ecco, tu, per tuo figlio, cosa sceglieresti?
E se la scuola pubblica non è in grado di trovare il modo di mantenere un livello accettabile per chi non ha problemi d’inserimento, il risultato non sarà semplicemente che chi appena può permetterselo manderà i figli alle private, e alle pubbliche resteranno solo gli stranieri e i poveri, e insomma alla fine si avrà più segregazione e non meno?
L’unica soluzione possibile a quel punto sarebbe abolire la scuola privata, trovare il modo di spostare gli allievi di qua e di là per la città – visto che le classi di loro riflettono la composizione del quartiere e che naturalmente nelle città si formano i ghetti per via dello stesso meccanismo di cui sopra – e assicurare che tutti stiano in classi rigorosamente con la stessa percentuale di immigrati e italiani, ricchi e poveri… probabilmente sarebbe una soluzione, ma è fattibile?
Trentacinque anni fa (mica nella preistoria) in un posto oggi borghesissimo e leghista come Monza mia madre, laureata in biologia (non propriamente una maestrina) arrivata fresca fresca dall’aperta campagna padovana (quindi non un insegnante del sud) ad insegnare matematica e scienze nella scuola media unificata da dieci anni, si trovò lo shock culturale dei quartieri popolari, in cui i livelli di analfabetismo, ignoranza dell’italiano e criminalità minorile (e non) erano MOLTO peggiori del peggior incubo immaginabile oggi. Horror stories disponibili in privato, ma facilmente immaginabili – keywords: prostituzione, galera, armi da fuoco, auto bruciate.
Ah, allora c’erano i bacini di affluenza rigidi. Io li reistituirei, invece.
Possiamo discutere per ore. Ma questa maggioranza non ha nessuna intenzione di riformare alcunchè. L’intento (e la legge Gelmini lo dice esplicitamente, senza ipocrisie bisogna riconoscere..) è quello di puro smantellamento dell’esistente su basi di taglio alla spesa. Questa è la prima motivazione. La motivazione originaria è lo smantellamento dello stato sociale così come lo conosciamo a partire dalla scuola , per passare alla sanità…
Che la scuola elementare sia un modello funzionante piuttosto bene, e ache avrebbe bisogno di (semmai !) più risorse e non meno, lo dice l’OCSE e non l’opposizione…
Ho due figli nella scuola elementare; trovate un insegnante disposto a ammettere che quella delle classi ponte sia una buona idea..
caro .mau., può essere che tu ieri ti sia perso un mio commento a questo post? :)
te l’avevo inviato ma non è comparso (censura! censura!)
Ma che bella proposta quella delle cosiddette “classi ponte”! Se uno non sa bene l’italiano mica lo mettiamo con un italiano, no? Lo mettiamo con un altro che non sa bene l’italiano, ovviamente.
D’altronde si è sempre saputo che per imparare l’inglese non serviva a niente fare soggiorni di studio a Londra: era meglio starsene in Italia!
Che bella società razzista che ci stanno preparando questi signori.
Vorrei che qualcuno spiegasse le vere motivazioni di questa proposta (ammesso che ce ne siano). Sappiamo bene che un bambino per integrarsi ha bisogno di stare a contatto con gli altri coetanei italiani e che il miglior metodo per imparare una lingua è parlarla. Come farebbero un bambino indiano, uno francese e uno ,mettiamo, tedesco a parlare italiano fra loro non si sa. Inoltre escludere dei bambini per qualche mese dal programma didattico delle altre materie non farebbe che bloccare il suo processo di apprendimento. Se vogliamo veramente dare una mano ai bambini stranieri ad imparare l’italiano corretto possiamo incentivare i corsi di lingua italiana che gia sono presenti in molte scuole. E poi con i tagli che si vogliono fare alle scuole non sarebbe uno spreco creare delle nuove classi?
qua, non si tratta di essre razzisti…., ma di dare una svolta alla scuola, che quanto sembra è ferma da decenni.Quindi questa riforma, serve perchè giusto o sbagliato ( il tempo solo lo può dire)I nostri figli potranno avere un giusto apprendimento, poi è giusto che se una ragazzo non conosce l’italiano possa avere una mano per poi poterlo inserire assieme ai suoi coetanei e quindi avere tra loro scambi di opinione senza che i nostri figli possano imparare al meglio il programma.E poi finiamola con questo buonismo e cerchiamo di guardare nelle nostre case…..quindi ben vengano queste classi di inserimento!!!!!!!!!!!!!