D’estate, a meno che come ieri vengano sdoganati i pompini, non è che ci siano tanti argomenti di cui scrivere: l’eccezionale ondata di caldo o la sua eccezionale mancanza, gli esodi vacanzieri, le saracinesche dei negozi serrate, gli animali lasciati al ciglio della strada.
Ah sì: poi c’è l'”emergenza trasfusioni”, come regolarmente pubblicato da Repubblica. Depurato dal solito giornalettismo, veniamo innanzitutto a sapere che visto che non ci sono abbastanza donazioni vengono rinviate le operazioni programmate e fatte solo quelle urgenti. È vero che la raccolta di sangue in Italia continua a risultare deficitaria, e relativamente costante negli anni: ve lo dice uno che è arrivato alla cinquantanovesima donazione e conosce le cifre degli ultimi vent’anni. È anche vero che nessuno si mette a fare un’operazione che non è urgente nella stagione più calda, sangue o non sangue; ed è anche vero che se manca sangue si comprano all’estero gli emoderivati. Abbiamo poi la fine analisi sociologica del presidente della Fratres toscana: «Influisce il clima generale di insicurezza, anche economica, che stiamo vivendo. Chi deve pensare al mutuo che cresce e alla busta paga che scende è meno portato a donare, anche il sangue». Eh sì, vuoi mica che io mi faccia togliere un po’ di sangue che non si sa mai che mi serva in futuro?
La cosa davvero preoccupante è però la frase finale di Giuliano Grazzini, direttore generale del Centro nazionale sangue dell’Istituto superiore di sanità. «Ho chiamato le grandi associazioni, Avis, Fratres, Fidas e Croce Rossa per organizzare una campagna di comunicazione che rilanci la donazione. Nel nostro paese oggi ogni donatore dona in media 1,6 volte all’anno. Bisogna alzare quel dato e riportarlo almeno a 2, come in altri paesi europei». Provo a scriverla in maniera diversa, così che risulti più chiara: “Dobbiamo costruire una casa, e abbiamo assunto pochi muratori. Bisogna dunque far loro fare turni di dodici ore al giorno, e togliere un po’ di vincoli burocratici come fare indossare loro le protezioni”. È infatti chiaro che non tutti possono donare sangue, ma dovrebbe essere altrettanto chiaro che i controlli fatti ai donatori servono per la loro tutela, e se chi si sbatte per andare all’Avis o alla Fidas lo fa raramente è perché gli hanno detto di fare raramente. Se – come avevo scritto la scorsa settimana – mi hanno detto di tornare per la prossima donazione dopo sei mesi e non tre come al solito, magari una ragione c’è, no? Una campagna davvero utile dovrebbe cercare di incentivare alla donazione chi potrebbe tecnicamente esserlo ma non lo fa! Mah, come sempre credo che mi manchi qualcosa per capire il quadro complessivo.
Ultimo aggiornamento: 2008-07-09 11:08
hai ragione..conosco molte persone che potrebbero tranquillamente donare e non lo fanno per svariati motivi….tra cui anche qualche paura/pregiudizio
la butto li: chi è dipendente e dona sangue ha la giustificazione e non gli tolgono la giornata di paga, ma tutti i cocopro e partite iva non hanno questo beneficio, forse questo puo’ spiegare una parte del calo.
@cragga: prendendo questa ipotesi per buona, non sarebbe semplice studiare un sistema di monetizzazione (virtuale, chessò come contributi INPS pari a una settimana di lavoro) versati a cocopro e partite iva che vanno a donare sangue? (ricordo che comunque acquistare emoderivati all’estero ha un costo immediato, anche senza contare i vantaggi di una maggiore prevenzione sanitaria)
Leggendo i dati, e facendo due conti, basterebbero 30.000 donatori in più per soddisfare la richiesta.
sicuramente i non dipendenti andrebbero rimborsati…in ogni caso io dopo una donazione sono quasi sempre di buon umore ;-)
“veniamo innanzitutto a sapere che visto che non ci sono abbastanza donazioni vengono rinviate quelle programmate e fatte solo quelle urgenti.”
credo tu abbia dimenticato la parola “operazioni” (anche se si intuisce dal contesto).
sul numero di donazioni all’anno – boh. io so che in germania il limite è di una donazione ogni 2 mesi per gli uomini e 3 per le donne. poi non so se sotto ci sono motivi medici o culturali (per dire, in germania ti rimandano a casa se vai a donare e NON hai mangiato. lo riscrivo: in germania pretendono che tu doni il sangue a stomaco pieno).
In Italia i limiti sono tre mesi per tutti, anche se per le donne tendono a passare a sei mesi. Tecnicamente per la plasmaferesi la legge permette un intervallo molto minore (non ricordo se un mese o addirittura 15 giorni), ma non lo fanno mai; considerato che le vita media di un globulo rosso è 80 giorni, tre mesi sembra un intervallo equo.
Per il cibo, adesso ti dicono di arrivare al mattino avendo bevuto tè o caffè e mangiato qualche biscotto secco; se come faccio io spesso vado il giovedì pomeriggio devo avere anche pranzato con pasta condita all’olio oppure con carne bianca, insalata e frutta. L’unica cosa che ti bloccano sono i prodotti caseari.
bizzarro. allora vuol dire che e` in italia che ci sono regolamenti diversi da citta` a citta`, o da associazione ad associazione. io all’ospedale potevo donare piastrine ogni mese, e mi vietavano qualunque tipo di cibo, a parte verdura cotta (?).
..confermo…anche a me dicono di mangiare/bere qualcosa prima della donazione…l’importante è evitare i latticini….